Il cibo in Corea del Sud come cura di anima e corpo

Immagine di copertina : Pixabay

di Stefania Frioni

Prima di trasferirmi conoscevo già la cucina coreana, ma da quando vivo qui mi sono resa conto che non è solo buona perché gustosa, lo è anche perché nella maggior parte dei casi è sana e i Coreani nel cibo ritrovano spesso anche il rimedio ideale a un problema. L’Hansik (한식), la cucina coreana, è una vera filosofia. Diverse ricette tradizionali offrono molti benefici e sono considerate salutari per l’organismo, perché il cibo sano rafforza il sistema immunitario e a volte rallenta l’invecchiamento – ecco svelato uno dei misteri per i quali qui moltissimi dimostrano sempre molti anni in meno.

Sicuramente però, ciò che contraddistingue e rende famosa la cucina coreana è il consumo di cibi fermentati.

Avrete immediatamente pensato al kimchi, vero?! Ma anche al makgeolli, magari, il vino di riso fermentato che è una delle bevande più antiche della tradizione coreana!

Nata in passato per necessità poiché non c’era la possibilità di conservare diversamente il cibo, la fermentazione pian piano è diventata una vera e propria tradizione che rende ancora oggi il cibo più digeribili e aumenta i loro benefici sotto molti aspetti.

In Corea del Sud si fermentano diversi alimenti come la frutta e le verdure, ma anche la carne e il pesce che, così trasformati, fungono anche da ottimi probiotici. Il benessere della flora intestinale qui in Corea è una vera fissazione! 

I cibi fermentati coreani si possono dividere in tre categorie: le jang, sono salse e paste a base di soia preparate a partire dalla fermentazione dei fagioli di soia;  i jeotgal  che sono preparati con pesci e frutti di mare e utilizzati sia come contorno che come condimento di zuppe e kimchi. Tra i più comuni c’è quello di gamberetti saeujeot, quello di ricci di mare seonggejeot e quello di uova di merluzzo myeonganjeot; Infine il conosciutissimo kimchi.

Il kimchi più comune è quello di cavolo cinese, il baechu kimchi, ma ne esistono tantissimi tipi a seconda delle verdure e dei condimenti che vengono utilizzati. Tra i più consumati qui ci sono il kkakdugi, che è ravanello coreano con salsa piccante, e il baek kimchi, cavolo cinese fermentato senza aggiunta di peperoncino.

Un’altra caratteristica molto positiva che ho riscontrato nella cucina coreana è che la maggior parte delle pietanze è a base di ingredienti freschi e soprattutto naturali. Ingredienti ricchi di verdure e quindi ottimi, se abbinati a carne o noodles, per tenere sotto controllo la glicemia. Un po’ come nel Sud Italia succede con il frequente abbinamento di pasta e verdure, insomma.

I desserts coreani, poi, sono sempre dolcificati con miele o frutta secca e lo zucchero è utilizzato di rado. Particolare, questo, che personalmente utilizzo spesso come scusa per sgarrare con la dieta.

Come ci si cura con il cibo in Corea del Sud?

Vi fornirò qualche esempio che potrà essere da spunto per sperimentare a casa, se già non lo fate . Uno dei primi piatti che mi viene in mente come rimedio, soprattutto alla spossatezza conseguente l’afosissima estate coreana, è la samgyetang. La samgyetang è una zuppa di pollo al ginseng che risale alla prima metà del 1500 e che personalmente adoro. È servita bollente e unisce le proprietà salutari del brodo di pollo a quelle del ginseng, che è rigenerante, dell’aglio che agisce da tonico e delle giuggiole. Queste ultime proteggono lo stomaco e prevengono l’anemia. Vi starete chiedendo perché con il caldo estivo è servita bollente. Perché i Coreani sono fortemente convinti che “il fuoco si combatte con il fuoco”. D’altronde se ci pensate, anche nel Sahara, gli uomini del deserto vi offrono tè caldo alla menta.

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Ovviamente, se si parla di cibo coreano, non si può non menzionare il kimchi che, oserei dire, è simbolo della Corea.

Come ho scritto poc’anzi, essendo un cibo fermentato è ottimo come probiotico.  Aiuta, però, anche contro alcuni tipi di infiammazioni ed è senz’altro ricco di molti nutrienti. Ecco perché sulla tavola dei Coreani il kimchi non manca mai, ma proprio mai!

Un altro alimento che è presente quasi sempre sulle tavole coreane è l’aglio, soprattutto l’aglio crudo! Lo so, come mi dico sempre, fa benissimo a noi ed è letale per chi ci sta intorno. Nonostante ciò i sudcoreani lo assumono regolarmente sia in molte ricette che crudo, come banchan. La verità è che i sudcoreani hanno il terrore di ammalarsi e l’aglio è un ottimo e potente antibatterico e antivirale. Da quando vivo qui talvolta ne mangio qualche spicchio anch’io e posso assicurarvi che crudo è molto più digeribile.

Fastidi allo stomaco?

Un po’ di cavolo verza in brodo o crudo non condito e si starà meglio. Questo è il rimedio che un collega mi consigliò un giorno in cui il mio stomaco faceva i capricci. La tradizione culinaria vuole, poi, che sia offerta una ciotola di miyeok-guk (미역국o zuppa di alghe alle puerpere. Pensate, questo piatto è servito anche in ospedale come primo pasto alle donne che hanno appena partorito. È usanza, inoltre, che il giorno del proprio compleanno si faccia colazione con il miyeok-guk per ricordare, appunto, il momento della propria nascita.

Il consumo di questo piatto da parte delle puerpere risale ai tempi del regno Goryeo (918 – 1392) e ha origini da una leggenda cinese secondo la quale cibarsi di alghe dopo aver partorito, purifica il sangue.

Contro il raffreddore

Per rimettersi in forze dopo una giornata no, un raffreddore o un piccolo malessere, lo Juk (), il porridge caldo con riso e verdure, è l’ideale. Spesso è arricchito con carne leggera, ad esempio di pollo, o con pesce bianco.

Lo Juk ha un gusto delicato e ingredienti molto leggeri, ma che danno comunque sostanza. Siccome viene venduto già pronto, nella mia dispensa non manca mai! Così come non manca il “Balloon Flower Tea”, che non saprei come tradurre in Italiano, ma che è un portento per curare il raffreddore e soprattutto la tosse. L’ho testato e posso confermarlo.

Un altro porridge molto apprezzato e consumato tradizionalmente come rimedio a lievi malanni, è il Patjuk (팥죽), il  porridge ai fagioli rossi. Il Patjuk si consuma durante il solstizio d’inverno così da infondere l’energia per affrontare il freddo, ma anche per prevenire cattiva sorte e malattie. Il rosso dei fagioli ricorda, infatti, quello del fuoco che scalda.

Infine, non posso non ricordare due rimedi per il dopo sbronza.

I Coreani sono tra i popoli che consumano più alcol al mondo. Cosa che si può notare anche guardando i  loro Drama,  nei quali il soju scorre a fiumi.

Ebbene, non ci crederete, ma in confezioni singole e monouso, qui si vendono, anche nei convenience stores, i protettori per lo stomaco pre-sbronza! Il suo nome è Condition (컨디션) e si beve prima di recarsi a una serata durante ci si aspetta di bere alcol.  

Cosa fare dopo aver bevuto tanto per rimettersi in forma?

Cosa fare, invece, dopo aver bevuto tanto con gli amici o i colleghi per rimettersi in forma?

Il giorno dopo, a colazione, la miglior soluzione amica dello stomaco in questi casi è la Haejang-guk (해장국 ) che letteralmente significa “zuppa per inseguire i postumi di una sbornia” e che consiste in una zuppa calda e piccante a base di carne di manzo, riso, verza, soia, aglio e porri. Pare sia una vera bomba e che faccia stare subito meglio ma, da astemia, non potrò mai confermarvelo. Mia figlia e gli amici mi fanno sapere che però anche un buon piatto di tteokbokki ben piccante è un ottimo rimedio.

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L’etichetta in Corea del Sud

Piccolo vademecum per non trovarsi in difetto con le abitudini del Paese del Calmo Mattino

di Stefania Frioni

Quando sono arrivata per la prima volta in Corea, mia figlia, che già ci viveva, mi ha fatto una vera e propria lezione di etichetta. Pensate, nei primi livelli del corso di Coreano per stranieri che ha frequentato alla SNU, questo era persino argomento di lezione. Ciò la dice lunga su quanto le tradizioni e le regole siano importanti in Corea. Onestamente, devo dire che ci si abitua quasi subito e personalmente trovo giusto adeguarmi al Paese che mi ospita e dove ho deciso di vivere. È anche meglio per me stessa, mi fa sentire più a mio agio e, da straniera, anche più accettata e rispettata. Premetto che agli stranieri arrivati da poco qualche imprecisione o mancanza è perdonata, ma se si è residenti da un po’, storcono il naso, soprattutto gli anziani.

Detto ciò e visto che con voi voglio condividere ogni mia esperienza, perché non darvi qualche dritta per essere super preparati al vostro prossimo arrivo sul suolo coreano? Ecco allora una lista di quelle che sono le regole principali e di cui faccio tesoro ogni giorno anch’io:

Salutare o ringraziare con un inchino.

Il Cast del Drama Goblin ringrazia il pubblico a una conferenza stampa nel 2016

Com’è noto e avrete sicuramente notato nei Drama, in Corea – come in Giappone – quando si saluta o si ringrazia, l’inchino è segno di educazione e rispetto. Soprattutto quando il confronto avviene tra generazioni o status sociali diversi, ad esempio capo e impiegato, negoziante e cliente, giovane e più anziano. È una regola ormai insita in questo popolo e devo dire che da subito mi è venuto naturale rispettarla. Gli inchini sono diversi a seconda che il legame sia più o meno formale. Perciò l’impiegato al proprio capo, il negoziante al cliente o il giovane al più anziano s’inchinerà in modo più profondo e senza mai guardare l’altro negli occhi. Questo denoterebbe, infatti, mancanza di fiducia e quindi di rispetto.

In rapporti meno formali, come quelli tra studenti, colleghi o amici di diversa età, sarà sufficiente chinare solo la testa. Se vi dovesse capitare anche, ad esempio, che qualcuno vi dia la precedenza per salire sulle scale mobili o su un mezzo pubblico, un semplice gesto della testa sarà perfetto e educato.

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Quando si paga, mai lasciare i soldi sul banco e usare sempre entrambe le mani.

Anche questa è una regola di etichetta molto importante da ricordare. Confesso che ogni tanto me ne dimentico e mia figlia me lo ricorda con una gomitata ;). Quando si è alla cassa, i soldi o la carta di credito vanno sempre consegnati con entrambe le mani e con un leggero inchino. Lo stesso faranno la cassiera o il cassiere quando vi renderanno carta, resto o scontrino e voi li riceverete in egual modo. Medesima regola varrà qualora, per esempio, dobbiate consegnare o ricevere un biglietto da visita. Mi è capitato al lavoro e, onestamente, fra inchini e non saper come coordinare il dare e l’avere il biglietto, la cosa si è rivelata buffa. Mi sa che dovrò allenarmi.

La stessa regola vale anche per altri oggetti, sempre in condizione di status diverso per età, anche un solo anno di differenza, o posizione sociale.

Mai lasciare la mancia

In Corea del Sud, se si è soddisfatti del servizio, è sufficiente ringraziare e fare un bell’inchino. Qui elargire la mancia è segno di maleducazione, oltre che essere illegale.  Soddisfare il cliente è, infatti, un dovere e fa parte del proprio lavoro.

Rispettare chi è più anziano di noi

Lo avrete notato nei Drama: in Corea è fondamentale mostrare rispetto verso gli anziani o chi è maggiore di età, anche solo di un anno. Questo è addirittura evidenziato dai termini specifici riservati dal proprio interlocutore a ogni persona in una conversazione, a seconda che sia donna o uomo, ma anche un ragazzo o una ragazza. Da straniero che non parla ancora bene il Coreano, basterà semplicemente ricordarsi di rispettare chi è più anziano.

Togliersi le scarpe

Anche questa è un’abitudine che abbiamo visto più volte nei Drama. Sin dall’antichità, infatti, in Corea, come in Giappone, ci si toglie le scarpe per entrare in casa, nei templi, in molti uffici o in alcuni locali.

Questo innanzitutto per una questione igienica, poi perché in Corea del Sud tutte le case hanno il pavimento di legno e sin dal passato più remoto, si usa sedersi a terra anziché su un divano. Oggi, come in passato, in molte case ci sono tavolini bassi ai quali è prassi accomodarsi, per esempio, per condividere il cibo. Anche in molti ristoranti o caffè, dove il pavimento è in legno, di solito si mangia seduti per terra. Chi ha letto il mio primo articolo sui mezzi pubblici, comprenderà ora perché moltissimi coreani indossano ciabatte, molto più comode da togliere e mettere, per andare in giro.

Tre semplici regole da rispettare a tavola

Anche a tavola, come noi del resto, i coreani rispettano alcune regole e tre di queste sono semplici da ricordare. La prima è che quando serviamo da bere è buona cosa farlo tenendo la mano sotto il gomito del braccio che allunghiamo, come per sorreggerlo. Questo dettame arriva sin dai tempi dell’era Joseon. Allora, chi serviva da bere, per non intingere nei piatti la lunga manica del braccio che allungava verso i bicchieri, la tratteneva con una mano. Interessante come si tramandino le usanze nei secoli, vero? Un’altra abitudine e regola è quella di mangiare con un braccio sotto il tavolo e non sul tavolo come, invece, siamo educati a fare noi. Qui è segno di rispetto e educazione, soprattutto se a tavola con noi c’è una persona anziana o di status superiore al nostro. La terza norma da ricordare a tavola è di non avvicinare mai la ciotola alla bocca se vogliamo servirci il riso o il brodo con bacchette o cucchiaio. Saremo noi, piuttosto, ad abbassarci verso la ciotola che rimarrà sul tavolo.

Mai accavallare le gambe di fronte a una persona anziana

Ciò è considerato gesto di grande maleducazione! Per questo sarà bene ricordarsi di sedere con le gambe e le ginocchia unite.

Non parlare ad alta voce o al telefono se si è tra la gente

Questa è una regola che ahimè da noi in Italia pochissimi osservano. Qui in Corea del Sud, soprattutto sui mezzi pubblici o negli uffici, è invece molto osservata. È raro vedere persone al telefono e se accade, queste parlano sotto voce, tanto che a volte mi chiedo se dall’altra parte riescano a sentire ciò che dicono. La medesima regola è osservata se si conversa in presenza di altre persone.  Si fa a un tono molto misurato, per non dar fastidio ai vicini. C’è da dire che a volte le persone anziane non rispettano questa consuetudine e per questo ricevono sguardi di disapprovazione, anche se comunque la cosa viene loro perdonata.

Non “risucchiare” rumorosamente quando si mangia.

Contrariamente a quanto si pensi, anche in Corea il risucchio rumoroso è segno di maleducazione. Quando si mangiano ramyeon o zuppe molto calde il risucchiare è tollerato perché sarebbe impossibile non farlo, ve lo garantisco. È buona norma, però, cercare di fare il minor rumore possibile. Ancora una volta, agli anziani, soprattutto agli uomini, si concedono strappi alla regola e così, vi assicuro, si subiscono dei veri e propri concerti.

Al contrario di come facciamo noi…

Non stupitevi o infastiditevi se, al contrario di come prevede la nostra educazione, le persone non tengono la porta per farvi passare, se si accorgono che siete dietro di loro; tossiscono senza mettere la mano davanti alla bocca e, in questo caso, il fatto che indossino la mascherina se sono malaticci è un’ottima cosa; vi travolgono nella folla senza chiedere permesso; si tolgono le scarpe e si mettono con le gambe incrociate sulla sedia, soprattutto i giovanissimi, anche dove non è previsto, come nei caffè; vi fanno domande molto personali all’inizio di una conoscenza, soprattutto sull’età. Queste domande riguardanti l’età, vengono fatte per capire com’è più giusto rivolgersi a voi in termini di formalità.

Bene, le cose da dire erano tante! Spero però che abbiate trovato interessanti queste informazioni, che vi avvicinano ancor di più alla cultura coreana. Mi auguro che le troverete anche utili, com’è successo a me, per sentirvi sul pezzo quando verrete in Corea.

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You are my Spring (너는 나의 봄)

Un racconto di anime, di crescita e difficoltà interiori nel quale un triste mistero unisce i protagonisti

di Donatella Perullo

Titolo: You are my Spring

Genere: Dramma psicologico, romance, thriller

Dove vederlo: in streaming su Netflix

Sceneggiatura: Lee Mi-na  

Paese di produzione: Corea del Sud

Numero episodi: 16 Durata per episodio: 60 minuti circa

Anno di trasmissione in patria: 2021

Main Cast:

Kim Dong-wook  (Joo Young-do)

Seo Hyun-jin (Kang Da-jung)


Yoon Park
(Chae Jun / Choi JungDoctor Ian Norman Chase)

Nam Gyu-ri (Ahn Ga-young)

Jung Seo-yeon (Baek Eun-ha, figlia di Hyun-soo e Ji-won)

Kang Da-Jung è la manager in un prestigioso Hotel. Grazie alla sua professionalità e all’impegno, è riuscita a ottenere una posizione di prestigio. Decide così di traslocare in un nuova casa, più vicina al lavoro. L’appartamento è un attico, sito in un palazzo ristrutturato da poco, nel quale si trova anche la caffetteria della sua migliore amica, Park Eun-ha. Da-Jung si trasferisce pur sapendo che qualche tempo prima in quello stabile è avvenuto un efferato delitto. Nell’appartamento sotto quello di Da-Jung c’è una clinica psichiatrica il cui titolare è il dottor Joo Young-do, un uomo incredibilmente empatico che instaura subito un ottimo rapporto con la nuova vicina. Young-do ha un passato difficile, eppure la sua priorità continua a essere il benessere delle altre persone. Il giovane medico è pacato, riesce a leggere nell’animo del prossimo e capisce subito che anche Da-jung ha bisogno di aiuto, nonostante cerchi di nasconderlo.

A causa di un padre violento e alcolista, la donna ha subito grossi traumi nell’infanzia. Ferite interiori che la inducono a scegliere compagni di vita sbagliati e a trascorrere poi lunghi periodi in solitudine. Spinta dalla sua migliore amica, Da-Jung inizia a frequentare Park Chae-jun, un uomo affascinante che sembra molto preso da lei. Ben presto però la situazione si rivela inquietante e intricata e la donna sarà costretta ad affrontare pericoli e inaspettati fantasmi del passato. Al suo fianco avrà sempre sua madre, donna forte e pratica, che ora vive vicina al mare e gestisce una pizzeria. Soprattutto, però, non l’abbandonerà mai il dottor Joo Young-do. Lui non solo conquisterà il suo cuore, ma le insegnerà a superare il passato o, come lei stessa dice: “a togliersi il coltello dalla gola”.

“Nella vita non si può solo lavorare, dormire e fare la cacca”- Moon Mi Ran (mamma di Da-jung)

Per la sua abilità professionale, ma anche per riconoscenza, Joo Young-do unisce al suo lavoro di medico quello di consulente della polizia. Si troverà così ad indagare su un inquietante caso di omicidi nel quale sembra implicato anche il cupo dottor Ian Norman Chase. Chase è il gemello di Park Chae-jun. Separato dal fratello da bambino, l’uomo è stato adottato negli Stati Uniti ed è tornato in Corea del Sud per motivi di lavoro. Nello svolgersi delle intricate vicende che fanno da contorno a una delicata storia d’amore, Kang Da-Jung, Joo Young-do e Ian Norman Chase saranno coinvolti in una storia che si rivelerà aver cambiato in modi diversi il percorso delle loro vite. 

Riassumere la trama di You are my spring non è semplice perché il drama racconta principalmente una storia di anime, del loro vissuto e della loro crescita. È una serie che può rischiare di confondere un po’ lo spettatore perché all’inizio sembra essere solo un thriller. Con il procedere delle puntate, però, muta in un racconto di quotidianità e difficoltà interiori nel quale la tensione provocata dal mistero da svelare resta in sottofondo. È un drama a tratti lento che però non ho trovato mai noioso e che mi ha fatto spesso sorridere. Mi sono emozionata grazie soprattutto a Kim Dong-wook (Joo Young-do) che non conoscevo e che è riuscito a dare vita a un personaggio profondo, sensibile e innamorato della vita e del prossimo. Un uomo capace di curare gli animi con le parole e con la profonda comprensione anche a costo di mettere se stesso in secondo piano.

Il racconto non lascia in ombra i personaggi di supporto, che ruotano come satelliti intorno ai protagonisti, diventandolo a loro volta. Come,  ad esempio, Ahn Ga-yeong (Nam Gyu-ri), l’ex moglie del dottor Joo Young-do, un’attrice un po’ stramba e solo in apparenza superficiale. Una donna che nasconde un cuore ferito e finirà con il divenire la migliore amica di  Da-Jung. O Seo Ha-neul  (Ji Seung-hyun)  il veterinario dal cuore d’oro che ama in segreto Eun-ha. In You are my spring ogni personaggio è, insomma, un tassello indispensabile. Ognuno di loro ha una storia, anche piccola ma intensa, da raccontare. La narrazione ne segue l’evoluzione e accompagna lo spettatore nel loro mondo interiore mentre, nel contempo, si dipana una vicenda di morte e sangue che lega i protagonisti, presi dalle loro vicissitudini interiori.

Tutto il cast e i personaggi raccontati mi hanno piacevolmente colpita. Yoon Park che avevo visto nei panni di un giovane tirocinante medico in Good Doctor, è credibile nel doppio ruolo di due gemelli dall’animo opposto. Oh Hyun-jyung che impersona la pragmatica madre della protagonista riserva belle sorprese. Mentre Ji Seung-hyun e Kim Seo-kyung nelle vesti dei migliori amici del protagonista danno vita a piacevoli siparietti.

Un cenno è dovuto anche alla colonna sonora di You are my Spring. Era da molto che una OST non mi colpiva. Qui è i caso di “Dear My Spring” (다정한 봄에게) scritta dalla stessa sceneggiatrice Lee Min-ha.

Una curiosità: La pizzeria della mamma della protagonista ha il nome italiano Pizza ALVOLO, nome che senz’altro salterà agli occhi degli spettatori del nostro Paese. Ebbene, non è frutto della fantasia della sceneggiatrice, ma è il nome di una catena di pizzerie, principalmente da asporto, realmente esistente in Corea del Sud. Uno sponsor della produzione, dunque. Sul sito ufficiale, il marchio vanta la produzione di pizze il cui impasto è fatto con farina di riso nero naturale. Pizze i cui condimenti hanno ben poco in comune con quelle alle quali siamo abituati. Devo dire però che, sarà la bravura del regista,  sarei curiosa di assaggiarle.

A chi consiglio You are my Spring? A chi ama riflettere e a chi apprezza le storie che lasciano qualcosa.

La mia valutazione
8.5/10
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Start-Up (스타트업)

Amore, amicizia e riscatto tra innovazione tecnologica, progetti e sogni.

di Donatella Perullo

Titolo: Start-Up (스타트업)

Genere: romance/office

Dove vederlo: in streaming su Netflix

Sceneggiatura: Park Hye-ryun

Regia: Oh Choong-Hwang

Paese di produzione: Corea del Sud

Numero episodi: 16

Durata per episodio: 85 minuti circa

Anno di trasmissione in patria: 2020

Main Cast:

Bae Suzy (Seo Dal-mi)

Nam Joo-hyuk (Nam Do-san)

Kim Seon-ho (Han Ji-pyeong

Kang Han-na (Seo In-jae, sorella di Seo Dal-mi)

Kim Hae-sook (Choi Won-deok, nonna di Seo Dal-mi)

Yoo Su-bin (Lee Chul-san)

Kim So-wan (Kim Yong-san)

Stephanie Lee (Jeong Sa-ha)

Kim Won-hae (Padre di Nam Do-San)

Seo Dal-mi (Heo Jung-eun) e Seo In-jae (Lee Re) sono sorelle. Vivono con dolore la fine del matrimonio dei loro genitori e anche se non vorrebbero, quando questo accade le loro strade si separano. In-jae che è la maggiore decide di seguire la madre in una nuova vita agiata e farsi adottare dal nuovo marito di lei. Dal-mi che è affezionatissima al papà, resta invece con lui nella loro modesta dimora. Padre e figlia condividono il medesimo spirito puro ed entusiasta. L’uomo sogna di aprire un’azienda informatica che dia la possibilità a giovani imprenditori delle Start-up di avviare le proprie aziende senza correre rischi.

Dopo anni di sacrifici le cose sembrano finalmente andare bene per lui, ma sta per ottenere un importante finanziamento quando perde la vita. Così, l’adolescente Seo Dal-mi resta sola con Choi Won-deok (Kim Hae-sook), la nonna paterna. La donna gestisce un ristorante di corn dog e fa il possibile per dare sostegno alla nipote.

Choi Won-deok è una donna molto generosa. Un giorno incontra il giovane Han Ji-pyeong (Nam Da-reum) che è appena uscito dall’orfanotrofio e non ha un posto dove andare. La donna gli offre ospitalità e in cambio lui che ha una mente brillante, la aiuta nella gestione delle finanze. Choi Won-deok è preoccupata per la nipotina che dopo la morte del padre si è isolata e non ha amici. Chiede perciò a Ji-pyeong di scrivere per lei delle lettere alla ragazzina, fingendosi un suo ammiratore. Il ragazzo accetta, sebbene controvoglia, di aiutare la sua benefattrice.

“C’è chi dice che le bugie a fin di bene siano innocue, ma non è vero. Nessuna bugia lo è . Finiscono tutte per fare del male a qualcuno”

(Choi Won-deok)

Per restare incognito, si firma Nam Do-san, un ragazzino che in quei giorni appare sui quotidiani per aver vinto le Olimpiadi della matematica. La corrispondenza tra i due si protrarrà per diverso tempo e darà a Dal-mi e, inaspettatamente, a Ji-pyeong la motivazione per tornare a sorridere. Pur non incontrandosi mai, per entrambi è il primo amore. Un giorno, però, Ji-Pyeong decide di dire addio alla sua amica di penna e andare via per iscriversi all’università. Il distacco dall’anziana è doloroso, ma il giovane che tende a chiudersi e a nascondere i propri sentimenti, non si lascia convincere e parte.

Il racconto riprende ben quindici anni dopo. Seo Dal-mi (Bae Suzy) è diventata una giovane donna dall’innato spirito imprenditoriale. Vive ancora con la nonna e non si è mai fidanzata poiché il suo cuore è sempre occupato dall’amore idealizzato per Nam Do-san. Sua sorella Seo In-jae (Kang Han-na) ha il cognome del patrigno, un grosso imprenditore informatico, e lavora come dirigente nella sua azienda. Han Ji-pyeong (Kim Seon-ho) è diventato un dirigente della Sand-Box, la Silicon Valley coreana. È ricco, molto considerato, ma sempre attento a non aprirsi e ancora solo.

Un giorno Seo Dal-mi riceve l’invito per un evento esclusivo al quale sa che incontrerà la madre e la sorella. Desiderosa di celare che a quasi trent’anni non ha raggiunto nessuno dei suoi obiettivi, decide di mentire alle due. Poiché ha sempre parlato loro di Nam Do-san, dice alla nonna che vuole ritrovarlo e presentarlo come suo fidanzato. Preoccupata, la donna chiama Ji-pyeong e lo prega di aiutarla a trovare l’ignaro Do-san prima di sua nipote, così che il loro castello di bugie non sia rivelato.

Nam Do-san è un genio dell’informatica, titolare con due amici, Lee Chul-san e Kim Yong-san, della Samsan Tech una piccola start-up che però non riesce a decollare. È un idealista, sognatore e ingenuo che accetterà di aiutare lo sconosciuto Ji-Pyeong solo dopo aver letto le lettere scritte anni prima da So Dal-mi.

Inizierà così una commedia romantica degli equivoci ambientata nella Sand Box, che nella realtà non esiste, ma che è così ben descritta da sembrare reale. La storia parte con l’intento di essere un racconto sulle vicissitudini, le ambizioni e le sfide di giovani imprenditori delle Start-up. Ben presto diventa, però, soprattutto una storia d’amore.   

Novello Cyrano de Bergerac quello di Han Ji-pyeong, anche grazie all’interpretazione di Kim Seon-ho, è un personaggio che non si può non amare. Desideroso di affetto ma testardo nel non volerlo ammettere, l’uomo aiuterà Nam Do-san ad avvicinarsi a So Dal-mi, nonostante provi qualcosa per lei. Dal canto suo Do-san è un genio incompreso. Spiccherà il volo grazie al sostegno e alle capacità imprenditoriali di Dal- mi, della quale s’innamorerà a prima vista, anzi, ancora prima di vederla.

“Chi dice che io debba sognare soldi o successo? E se il mio sogno fosse una persona?” 

(Nam Do-san)

All’inizio Nam Do-san è oltremodo ingenuo, un nerd non avvezzo ai rapporti umani. Ha poca autostima e trova il coraggio di avvicinare la donna che ama, solo fingendosi il Do-san delle lettere. Grazie anche alla volontà di restare accanto a Dal-mi, riuscirà, però, a trovare la forza di farsi valere e dimostrare il suo valore. Nam Joo-hyuk lo interpreta alla perfezione e riesce a coinvolgere così bene nelle emozioni del personaggio, da commuovere più volte. Della sua interpretazione mi ha colpito la palese immedesimazione in Nam Do-san. La sua espressività e l’ottima capacità di esternare coinvolgimento emotivo, sono inconfutabili indizi delle sue ottime capacità recitative.

Seo Dal-mi è testarda e ambiziosa. Entra nella Sandbox per dimostrare alla sorella e alla madre di poter arrivare ai vertici di un’azienda, anche senza l’appoggio di una famiglia ricca. È generosa e non ha paura di esprimere i propri sentimenti. Nasconde le fragilità interiori e dimostra grinta e attitudini da leader. Grazie alla forte motivazione sarà in grado di fare scelte lavorative difficili. Senza saperlo, amerà due Do-san. Quello delle lettere, dietro il quale si nasconde Ji-pyeong, e il Do-san reale, insicuro eppure coraggioso nell’esternare i propri sentimenti. Bae Suzy è ormai un’attrice d’esperienza, la amiamo in tanti e non ha bisogno di presentazioni. Voglio egualmente, però, riconoscerle il merito dell’essere riuscita a ben rappresentare l’essenza di Dal-mi, il suo orgoglio, la generosità e l’audacia dei propri sentimenti.

Han Ji-pyeong è, tra i protagonisti, quello al quale ci si affeziona di più. Lo conosciamo quando ha appena lasciato l’orfanotrofio e con pochi spiccioli in tasca è alla ricerca di un alloggio. A quest’età è interpretato da Nam Da-reum, un giovane talento che vi consiglio di tenere d’occhio. Ha iniziato a recitare quando aveva appena sette anni e per me è sempre una gioia ritrovarlo in un drama. Mi aveva già stregato in While you were Sleeping, in Just Between lovers e in tante altre serie nelle quali ha interpretato i protagonisti da giovani. In Start-Up non è da meno. Di recente è stato protagonista del web drama The Great Shaman Ga Doo-shim e gli auguro una carriera splendida. Tornando a Han Ji-pyeong, lui non è abituato a esternare i propri sentimenti e tende a chiudersi in se stesso per non mostrare debolezze.

Così facendo penalizza la propria sfera emotiva. È un uomo di successo, eppure la sua unica compagnia è un’assistente vocale, lo si abbraccerebbe dall’inizio alla fine. Vien voglia più volte di gridargli che sta sbagliando, che rischia di perdere tutto se non trova il coraggio di ammettere a se stesso che ha bisogno degli altri. L’affetto che mostra per l’anziana Won-deok è tangibile e toccante, nonostante cerchi di mascherarlo. Lei è stata la prima a capirlo e sarà per lui la famiglia che non ha mai avuto. Kim Seon-ho è perfetto nel ruolo e come sempre eccezionale. Lo ammiro da quando lo vidi nei panni del magistrato Jung Jae-yoon in 100 Days My Prince (백일의 낭군님). È un attore di grande talento ed è stato eccelso nel trasmettere i tormenti e le contraddizioni interiori del suo personaggio. Il valore di Ji-pyeong nella storia è soprattutto merito suo.

Un plauso speciale va a Kim Hae-sook, attrice di grande esperienza, che riesce a dare vita a una nonna forte e al contempo tenera. Sarà che ho un debole per i nonni, ma il suo personaggio mi è rimasto nel cuore. La sceneggiatrice, Park Hye-ryun, che abbiamo amato per altri suoi lavori come I can hear your voice (2013), Pinocchio (2014) e While you were sleeping (2017), in Start-up pur partendo da un’ottima idea, commette diverse ingenuità che fanno perdere punti al prodotto finale. Alcune scelte lavorative fatte dai personaggi sono, poco credibili e utilizzate per creare imprevisti e intoppi che fanno storcere il naso. Alcuni comportamenti dei protagonisti sono discutibili così come le diverse sottotrame che, non sempre ben sviluppare, rappresentano una pecca del drama.

In sostanza, però, grazie all’interpretazione del cast e alla storia d’amore coinvolgente, molto si perdona. Basta mettere in secondo piano l’aspetto office della storia e concentrarsi sul triangolo amoroso e sull’umanità dei personaggi per apprezzare fino in fondo Start-up.  Il drama è arricchito da OST coinvolgenti che reggono bene il ritmo del racconto. In particolare ho amato Running dell’insuperabile Gaho,  Future cantata dalle Red Velvet e la più melodica Day & Night, interpretata da Jung Seun-hwan. Consiglio Start-Up a chi ama il romanticismo, le storie di riscatto e crescita interiore.

La mia valutazione
8.4/10
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Cinderella and four kgniths (신데렐라와 네 명의 기사)

Una giovane volitiva e quattro cavalieri intraprendenti per una storia romantica e ricca di tenerezza.

di Donatella Perullo

Titolo: Cinderella and  four kgniths 

Genere: romance

Sceneggiatura: Min Ji-eun e WonYoung-sill

Regia:  Kwin Hyun-chan e Lee Min-woo

Paese di Produzione: Corea del sud

Numero episodi: 15

durata per episodio: 60 minuti circa.

Anno di messa in onda: 2016

Dove vederlo: in streaming su Viki

Main Cast:

Park So-dam (Run Ha-won)

Jung Il-woo (Hang Ji-woon)

Ahn Jae-hyun (Kang Hyun-min)

Lee Jung-shin (Kang Seo-woo)

Choi Min (Lee Yoo-sung)

Son Na-eun (Park Hye-ji)

Run Ha-won si è appena diplomata e sogna di poter andare all’università. Un desiderio semplice, ma che per lei sembra di difficile realizzazione. Il padre di Ha-won (Park So-dam) è spesso lontano per lavoro. La ragazza vive così, con la matrigna e la sorellastra che la maltrattano, costringendola addirittura a dormire nella veranda. Per sua fortuna Ha-won ha uno spirito indomito e positivo e lavora strenuamente per guadagnare i soldi necessari alla sua iscrizione universitaria. Il giorno dell’anniversario della morte della mamma, la ragazza scopre che suo padre non ha pagato la retta per il loculo della moglie e che l’urna con le sue ceneri è stata spostata in un deposito. Disperata, decide di rinunciare a tutti i suoi risparmi pur di dare ai resti di sua madre una dimora decorosa, ma ai soldi necessari le manca un milione di Won (circa 730 €).

Ha-won è disperata e disposta a tutto pur di proteggere sua madre. Accetta così una strana offerta di lavoro da Kang Hyun-min (Ahn Jae-hyun), giovane erede di una ricchissima famiglia. Per una cifra sufficiente a pagare il loculo per la mamma e la retta universitaria, dovrà accompagnarlo al matrimonio del nonno, fingendosi la sua fidanzata. Durante la cerimonia, la ragazza dimostra però la sua forza di carattere al cospetto dell’anziano milionario. Orgogliosa, tiene testa non solo a Kang Hyun-min, ma anche a suo cugino, il ribelle e scontroso Hang Ji-woon (Jung Il-woo).

L’anziano Chabeol è preoccupato per le intemperanze dei suoi tre nipoti e per gli screzi tra loro. Così, ben impressionato dal carattere volitivo e dai principi che mostra di avere la ragazza, le offre un lavoro.  

“Mi sei mancata da morire. Resta con me. Non posso vivere senza di te, perderti sarebbe come perdere tutto.” (Hang Ji-woon)

Il suo compito sarà quello di trasferirsi nella grande villa in cui abitano i tre giovani eredi e riuscire a renderli una famiglia. In cambio l’uomo le pagherà tutte le spese necessarie alla sua istruzione. Sarà così che la vita di Run Ha-won avrà una svolta. La ragazza si troverà a convivere con i tre giovani rampolli e il loro fascinoso segretario. Dovrà impegnarsi molto per riuscire a gestirne i caratteri diversi e a tentare di farli riavvicinare. Dovrà, però, soprattutto riuscire a gestire i propri sentimenti e ciò che inizia a provare per uno di loro.

Ha inizio così una storia brillante e romantica anche se non del tutto originale che trova il suo punto di forza nel main cast, ben assortito e di buon livello. Alcuni personaggi secondari, come la matrigna e la sorellastra di Hae-won, sono piuttosto inutili ai fini della trama e a mio parere molti loro siparietti hanno solo lo scopo di stizzire lo spettatore e allungare il racconto. In più devo ammettere che gran parte dei piagnistei di Son Na-eun (Park Hye-ji), la second lead, mi hanno tediata. Cinderella and four kgniths resta comunque un Drama godibile, ottimo per distendersi e divertirsi con una storia d’amore romantica e dolce.

Avevo visto Park So-dam in Parasite e scoprirla qui in un personaggio del tutto diverso, mi ha dato la conferma della sua bravura. Le espressioni di Jung Il-woo in questo drama sono tutte un programma. È un ottimo attore, il suo modo di trasporre il personaggio e il cambiamento di Hang Ji-woon mi è piaciuto molto. Non devo essere stata la sola a pensarlo dal momento che, per la sua recitazione in Cinderella and four kgniths,  è stato pluripremiato. Ha ricevuto, infatti, il  Global Star Award e il Top Eccellence avard actor al Korea Drama Awards. Gli è stato anche riconosciuto il premio come Best Actor al Macau International Television Festival.

Anche Ahn Jae-hyun è stato una bella scoperta. La sua recitazione è migliorata da You’re All Surrounded, Drama (molto carino) del 2014 che potete trovare su Viki.

Una nota di merito va anche a Lee Jung-shin, membro del gruppo K-pop CNBLUE, che interpreta il terzo cugino, Kang Seo-woo, quello più solare e adorabile.

Tornando al Drama, non aspettatevi un capolavoro assoluto, ma preparatevi al divertimento e godetevi i bellissimi baci e le scene tenere che per fortuna abbondano. Il romance tra i due protagonisti, infatti, è ricco di cliché, ma perfetto. Consiglio Cinderella and four kgniths a chi è in cerca di qualcosa di poco impegnativo e molto romantico.

La colona sonora è ideale per la storia e molti sarebbero i brani da evidenziare. I miei preferiti sono I Belive cantata da Younha e Only one interpretata da Zia. Su Youtube il video di quest’ultimo brano vanta oltre trentuno milioni di visualizzazioni.

Cinderella and four kgniths è basato sull’omonima Webnovel  nome del romanziere Baek Myo. All’epoca della messa in onda ci fu una polemica per la sovrapposizione delle apparizioni di Park So-dam. L’attrice  in quei giorni  era anche nel cast di  Beautiful Mind che un altro canale trasmetteva nello stesso periodo. Inoltre molti spettatori lamentarono diverse similitudini tra Cinderella and four kgniths e Boys Over Flower. Assonanze tra i due Drama alle quali alluse anche la campagna di marketing per la  promozione del Drama.  

Una curiosità: La Sky House, la fantasmagorica villa nella quale vivono i tre eredi e nella quale si svolge gran parte della storia, è in realtà la club house del lussuoso golf resort South Cape Owners Club sulla costa meridionale dell’isola di Changseon,.

La mia valutazione
7/10
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Moon Lovers 2 (Alla Conquista della Felicità) – Capitolo 4

di Donatella Perullo

Attenzione 

Il racconto contiene spoiler per coloro che non hanno visto il Drama Moon Lovers: Scarlet Ryeo.

Capitolo  4

Nascosto dietro un angolo del corridoio, Wang–so vide un uomo entrare in una stanza e uscirne poco dopo in abiti ospedalieri. Senza esitare s’intrufolò e si ritrovò in un ambiente con le pareti ricoperte di armadietti incasellati come le celle di un alveare. La stanza era umida di vapor acqueo. Voci maschili attutite da uno scroscio d’acqua provenivano da un ambiente attiguo. Si sporse appena oltre il varco e vide una fila di docce. Due uomini si stavano lavando. Guardò di nuovo verso gli armadietti e vide che un paio erano aperti. Capì che erano dei tipi sotto la doccia e si affrettò a vederne il contenuto. In uno c’era delle braghe blu, di una stoffa che sembrava resistente, dei jeans, avrebbe detto Hae- soo.

Provò a indossarli, ma erano troppo larghi per lui, tanto da scivolargli dai fianchi asciutti. Nell’altro armadietto trovò invece un completo più adatto alla sua misura. Il pantalone aveva l’elastico in vita e la lunghezza era giusta. Sopra aveva una maglia dello stesso colore, con un cappuccio ampio. La indossò, sollevò il cappuccio per nascondere il volto, poi lasciò la stanza in fretta, prima che i due si potessero accorgere della sua presenza.

Percorse a grandi passi un tratto del corridoio e imboccò una scalinata, scendendola in fretta nella speranza che lo conducesse il prima possibile all’uscita più vicina dell’edificio. Era affannato e il cuore gli batteva ovunque quando finalmente raggiunse l’aria aperta. Si fermò per un attimo all’ingresso dell’ospedale e si appoggiò a una colonna per riprendere fiato. Un uomo che aveva indosso una maglia con scritto sicurezza, gli si avvicinò e gli poggiò una mano su una spalla:

«Si sente male signore?»

Affannando, Wang So scosse il capo: «Sto bene grazie. Ho solo fatto le scale di corsa.»

L’altro lo guardò scettico, ma non insisté oltre: «Se ha bisogno di qualcosa, sono qui.»

«Grazie» Wang So gli rivolse un sorriso forzato e si avviò lungo il viale d’ingresso al nosocomio.

Aveva appena oltrepassato la soglia del grande cancello, quando sentì qualcuno chiamarlo: «Signor Kim, Kim Sun-hyun!»

Si voltò verso il punto dal quale proveniva la voce e vide un giovane sbracciarsi nel tentativo di attirare la sua attenzione. Il giovane gli si avvicinò e lo afferrò per le spalle, palesemente commosso: «Signor Kim! Cosa ci fa qui fuori? Stavo venendo a trovarla credevo sarebbe stato ricoverato per più tempo! Mi ha fatto spaventare tanto. Ci ha impauriti tutti!»

Wang So si corrucciò e osservò le mani del giovane strette intorno alle sue spalle. Resistette alla tentazione di ordinargli di non toccarlo, poi sollevò gli occhi sul suo viso. Aveva meno di trent’anni ed era incredibilmente somigliante a…

«Wang Eun!?» mormorò incredulo.

«Cosa?» si bloccò perplesso il giovane, ma l’altro non gli diede il tempo di capire e lo strinse in un abbraccio spasmodico.

Wang So sentiva il cuore esplodergli per l’emozione. Quante volte aveva rivissuto il tragico momento della morte del decimo principe? Quanto si era maledetto per ciò che gli era capitato, che lui stesso gli aveva fatto e ora lui era lì, incredibilmente vivo e con la stessa aria da eterno ragazzino. Persino la sua voce era identica e gli occhi, ora corrucciati, lo avevano guardato con la medesima adorazione dei tempi andati.

«Signor Kim …» la voce sconvolta del giovane lo riportò al presente e alla realtà che stava vivendo. Quello non era il suo fratello minore e lui non era più Wang So. Non erano a Goryeo ma in una città chiamata Seoul, in un anno che ne distava mille e ottanta da quello dal quale proveniva. Cercò di ricomporsi e lasciò andare il giovane, poi si schiarì la voce e disse:

«Chiedo scusa, sono ancora sconvolto dall’incidente e i medici hanno detto che ho problemi di memoria. Tu mi conosci?»

«Signor Kim, certo che la conosco, sono Lee Baek-hyuk, il suo segretario!»

Wang-so sospirò e cercando di mantenere un tono rassicurante disse: «Sono confuso, ma presto starò meglio e ricorderò ogni cosa. Per ora voglio solo andare via da qui, prima che i medici si accorgano che ho lasciato la stanza.»

«Signor Kim, ma come!?»

“Wang So sentiva il cuore esplodergli per l’emozione. Quante volte aveva rivissuto il tragico momento della morte del decimo principe?”

Wang-so fissò di nuovo il giovane, e ancora una volta si sentì muovere da un senso di affetto e di dolorosa colpa nei suoi confronti: «Devo andare via da qui. Ti spiegherò dopo, ora aiutami, ti prego.»

Il ragazzo non se lo fece ripetere. La sua espressione divenne d’un tratto determinata e annuì solenne: «Venga con me signor Kim. Salga in auto e mi dica dove vuole che la porti.»

******

Wang So si lasciò sfuggire un sorriso sbilenco. Una doccia era ciò che ci voleva per togliergli un po’ di stanchezza da dosso e dissolvere l’odore che impregnava i vestiti presi in ospedale. Il suo nuovo corpo all’inizio lo aveva sorpreso, ma ora faticava a distogliere lo sguardo dalla propria immagine riflessa. Si strinse l’asciugamano intono ai fianchi e si passò una mano tra i corti capelli corvini, ancora umidi. I fili bianchi che l’avevano incanutito dopo i quarant’anni non c’erano più e neanche la cicatrice che gli aveva devastato il viso sin da bambino. L’uomo del quale ora aveva il corpo, il CEO Kim Sun-hyun, era identico al Wang So trentenne. Era più muscoloso, però, di quanto non fosse stato lui e non aveva la cicatrice a deturpargli il viso.

Wang So si toccò la mascella spigolosa e si lisciò la guancia sinistra finalmente perfetta, soddisfatto. Lasciò il bagno e si diresse verso il guardaroba. Qualche ora prima Wang Eun, anzi, Baek-hyuk lo aveva accompagnato nell’attico di Kim Sun-hyun e gli aveva mostrato ogni cosa, credendo all’amnesia conseguente l’incidente.

«Ora vado via, signore. Cerchi di riposare e se dovesse avere bisogno di qualcosa non esiti a chiamarmi.» gli aveva detto poi.

«Aspetta.» lo aveva fermato lui «Devi fare qualcosa per me.»

«Dica capo, la prego.»

«Devo trovare una persona, una donna.»

«Una donna!?» aveva sgranato gli occhi l’altro.

«Esatto.»

«È qualcuno che ha a che fare con l’incidente?»

«No» rispose secco Wang So, poi aggiunse «Si chiama Go Ha-jin, vive a Seoul e dovrebbe avere circa ventisei anni.»

«Il nome è piuttosto comune. Potrebbe dirmi qualche altro dettaglio? Un numero di telefono, il posto dove lavora …»

Wang So aveva alzato gli occhi al cielo, insofferente: «Se avessi saputo queste cose, non avrei avuto bisogno del tuo aiuto, non credi?»

Il ragazzo era arrossito e si era profuso in un inchino di scuse «Mi dispiace capo. Go Ha-jin, ventisei anni e vive a Seoul. Non sarà facile, ma la troverò per lei.» aveva detto allontanandosi verso la porta di casa.

«Aspetta!» Lo aveva fermato il re «Lei fa la truccatrice e conosce molto bene i cosmetici.»

Gli occhi del segretario si erano illuminati: «Questo mi aiuta moltissimo, grazie!» ed era andato via.

Strofinandosi i capelli con un asciugamano, Wang So guardò tra gli abiti presenti nell’armadio e scelse un completo blu notte. Era affamato, si vestì in fretta e andò in cucina. Stava guardando in giro in cerca di cibo quando Lee Baek-hyuk tornò.

«Ho buone notizie!» Esclamò entusiasta «È stato più facile di quando credessi. C’è una Go Ha-jin di ventisette anni che vive qui a Seoul e indovini un po’?»

«Cosa?» rispose impaziente lui.

«È una delle esperte di cosmesi alle dipendenze della Goryeo Skincare. Lavora presso la sua azienda da cinque anni. Circa due anni fa è quasi annegata per salvare un bambino ed è rimasta in coma per un anno. È tornata al lavoro da pochi mesi.»

Wang So impallidì, si avvicinò alla grande vetrata che affacciava sull’Han River e guardò la luna il cui colore ora era più sbiadito: «È lei … sta bene?»

«Credo di sì, signore. È una delle dipendenti che seguirà il Goryeo Era Makeup Culture, l’evento organizzato dall’Azienda che avrà inizio domattina.»

«Quindi dovrò aspettare domani per vederla?»

«Signore sono le due del mattino. Per nessuna ragione potremmo recarci a casa di una donna a quest’ora. In più credo che lei non si sia ripreso ancora del tutto e che abbia bisogno di riposare, se le dovesse succedere qualcosa, non me lo perdonerei.»

Wang So strinse gli occhi e annuì. Una notte, pensò, posso aspettare ancora una notte. Devo farlo. In quel momento un suono acuto lo fece sobbalzare. Si voltò di scatto verso Baek-hyuk, lo vide prendere dalla tasca un oggetto rettangolare e portarselo all’orecchio: «Signora Kim! No, non dormivo, tranquilla. Come mai mi chiama a quest’ora, è successo qualcosa?»

Wang So strinse gli occhi, mentre Baek-hyuk si portava una mano alla fronte e cercava di mantenere la calma.

«Cosa?» gridò il ragazzo «Il signorino Kim Sun-hyun è fuggito dall’ospedale? No, certo che non lo sapevo. Sta andando a casa sua? Crede che possa essere andato lì?»

Wang So s’irrigidì.

«Avete chiamato anche la polizia? Certo capisco, è importante che torni al più presto in ospedale. Sì, lo so che ha perso la memoria.» Baek-hyuk si morse un pugno, cercando ci mantenere la calma «Il tempo di vestirmi e andrò a cercarlo anch’io! La terrò aggiornata.»

Appena interrotta la comunicazione, il giovane raggiunse una sedia e vi si lasciò cadere, pallido.

«Chi era?» volle sapere Wang So.

«Era sua madre, la signora Kim. L’ospedale ha dato l’allarme sulla sua fuga e sta venendo qua per cercarla.»

«Qui?» gridò lui.

Baek-hyuk annuì «È già per strada, arriverà tra poco.»

«Non voglio vedere nessuno prima di aver ritrovato Hae Soo!»

«Hae Soo?»

«Volevo dire Go Ha-jin. Portami via da qui, subito!»

«E dove? Hanno avvisato anche la polizia. Vogliono che lei torni in ospedale.»

«Portami a casa tua.» Decise perentorio Wang So.

Il segretario fu tentato di opporsi. Una cosa del genere sarebbe stata troppo rischiosa per lui e poi sua madre non voleva che portasse gente a casa senza prima essere avvisata. D’altro canto, come avrebbe potuto dire di no al suo datore di lavoro? Così, invece di gridare il neanche per sogno che stava per sgorgargli spontaneo dal petto, sussurrò un più remissivo: «Si Signore.»

Fine quarto capitolo

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Moon Lovers 2 (Alla ricerca della Felicità) – Fanfiction

Questa fanfiction è liberamente ispirata al Drama Coreano Moon Lovers: Scarlet Ryeo. È frutto del lavoro e dell’intelletto dell’autrice. Il suo contenuto è protetto dal diritto d’autore nonché dal diritto di proprietà intellettuale. Sarà quindi assolutamente vietato copiarla, riprodurla, appropriarsene e ridistribuirne i contenuti se non espressamente autorizzati dall’autrice. Fatti e persone descritti nella Fanfiction sono frutto dell’immaginazione. Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale. Copyright © 2021 Korean Drama & World. All rights reserved

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Move to Heaven (무브 투 헤븐: 나는 유품정리사입니다)

Un racconto in cui nulla è lasciato al caso e ogni capitolo aiuta a riscoprire il valore etico dell’humanitas.

di Donatella Perullo

Titolo: Move to Heaven (무브 투 헤븐: 나는 유품정리사입니다)

Genere: Dramma

Dove vederlo: in streaming su Netflix

Sceneggiatura: Yoon Ji-ryeon

Regia: Kim Sung-ho

Paese di produzione: Corea del Sud

Numero episodi: 10

Durata per episodio: 45  minuti

Anno di trasmissione: 2021

Main Cast:

Lee Je-hoon  (Cho Sang-gu)

Tang Joon-sang  (Han Geu-ru)

Ji Jin-hee  (Jeong-woo)

Hong Seung-hee (Yoon Na-mu)

Han Geu-ru (Tang Joon-sang) è un ventenne affetto da sindrome di Asperger. È orfano di madre vive in simbiosi con suo padre Jeong-woo (Ji Jin-hee). Insieme lavorano nella ditta di famiglia, la Move to Heaven, che si occupa di bonificare scene del trauma o del crimine. Con rispetto e profonda umanità nei confronti dei deceduti, i due bonificano e sgombrano i luoghi nei quali è avvenuto il decesso. Prima però, hanno cura di raccogliere in una speciale scatola gialla gli effetti più personali dei malcapitati e consegnarli alle persone loro più vicine. Durante questo rito eseguito con rispettosa devozione, i due scoprono storie non raccontate e danno voce agli ultimi desideri di chi non ha più voce.

Il rapporto tra padre e figlio è speciale, l’amore del genitore verso il ragazzo è palpabile in ogni suo sguardo. Geu-ru è sensibile e intelligente e grazie alle cure del genitore è riuscito a fare della sua tipicità un punto di forza. Purtroppo Jeong-woo muore improvvisamente. Geu-ru però non resta solo. Prima di morire, infatti, il padre ha affidato a un legale di fiducia le sue ultime volontà. Il ragazzo avrà un tutore e questi sarà Cho Sang-gu (Lee Je-hoon) il fratellastro minore di Jeong-woo.

Sang-gu è un ex pugile ed è in prigione per aver preso parte a combattimenti illeciti. È un uomo provato dalla vita, disincantato e rude. Prova astio nei confronti del fratellastro, al punto che quando esce dalla prigione e il legale gli comunica la morte di Jeong-woo, mostra indifferenza.

“L’albero è la seconda creatura migliore al mondo. Tutti dovrebbero sforzarsi di dare quanto dà un albero. Gli alberi non ci danno solo ossigeno, frutta e legna, ma anche il ceppo su cui sedersi e riposare.” (Han Geu-ru)

Convocato nello studio dell’avvocato, Cho Sang-gu scoprirà di essere stato nominato tutore del nipote. L’uomo dapprincipio rifiuta poi, quando scopre che accettando avrebbe il potere di amministrare i beni del pupillo, decide si farlo per interessi economici. A quel punto l’avvocato gli rivelerà che per divenire tutore di Geu-ru dovrà vivere e lavorare con lui alla Move to Heaven per tre mesi. Trascorso questo periodo il legale deciderà se confermarlo o no come responsabile legale.  L’incontro tra zio e nipote è un disastro. Le regole, la precisione e gli schemi rispettati da Geu-ru sono sovvertiti e messi in crisi dal caotico, sciatto e sregolato Sang-gu. L’uomo pare non avere regole né remore e la possibilità di una collaborazione costruttiva o di un avvicinamento affettivo sembra irrealizzabile. Nulla però è impossibile alla Move to Heaven.

Puntata dopo puntata, Sang-gu imparerà a rispettare i tempi del nipote ed entrerà sempre più in empatia con lui a ogni caso che sarà loro affidato. Pian piano l’uomo svelerà il dramma che nasconde e metterà a nudo il suo vero io, sorprendendo e toccando nel profondo anche lo spettatore più coriaceo. I commoventi casi affrontati dalla Move to Heaven saranno un filo conduttore delicato e toccante che darà spunti di pensiero intensi e importanti. Pur non essendo un drama thriller, Move to Heaven è ricco di colpi di scena e dona un crescendo di emozioni che divengono sempre più intense con il procedere del racconto.

Come mi è già capitato con altri drama che ho amato, trovo un po’ di difficoltà a trasmettervi la potenza di questa storia senza rivelare troppo. La forza delle emozioni donate da Move to Heaven sta, infatti, negli avvenimenti e nei sentimenti rivelati gradualmente, a volte con delicatezza, altre con impeto. La costruzione dei personaggi è un altro punto di forza di questo Drama. Ognuno con le sue peculiarità e il suo percorso di vita contribuisce a rendere la storia speciale. In Move to Heaven nulla è lasciato al caso e ogni puntata aiuta a riscoprire il valore etico dell’humanitas. Così i sentimenti, quelli veri e profondi, divengono assoluti protagonisti. Move to Heaven è una storia catartica che fa bene all’anima e lascia un senso di nostalgica malinconia, ma anche di corroborante speranza.

La morte che è una delle protagoniste di questa storia, è raccontata con delicatezza ma soprattutto con rispetto. Geu-ru è un personaggio straordinario e Tang Joon-sang nonostante la sua giovane età – è nato nel 2003 – lo interpreta in maniera strepitosa. Non si può non amarlo, così come non si può non restare a bocca aperta dinanzi alla bravura di Lee Je-hoon. Il suo Cho Sang-gu con i suoi difetti, le contraddizioni e con i tormenti nascosti che lo dilaniano è un eroe scalcinato che amerò per sempre. Tutto il cast è ben assortito e ricco di guest star, ma una menzione speciale mi è dovuta a Ji Jin-hee che nei panni del padre di Geu-ru eccelle.

Avevo sentito parlare spesso di lui e sempre in termini entusiastici, ma non lo avevo ancora visto recitare. Che dire, è un grande attore. È riuscito a rendere così profondamente umano e reale Jeong-woo che si finisce con il percepire i suoi sentimenti come graffi sull’anima.

Move to Heaven è stato  girato in Corea del Sud  nella città di Cheongiu  da marzo a settembre 2020. È un drama originale Netflix distribuito in tutto il mondo il 14 maggio 2021 ed è stato doppiato in inglese e in giapponese. La sceneggiatura è un adattamento del saggio “Things Left Behind”, scritto da Kim Sae Byul un ex bonificatore di scene del trauma. A curarla è stata la sceneggiatrice Yoon Ji-ryeon che in passato ha firmato Drama come Boys over Flower (2009) e Angel eyes (2014). Pur non lasciando nessun evento in sospeso, il finale di Move to Heaven fa intravedere la possibilità di un’auspicabile seconda stagione.

La mia valutazione
9.5/10
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