La metropolitana (지하철)

Dai treni alle stazioni, un mondo tutto da scoprire

Immagine di copertina : Mtattrain, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

di Stefania Frioni

Le stazioni della metropolitana di Seoul

Le stazioni della metropolitana di Seoul sono modernissime e molto pulite. Non è raro vedervi addetti alle pulizie lavare i pavimenti o lucidare i corrimani delle scale. Ovviamente lo stesso vale per i vagoni della metro e, ci tengo a dirlo, anche le toilette sono impeccabili. In alcune stazioni, nei bagni riservati alle donne, ci sono addirittura comode poltroncine, specchi per rifarsi il trucco e quadri alle pareti.

Ovunque, l’acceso ai treni è anti suicidio, quindi con doppia porta a vetri scorrevole.

L’entrata delle stazioni è ben visibile e contrassegnata dal nome della stazione e dal numero dell’entrata – che è poi anche l’uscita. C’è sempre l’ascensore e spessissimo è presente la scala mobile.

Le indicazioni sono sempre molto chiare. Pensate che a Gangnam, ad esempio, le informazioni riguardanti la stazione della metropolitana più vicina e l’eventuale presenza di fermate dell’autobus con i relativi numeri di linea sono anche sui marciapiedi.

Le stazioni della metropolitana più grandi e quelle che si trovano in zone più trafficate, poi, sono dei veri e propri centri commerciali sotterranei. In esse si trovano negozi di ogni genere e locali che possono soddisfare il palato di ogni viaggiatore. Sapete, per i Coreani – e non solo  – ogni momento è buono per uno snack. Inoltre non mancano dei comodissimi distributori di acqua ai quali ci si può dissetare gratuitamente. Una comodità non da poco.

Con l’aria condizionata d’estate e il riscaldamento d’inverno, sono spesso una comoda meta per lo shopping low cost.

I servizi principali come cibo, bevande e toilette sono, comunque, disponibili anche nelle stazioni minori.

Ogni stazione della metropolitana ha più uscite, alcune anche sino a sedici, che sono indicate molto chiaramente. Ognuna di esse è sempre corredata di cartelli che segnalano cosa troverete all’esterno o quali mete sono raggiungibili da quel punto.

Nelle stazioni più frequentate, come quelle di Gangnam o Hongdae, i cartelli sono touch screen. Sono consultabili in quattro lingue e mostrano anche la mappa della stazione stessa, le fermate degli autobus e le stazioni di bike renting più vicine.

Nella maggior parte delle stazioni della metropolitana non ci sono i tornelli, come li conosciamo noi. Non si vedono mai persone impegnate in salti mortali o voli acrobatici per evitare di pagare e nell’ora di punta si fa la fila, aspettando rispettosamente che tutti accedano. Quando si passa la tessera per pagare il pedaggio, sullo schermo viene visualizzata sia la somma scalata che il saldo residuo. Lo stesso avviene sugli autobus.

Se sei un turista di passaggio e hai con te le valigie o, semplicemente, se hai fatto acquisti e non vuoi passeggiare per la città carico di buste, in alcune stazioni puoi approfittare dei lockers. I lockers sono armadietti dove depositare i propri bagagli. Sono sicuri, si pagano con carta di credito e a ognuno di essi viene assegnato un codice per poterlo poi riaprire. Tutto molto semplice.

Un aspetto che adoro di Seoul, e delle altre grandi città coreane, sono le piste ciclabili e pedonali. Sono chilometriche e attraversano le città o corrono lungo i loro fiumi.

Per questo è molto frequente che in metro salgano anche ciclisti e chi ha progettato le stazioni, ha pensato anche a loro.

Infatti, laddove mancano gli ascensori per raggiungere i binari, lungo le scale c’è sempre un’apposita guida, dove inserire le ruote e accompagnare la propria bicicletta. Stessa cosa se si ha con sé una valigia pesante, ma questo solo in poche stazioni.

In alcune stazioni ci sono indicazioni sulla corsia da seguire, cosa utile soprattutto nelle ore di punta durante le quali l’afflusso di persone che attraversa il sottosuolo di Seoul è enorme. In questi frangenti, in una città di oltre dieci milioni di abitanti la disciplina e l’ordine sono indispensabili.

Ciò che sto per dirvi ora, sono certa che vi sorprenderà. Se durante il tragitto che porta ai treni incontrerete il tapis roulant che si trova in alcune stazioni e deciderete di non utilizzarlo, camminando avrete il piacere di sapere quante calorie state bruciando.

È noto che i Coreani tengono alla forma fisica, ma anche che sono un popolo fondamentalmente abbastanza pigro. Per questo messaggi di questo tipo si trovano anche sugli scalini delle stazioni della metro o lungo i muri di alcune piste pedonali. Insomma, un incitamento al movimento!

Leggi anche: Muoversi in città

Arrivati ai treni, spesso si trovano grandi riquadri luminosi che indicano su quali carrozze si può entrare con la bici o le valigie. Identificano anche il vagone con l’aria più fresca e finanche la tipologia di sedili disponibili. Siete sorpresi? Eppure è proprio così!

I vagoni della metropolitana

Sulla metropolitana, e molto spesso anche sugli autobus, i sedili hanno colori diversi, a secondo chi ci si può sedere. Inoltre, per le donne in dolce attesa in alcune carrozze sul sedile c’è anche un simpatico pupazzo. Se poi la futura mamma non ha ancora il pancione, ha la possibilità di appendere alla propria borsetta una targhetta rosa che indica il suo stato.

Se trovaste libero solo uno dei posti dedicati agli anziani, potreste occuparlo, ma tenendovi pronti a scattare in piedi qualora dovesse arrivarne uno. In ogni caso una halmeoni 할머니 (nonna) o un hal-abeoji 할아버지 (nonno) non farebbero troppi complimenti nell’ordinarvi di alzarvi e cedere il posto. Qui gli anziani non scherzano!

A volte una stessa linea può avere la versione Express, che fa meno fermate, o standard. La differenza è indicata da un simpatico personaggio e dai suoi fumetti e dalla segnaletica sul pavimento che ricorda anche dove mettersi in fila.

In alcune stazioni, poi, possiamo vedere in tempo reale sui monitors, dove si trova il treno che aspettiamo e quanto manca perché arrivi alla nostra stazione. Sul video un trenino avanza mostrando l’incedere del convoglio. L’arrivo di ogni treno è sempre annunciato da una simpatica musichetta, così anche i più distratti non rischiano di rimanere a piedi.

Su alcune linee possiamo trovare maniglie appiglio o portabagagli adeguati alle diverse altezze dei passeggeri. Spesso, durante il viaggio, sui monitors scorre il video del personaggio dei cartoni animati Pororo 뽀로로. Il simpatico pinguino ricorda le norme di comportamento che si devono seguire sui mezzi pubblici, aiutato anche da un interprete del linguaggio dei sordomuti.

Ho una chicca finale per questo racconto dedicato alla metropolitana coreana. Su alcuni sedili potete trovare l’indicazione che quei posti in estate sono meno raggiunti dall’aria condizionata rispetto gli altri. Sapete, qui in Corea l’aria condizionata fa invidia al Polo Nord. Per questo, sapere che su quei sedili la temperatura sarà maggiore di un paio di gradi rispetto agli altri, può essere molto utile.

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La Danzatrice di Seoul (리진)

Una storia di fantasia che, attraverso gli occhi della protagonista, narra di un’epoca e di personaggi reali

di Donatella Perullo

Titolo: La Danzatrice di Seoul

Categoria: Narrativa

Genere: Fiction storica

Autore: Kyung-sook  Shin (신경숙)

Titolo originale: 리진  – edito nel 2007

Editore: Piemme

Collana:

Anno: 2019

Copertina: Cartonato con sovraccoperta  

Numero di pagine: 422

ISBN: 978885666949

È il 1869 quando nel villaggio di Banchon, in Corea, nasce Jin. La piccola vive con sua madre in una casa all’ombra di alberi di pero che in primavera esplodono di candidi fiori. Purtroppo cinque anni dopo, alla fine di un duro inverno di malattia, la mamma di Jin muore, lasciandola sola al mondo. Da quel momento, è donna Suh a prendersi cura di lei. Donna Suh vive sola da quando ha abbandonato il tetto coniugale per non essere riuscita ad avere figli. È un’abile sarta e sua sorella minore, dama di corte, le porta lavoro dalla sala ricami del Palazzo di Sungkyunkwan. Mossa da un forte e incompiuto istinto materno, Donna Suh è felice di riversare tutto il suo amore sulla piccola orfana. Oltre a essere molto bella, la bambina è intelligente e capace di imparare con estrema facilità qualsiasi cosa le sia insegnata.

“Sospirò. Che vita attendeva una bambina coreana tanto intelligente?”

Un giorno la sorella di donna Suh, si offre di introdurre Jin al palazzo. Ciò, a suo dire, le permetterebbe di avere un’educazione e una vita dignitose. Suh accetta a malincuore e questa decisione cambierà il destino della bambina. Jin non tarderà, infatti, a conquistare il cuore della regina Min, donna forte e destinata a contrastare l’influenza giapponese in Corea. La regina non ha figli e inizia a richiedere sempre più spesso la presenza della bimba al suo fianco.

Tutte le sere Jin torna a casa da donna Suh che per arrotondare è solita fittare una stanza ai viaggiatori. Un giorno ospita il missionario francese padre Blanc e Yeon, il piccolo orfano di cui questi si occupa. Yeon è poco più grande di Jin, non parla ma sa suonare alla perfezione qualsiasi strumento. Tra i due bambini nasce un affetto indissolubile. È qui che la storia ha un salto temporale.

Immagine tratta dal Drama “The Tale of Nokdu” (2019)

Jin è divenuta una giovane donna, dama di corte nonché la danzatrice più brava di Corea, capace di incantare chiunque con la sua arte. Un giorno giunge a Palazzo Victor del Plancy, diplomatico francese. L’uomo è folgorato da lei al primo fugace incontro, ma è quando la vede ballare la danza dell’Oriolo a primavera, che cuore e mente ne sono stregati. Se ne innamora al punto da desiderare di portarla con sé in Francia.

“Era stato solo un istante, ma gli occhi scuri della damigella di corte gli stringevano il cuore in una morsa. Era stato come ritrovare un orologio perduto da tempo immemore.”

Immagine tratta dal drama  “Love in the Moonlight” (2016)

Così la vita di Jin subisce una nuova svolta irreversibile. Victor de Plancy riesce a ottenere dal re il permesso di condurre la ragazza in Francia. Qui lei scoprirà una nazione dalle convenienze meno rigide della Corea e una cultura del tutto diversa dalla sua. A Parigi sarà ammirata, ma mai realmente accettata e considerata. Questo, lentamente, la cambierà. Fino a non essere più la fanciulla partita dalla Corea, portando con sé, come fossero amuleti, i regali dell’amica Soa. Lontana dai suoi affetti più cari, dagli abbracci di Suh e dal tormentato amore di Yeon, le basterà la presenza di Victor? L’uomo si dimostrerà attento e affezionato così com’era stato a Seoul? E quando, qualche anno dopo, nel 1985, Jin farà ritorno in una Corea che affronta la dolorosa fine dell’epoca Joseon, quale sarà il suo destino?

“Ma il cuore umano quando ha uno stagno desidera un ruscello, e quando ha un ruscello desidera un fiume, e quando ha un fiume desidera l’oceano.”

Immagine tratta dal drama  “Love in the Moonlight” (2016)

Con La danzatrice di Seoul Shin ci regala un romanzo poetico, leggiadro e doloroso allo stesso tempo. L’autrice dipinge l’affresco nitido di una Corea che vive la fine di un’epoca, tormentata dall’essere contesa da Giappone e Cina. Lo fa, per quanto fatti storici narrati siano liberamente interpretati, con una dovizia di dettagli tale che al lettore sembrerà di essere al fianco della danzatrice, di vivere con lei ogni momento e condividerne le sensazioni.

Attraverso gli occhi intelligenti di Jin, Kyung-sook Shin ci descrive colori, paesaggi, natura, usanze e cultura di un Paese antico. Le sue descrizioni precise e minuziose accompagnano le vicende, adeguandosi al loro ritmo e consentendoci di vivere un racconto tridimensionale.

Danzatrici – Immagine tratta dal libro En Corèe

Il periodo trascorso a Parigi dalla protagonista ci parla di una Francia che vive al motto dell’uguaglianza, ma che nonostante ciò fa sentire Jin sradicata dalla propria natura e mai realmente integrata. La danzatrice di Seoul è dunque anche il racconto di un’epoca, l’ottocento, visto dal punto di vista di due nazioni distanti fisicamente quanto culturalmente. La prosa evocativa dell’autrice è al contempo lieve e sapiente ma capace di divenire impetuosa quando gli avvenimenti narrati lo chiedono. Leggendo La danzatrice di Seoul si viaggia nello spazio e nel tempo, ma soprattutto negli animi dei suoi personaggi. Alcuni dei quali resteranno indelebili, come il ricordo di persone care.

Per creare la storia della leggiadra e triste danzatrice Jin, l’autrice ha dichiarato di essersi ispirata alla protagonista di un breve racconto pubblicato a Parigi e risalente al 1905. Lo scritto di appena una pagina e mezza, si trova all’interno del volume En Corée scritto da Hippolyte de Frandin, diplomatico francese e fotografo. Leggendo della danzatrice coreana Lin Jin, come persona realmente esistita, Kyung-sook Shin si è sentita travolta dalle sue vicende. La personalità di quella giovane l’ha colpita tanto da farle sentire il desiderio di ridarle vita attraverso la sua scrittura. Nella nota riportata al termine del libro, l’autrice narra con trasporto la genesi del romanzo e soprattutto del suo immenso affetto per la danzatrice. A suo dire Lin Jin le è entrata nel cuore al punto da desiderare di “salvare la donna intrappolata in quella pagina e mezza”.

Hippolyte de Frandin – autore foto sconosciuto

Ha iniziato così a fare studi approfonditi su di lei e sul periodo storico nel quale ha poi ambientato La danzatrice di Seoul. Si è anche recata più volte a Parigi per consultare documenti e vivere quei luoghi, prima di condurci noi. Un lavoro certosino di ricerca che le ha permesso di donarci un racconto sì di fantasia, ma ricco di dettagli storici e personaggi realmente esistiti. Così, ad esempio, padre Blanc è stato realmente il vescovo dell’arcidiocesi di Seoul dal 1884 al 1890 e Victor Collin de Plancy un diplomatico francese. Quest’ultimo ha trascorso gran parte della sua vita lavorativa in Corea dal 1884. Egli era anche un grande collezionista di opere d’arte e antichità. La sua collezione privata di arte dell’Estremo Oriente fa parte della collezione coreana al Musée Guimet di Parigi.

Victor del Plancy  – Fonte foto (1)

Eppure Kyung-sook Shin ha chiarito che La danzatrice di Seoul non è un romanzo storico, ma una storia che parla di persone ed è questo, in effetti, il suo punto di forza.

Non si sa se la danzatrice Lin Jin che Kyung-sook Shin ha scoperto attraverso il racconto di Frandin sia realmente esistita. Se così non fosse, però, grazie a lei è divenuta viva, reale e destinata a restare nei nostri cuori.

L’autrice Kyung-sook Shin

Kyung-sook Shin è stata la prima autrice sudcoreana a vincere nel 2012 il Man Asian Literary Prize con il romanzo Prenditi cura di Lei. È tradotta in quarantasei Paesi ed è considerata una delle autrici più importanti di Corea. Nata nel 1963 in un villaggio nel sud della nazione, a sedici anni si è trasferita a Seoul con il fratello maggiore. Il suo debutto letterario è avvenuto nel 1985 con il romanzo Winter’s Fable, dopo il diploma al Seoul Institute of the Arts in scrittura creativa. Con Winter Fables  ha vinto il Munye Joongang New Author Prize, solo il primo di una lunga serie di riconoscimenti.

La mia valutazione
8/10
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L’etichetta in Corea del Sud

Piccolo vademecum per non trovarsi in difetto con le abitudini del Paese del Calmo Mattino

di Stefania Frioni

Quando sono arrivata per la prima volta in Corea, mia figlia, che già ci viveva, mi ha fatto una vera e propria lezione di etichetta. Pensate, nei primi livelli del corso di Coreano per stranieri che ha frequentato alla SNU, questo era persino argomento di lezione. Ciò la dice lunga su quanto le tradizioni e le regole siano importanti in Corea. Onestamente, devo dire che ci si abitua quasi subito e personalmente trovo giusto adeguarmi al Paese che mi ospita e dove ho deciso di vivere. È anche meglio per me stessa, mi fa sentire più a mio agio e, da straniera, anche più accettata e rispettata. Premetto che agli stranieri arrivati da poco qualche imprecisione o mancanza è perdonata, ma se si è residenti da un po’, storcono il naso, soprattutto gli anziani.

Detto ciò e visto che con voi voglio condividere ogni mia esperienza, perché non darvi qualche dritta per essere super preparati al vostro prossimo arrivo sul suolo coreano? Ecco allora una lista di quelle che sono le regole principali e di cui faccio tesoro ogni giorno anch’io:

Salutare o ringraziare con un inchino.

Il Cast del Drama Goblin ringrazia il pubblico a una conferenza stampa nel 2016

Com’è noto e avrete sicuramente notato nei Drama, in Corea – come in Giappone – quando si saluta o si ringrazia, l’inchino è segno di educazione e rispetto. Soprattutto quando il confronto avviene tra generazioni o status sociali diversi, ad esempio capo e impiegato, negoziante e cliente, giovane e più anziano. È una regola ormai insita in questo popolo e devo dire che da subito mi è venuto naturale rispettarla. Gli inchini sono diversi a seconda che il legame sia più o meno formale. Perciò l’impiegato al proprio capo, il negoziante al cliente o il giovane al più anziano s’inchinerà in modo più profondo e senza mai guardare l’altro negli occhi. Questo denoterebbe, infatti, mancanza di fiducia e quindi di rispetto.

In rapporti meno formali, come quelli tra studenti, colleghi o amici di diversa età, sarà sufficiente chinare solo la testa. Se vi dovesse capitare anche, ad esempio, che qualcuno vi dia la precedenza per salire sulle scale mobili o su un mezzo pubblico, un semplice gesto della testa sarà perfetto e educato.

Leggi anche: Muoversi in città

Quando si paga, mai lasciare i soldi sul banco e usare sempre entrambe le mani.

Anche questa è una regola di etichetta molto importante da ricordare. Confesso che ogni tanto me ne dimentico e mia figlia me lo ricorda con una gomitata ;). Quando si è alla cassa, i soldi o la carta di credito vanno sempre consegnati con entrambe le mani e con un leggero inchino. Lo stesso faranno la cassiera o il cassiere quando vi renderanno carta, resto o scontrino e voi li riceverete in egual modo. Medesima regola varrà qualora, per esempio, dobbiate consegnare o ricevere un biglietto da visita. Mi è capitato al lavoro e, onestamente, fra inchini e non saper come coordinare il dare e l’avere il biglietto, la cosa si è rivelata buffa. Mi sa che dovrò allenarmi.

La stessa regola vale anche per altri oggetti, sempre in condizione di status diverso per età, anche un solo anno di differenza, o posizione sociale.

Mai lasciare la mancia

In Corea del Sud, se si è soddisfatti del servizio, è sufficiente ringraziare e fare un bell’inchino. Qui elargire la mancia è segno di maleducazione, oltre che essere illegale.  Soddisfare il cliente è, infatti, un dovere e fa parte del proprio lavoro.

Rispettare chi è più anziano di noi

Lo avrete notato nei Drama: in Corea è fondamentale mostrare rispetto verso gli anziani o chi è maggiore di età, anche solo di un anno. Questo è addirittura evidenziato dai termini specifici riservati dal proprio interlocutore a ogni persona in una conversazione, a seconda che sia donna o uomo, ma anche un ragazzo o una ragazza. Da straniero che non parla ancora bene il Coreano, basterà semplicemente ricordarsi di rispettare chi è più anziano.

Togliersi le scarpe

Anche questa è un’abitudine che abbiamo visto più volte nei Drama. Sin dall’antichità, infatti, in Corea, come in Giappone, ci si toglie le scarpe per entrare in casa, nei templi, in molti uffici o in alcuni locali.

Questo innanzitutto per una questione igienica, poi perché in Corea del Sud tutte le case hanno il pavimento di legno e sin dal passato più remoto, si usa sedersi a terra anziché su un divano. Oggi, come in passato, in molte case ci sono tavolini bassi ai quali è prassi accomodarsi, per esempio, per condividere il cibo. Anche in molti ristoranti o caffè, dove il pavimento è in legno, di solito si mangia seduti per terra. Chi ha letto il mio primo articolo sui mezzi pubblici, comprenderà ora perché moltissimi coreani indossano ciabatte, molto più comode da togliere e mettere, per andare in giro.

Tre semplici regole da rispettare a tavola

Anche a tavola, come noi del resto, i coreani rispettano alcune regole e tre di queste sono semplici da ricordare. La prima è che quando serviamo da bere è buona cosa farlo tenendo la mano sotto il gomito del braccio che allunghiamo, come per sorreggerlo. Questo dettame arriva sin dai tempi dell’era Joseon. Allora, chi serviva da bere, per non intingere nei piatti la lunga manica del braccio che allungava verso i bicchieri, la tratteneva con una mano. Interessante come si tramandino le usanze nei secoli, vero? Un’altra abitudine e regola è quella di mangiare con un braccio sotto il tavolo e non sul tavolo come, invece, siamo educati a fare noi. Qui è segno di rispetto e educazione, soprattutto se a tavola con noi c’è una persona anziana o di status superiore al nostro. La terza norma da ricordare a tavola è di non avvicinare mai la ciotola alla bocca se vogliamo servirci il riso o il brodo con bacchette o cucchiaio. Saremo noi, piuttosto, ad abbassarci verso la ciotola che rimarrà sul tavolo.

Mai accavallare le gambe di fronte a una persona anziana

Ciò è considerato gesto di grande maleducazione! Per questo sarà bene ricordarsi di sedere con le gambe e le ginocchia unite.

Non parlare ad alta voce o al telefono se si è tra la gente

Questa è una regola che ahimè da noi in Italia pochissimi osservano. Qui in Corea del Sud, soprattutto sui mezzi pubblici o negli uffici, è invece molto osservata. È raro vedere persone al telefono e se accade, queste parlano sotto voce, tanto che a volte mi chiedo se dall’altra parte riescano a sentire ciò che dicono. La medesima regola è osservata se si conversa in presenza di altre persone.  Si fa a un tono molto misurato, per non dar fastidio ai vicini. C’è da dire che a volte le persone anziane non rispettano questa consuetudine e per questo ricevono sguardi di disapprovazione, anche se comunque la cosa viene loro perdonata.

Non “risucchiare” rumorosamente quando si mangia.

Contrariamente a quanto si pensi, anche in Corea il risucchio rumoroso è segno di maleducazione. Quando si mangiano ramyeon o zuppe molto calde il risucchiare è tollerato perché sarebbe impossibile non farlo, ve lo garantisco. È buona norma, però, cercare di fare il minor rumore possibile. Ancora una volta, agli anziani, soprattutto agli uomini, si concedono strappi alla regola e così, vi assicuro, si subiscono dei veri e propri concerti.

Al contrario di come facciamo noi…

Non stupitevi o infastiditevi se, al contrario di come prevede la nostra educazione, le persone non tengono la porta per farvi passare, se si accorgono che siete dietro di loro; tossiscono senza mettere la mano davanti alla bocca e, in questo caso, il fatto che indossino la mascherina se sono malaticci è un’ottima cosa; vi travolgono nella folla senza chiedere permesso; si tolgono le scarpe e si mettono con le gambe incrociate sulla sedia, soprattutto i giovanissimi, anche dove non è previsto, come nei caffè; vi fanno domande molto personali all’inizio di una conoscenza, soprattutto sull’età. Queste domande riguardanti l’età, vengono fatte per capire com’è più giusto rivolgersi a voi in termini di formalità.

Bene, le cose da dire erano tante! Spero però che abbiate trovato interessanti queste informazioni, che vi avvicinano ancor di più alla cultura coreana. Mi auguro che le troverete anche utili, com’è successo a me, per sentirvi sul pezzo quando verrete in Corea.

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Muoversi in città

I mezzi pubblici, ma non solo.

di Stefania Frioni

Seoul è considerata la città con il trasporto pubblico meglio organizzato al mondo. Questo soprattutto grazie alle ventidue linee di metropolitana che la attraversano, alle relative settecento stazioni (!!) e alle sue circa novecento linee di autobus.

La TMoney è una prepagata a scalare che si può utilizzare in tutta la Corea. È facilmente ricaricabile sia nelle stazioni della metropolitana sia nei convenience stores ed è valida in tutte le città. Pensate, può essere utilizzata anche per pagare il taxi!  

Come dicevo, è una carta a scalare, per cui ogni volta che si utilizza, è decurtato dal credito l’importo relativo alla tariffa del mezzo che si sta utilizzando. Se si effettua il cambio entro trenta minuti, la TMoney consente di non pagare il passaggio di linea o di mezzo. Perché ciò avvenga, è necessario ricordarsi di validare la carta, avvicinandola all’apposito lettore, sia quando si sale – passaggio comunque obbligatorio – che quando si scende da ogni mezzo.

La T-Money Foto di Stefania Frioni – Korean Drama & World ©

A Seoul, sui mezzi pubblici scritte e annunci sono sempre in hangul, inglese, cinese e giapponese.

La metropolitana è in funzione sino a mezzanotte, ma gli autobus viaggiano fino a notte fonda. Per questo c’è sempre un modo per tornare a casa, anche per i nottambuli, soprattutto contando che i taxi sono reperibili ventiquattro ore su ventiquattro.

Segnaletica multilingua -Foto di Stefania Frioni – Korean Drama & World ©

Ci tengo a dirvi, però, che la regola numero uno per muoversi nelle grandi città coreane è: essere pronti a camminare tanto, anzi, tantissimo! Spessissimo, infatti, le distanze sono lunghe.

Per raggiungere scuola, lavoro o semplicemente un luogo di svago, possono essere necessarie anche due ore. Bisogna, infatti, utilizzare più mezzi pubblici, con diversi cambi di linea tra i quali percorrere lunghi a tratti a piedi. Anche il transfer tra una linea e l’altra della metro, ad esempio, può implicare di dover camminare per alcuni minuti.

Ecco svelato uno dei motivi per cui i Coreani, soprattutto i Seouliti, utilizzano scarpe comodissime e con questo intendo anche ciabatte, sia d’estate sia d’inverno!

È, infatti, rarissimo incontrare donne con tacchi vertiginosi e capita che uomini in giacca e cravatta si presentino con ai piedi un bel paio di ciabatte da doccia o zoccoli di gomma! La cosa che trovo ancora stramba è che nessuno ci fa caso.

Una volta un’amica coreana di mia figlia, ridendo ha detto: «Noi Coreani siamo pignoli nel vestire, ma poi quando arriviamo ai piedi ci perdiamo». La cosa mi ha fatto sorridere ma, pensandoci, suppongo che il motivo è anche da ricercare nel fatto che ai Coreani piacciono le comodità.

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Le Hahoetal (하회탈)

Le tradizionali maschere simbolo della cultura coreana

di Donatella Perullo

Le Hahoetal sono tradizionali maschere coreane, considerate tra gli emblemi più rappresentativi della cultura del Paese e classificate come Tesoro nazionale n. 121. La più antica di queste maschere è esposta nel Museo Nazionale della Corea. Le Hahoetal raffigurano i personaggi messi in scena durante l’Hahoe Byeolsin gut Mask Nori. Patrimonio dell’UNESCO, quest’ultimo è una cerimonia eseguita, sin dalla metà del dodicesimo secolo, dagli abitanti del villaggio di Hahoe e di Byeongsan. La rappresentazione si svolge tra dicembre e gennaio, per onorare la dea Seonangshin e chiederle di concedere ai residenti una vita prospera. L’origine esatta delle maschere Hahoe non è del tutto nota, ma esiste una suggestiva leggenda che narra la loro creazione:

Una notte un giovane di nome Huh sognò una divinità protettrice che gli ordinò di creare, in cento giorni, dodici maschere, restando in totale isolamento. Deciso a onorare il volere della divinità, il ragazzo fece un bagno purificatore e appese al cancello principale una corda di paglia per allontanare gli spiriti maligni. Dopo di ciò, si chiuse in casa per assolvere il compito affidatogli. La fidanzata di Huh, una giovinetta di diciassette anni appartenente alla famiglia Kim, sentiva tantissimo la mancanza del suo amato. Impaziente di rivederlo il novantanovesimo giorno la ragazza si avvicinò alla sua casa. Andò a una finestra di carta e per spiarlo di nascosto, fece un piccolo foro con un dito.

La maschera Hahoetal rivisitata dall’artista ©Kael Ngu – credit Artstation.com

In quel momento, Huh stava lavorando all’ultima maschera, quella della serva Imae, alla quale mancava ancora il mento. Non appena la giovane vide il suo amato, infrangendo il volere della divinità, lui iniziò a sputare sangue e morì. A quel punto, la giovane innamorata, resasi conto di ciò che era appena accaduto al suo amato, si spense di crepacuore. Mossi a compassione, gli abitanti del villaggio eseguirono un esorcismo che permise alle anime dei due innamorati di essere elevate al rango di divinità e sposarsi nell’aldilà. La fanciulla diventò così protettrice del villaggio.

Tra tutte le maschere, la sola ad avere le sembianze di una divinità è quella di Gaksi, la maschera della sposa. Si dice che rappresenti la sfortunata protagonista della leggenda, divenuta Seonangshin, divinità protettrice del villaggio. La cerimonia rituale fu creata quindi, per onorare i due giovani innamorati e dare sollievo alle loro anime tormentate. Dapprincipio le Hahoetal erano dodici e rappresentavano i personaggi necessari per interpretare tutti i ruoli nello spettacolo. Di quelle dodici maschere tre sono, purtroppo, andate perdute.

Le maschere andate smarrite sono: Ttoktari – il vecchio, Pyolch’ae – l’esattore delle tasse e Ch’ongkak – lo scapolo.

Le Hahoetal conservate sono: Chuji – il leone alato; Gaksi – la giovane sposa; Chung – il monaco buddista; Yangban – l’aristocratico; Ch’oraengi – il servitore dell’aristocratico; Seonbi – lo studioso; Punae – la concubina; Paekjung – il macellaio; Halmi – la vecchia e Imae – la serva dello studioso.

In genere, le maschere di altre regioni sono create utilizzando zucche o cartapesta. Le Hahoetal sono realizzate, invece, in legno di ontano laccato più volte al fine di ottenere colori particolari. I volti raffigurati possono essere di colore albicocca, rosso scuro, arancione o vermiglio in base al sesso, all’età, allo status e alla personalità del personaggio. I lineamenti delle Hahohetal non sono sempre simmetrici. Lo sono la maschera del nobile, Yangban, e quella dello studioso, Seonbi. Quella del servo, Chorani, invece è asimmetrica e ha la bocca storta. Alcune maschere hanno occhi stretti o altre un’iride ad anelli bianchi. Ad avere gli occhi socchiusi sono i personaggi forti, avvantaggiati sia fisicamente sia socialmente. I deboli che sono insoddisfatti o ostili, hanno gli occhi cerchiati. 

Sulle Hahoetal, anche il naso rivela molto dei personaggi. Il nobile e lo studioso lo hanno aguzzo e aquilino, mentre il servitore e il funzionario che sono di rango inferiore hanno un naso basso e largo. La bocca del nobile e dello studioso ha un aspetto ordinario, quella del servitore invece è storta. Rispetto alle maschere tradizionali di altre regioni, alcune Hahoetal hanno la mascella inferiore collegata a quella superiore tramite una cinghia. In questo modo, spostando la testa avanti e indietro, gli attori possono cambiare le espressioni della maschera. La tecnica del separare la mascella dal resto del viso è chiamata jeorak e si trova raramente in maschere di altre regioni. Le Hanoetal sono anche le sole a non essere bruciate al termine della rappresentazione, come avviene il più delle volte alle maschere di altre regioni.

Nel Drama Money Heist: Korea – Joint Economic Area, i rapinatori utilizzano la maschera Yangban, l’aristocratico. Yangban è il personaggio con più potere tra quelli della celebrazione, quindi spesso oggetto di scherno da parte degli altri personaggi. Nel periodo della dinastia Joseon, gli yangban erano la classe sociale più importante, costituita da funzionari sia civili (munban) sia militari (muban). Da qui deriva il nome yangban che significa due classi. Il termine, nato al tempo della dinastia Goryeo, nel corso dei secoli ampliò significato e durante la dinastia Joseon, iniziò a rappresentare l’intera classe dei proprietari terrieri. È plausibile che la scelta della maschera Yangban per il remake coreano de La Casa de Papel, sia dovuta al fatto che è la più rappresentativa tra le Hahoetal, ma non solo.

In genere, la maschera Yangban è utilizzata per criticare la classe nobile. Secondo alcune fonti, però, in molte rappresentazioni, chi indossa la maschera Yangban interpreta il ruolo di paladino del Seonbi, lo studioso. Solitamente, quindi Seonbi e Yangban sono personaggi alleati, che vogliono mettersi in mostra.  La maschera dell’aristocratico ha gli occhi stretti, circondati da rughe e con profonde sopracciglia scure. La sua espressione è una combinazione di bluff ed espressione rilassata. Può apparire minaccioso con la bocca chiusa e giocoso se muove il mento. È dunque un personaggio ambiguo che potrebbe sembrare allegro, ma che nelle messe in scena a volte fa fustigare a morte chi lo insulta. Tutto ciò spiegherebbe ulteriormente il motivo della scelta della produzione di Money Heist: Korea – Joint Economic Area, proprio dell’Yangban Hanoetal, tra tutte.

Fonti: 1, 2, 3, 4.

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Il Bossam all’epoca Joseon (보쌈 조선)

Il matrimonio con rapimento che spesso permetteva alle vedove di aggirare l’impedimento di risposarsi

Immagine di copertina  – Illustrazione di Ahyeon

di Donatella Perullo

Oggi in Corea la parola Bossam (보쌈) è per lo più riferita a un popolare piatto a base di pancetta di maiale avvolta in foglie di cavolo e cotta al vapore. Nell’epoca Joseon però il termine Bossam rappresentava una forma insolita di matrimonio che prevedeva il rapimento della donna, dopo averla coperta con un sacco. L’usanza ebbe origine dal divieto che a quei tempi impediva alle vedove di risposarsi e il matrimonio Bossam era il solo tollerato per loro.

Erano possibili due tipi di Bossam per le vedove: uno concordato con il permesso dei genitori della donna e l’altro forzato, eseguito senza nessun consenso. Per precisione bisogna però specificare che nell’epoca Joseon un matrimonio Bossam poteva coinvolgere, anche se con meno frequenza, non solo le vedove, ma anche ragazze vergini o giovani scapoli. Quando quest’ultima eventualità si verificava, a essere soggetti al Bossam erano celibi residenti nelle aree periferiche.

L’usanza del Bossam si diffuse nella società Joseon che costringeva le vedove a restare fedeli al marito defunto e impediva loro di risposarsi. La dinastia Joseon era orientata al confucianesimo e di tipo patriarcale, ciò tendeva a limitare molto la libertà delle donne. In quel periodo, ad esempio, gli uomini potevano avere più di una moglie e se restavano vedovi avevano la possibilità di risposarsi. Alle donne, invece, questa possibilità era preclusa. Anche per questo la tradizione del Bossam spesso era compiuta con il consenso dei genitori delle vedove. Preoccupati per le figlie che in alcuni casi avevano già trovato in clandestinità un nuovo innamorato, questi permettevano segretamente il Bossam. Grazie ad esso potevano evitare critiche e punizioni, facendo sembrare che dopo il rapimento la figlia non avesse scelta che risposarsi. Sebbene dunque la consuetudine del Bossam non sia stata mai ufficializzata, diventò un’usanza segreta.

Quando il Bossam era frutto di un accordo confidenziale, si teneva in un giorno prestabilito. L’uomo irrompeva in casa della vedova con altri complici, in genere da tre a cinque, e fuggiva con la donna avvolta in un telo. I familiari attendevano qualche istante per dargli un po’ di vantaggio, dopodiché uscivano dalla casa, impugnando bastoni e forconi, gridando e chiedendo aiuto. Questo per informare i vicini che la vedova era stata rapita e non aveva commesso infedeltà. Dopo di ciò la famiglia non sporgeva denuncia ufficiale al funzionario. Così, anche se il funzionario veniva a sapere dell’accaduto, non essendo stata formulata accusa, non indagava né faceva ricerche e il ‘rapitore’ non subiva conseguenze.

“Amanti al chiaro di luna” – Opera dipinta durante la tarda dinastia Joseon dal pittore coreano Shin Yunbok (Tesoro Nazionale n°135)

Il Bossam non era pratica esclusiva delle classi meno abbienti, ma era attuato anche nelle case Yangban, appartenenti cioè alle famiglie dei proprietari terrieri. Quando c’era una figlia o una nuora divenuta da poco vedova, i genitori provavano pietà per lei e di nascosto mandavano un giovane a rapirla per portarla a casa dell’uomo da loro scelto. In questo caso, l’uomo doveva accettare la donna anche se non gli piaceva. Questo metodo era utilizzato nelle case Yangban anche per prendere concubine.

A differenza del Bossam consensuale, il Bossam forzato non era tollerato ed era una pratica piuttosto violenta. Cinque o più uomini forti e determinati, spesso amici intimi del rapitore oppure prezzolati, facevano irruzione in casa della donna. Alcuni restavano di guardia, altri entravano nella stanza della malcapitata, brandendo attrezzi agricoli come mazze, falci e picconi. Tra questi uno copriva la donna con un sacco, la prelevava di forza e fuggiva. In alcuni casi, se i familiari li inseguivano, i rapitori li attiravano in un fienile e li malmenavano. Come per il Bossam consensuale, anche per quello forzato in genere non si sporgeva denuncia al funzionario. Questo perché, anche se informato, il funzionario raramente indagava sul crimine poiché il capo di un villaggio nel quale c’erano molte vedove, donne mature vergini e scapoli poteva essere punito.

Verso la fine della dinastia Joseon il Bossam divenne un problema sociale a causa dei bobu-sang.  I bobu-sang erano mercanti itineranti che vendevano le loro merci nei mercati di ogni regione. Spesso rapivano le vedove per soddisfare le loro esigenze sessuali. A volte arrivavano a assaltare i villaggi in pieno giorno e giravano di casa in casa per sequestrare tutte le vedove. Per questo motivo, durante il regno di re Gonjong si tentò di impedire il Bossam rendendolo fuori legge, ma inutilmente. Così, anche a causa dei bobu-sang, la paura rese più frequente l’usanza di affrettare il matrimonio delle vedove.

Come dicevo, il Bossam non riguardava solo le donne che avevano perso il marito e le vergini, ma spesso anche gli scapoli. C’erano casi in cui era una vedova a far rapire un uomo e altri in cui uno scapolo era costretto al Bossam con una vergine. Il matrimonio Bossam di uno scapolo era messo in pratica da vedove o vergini che volevano evitare di essere depredate. Una sorta, dunque, di prevenzione. In genere vittime del Bossam dello scapolo erano giovani provenienti dalle province. Non pratici della topografia di Seoul e non avendo parenti in città, i forestieri erano prede più facili. Pare ci siano stati molti casi di studenti giunti a Seoul per sostenere degli esami, rimasti vittima del Bossam.

Nel 2021 il Drama storico Bossam: Steal the Fate, Ambientato durante la dinastia Joseon sotto Gwanghaegun, è stato incentrato su questa particolare pratica. Nella storia il protagonista Ba-Woo, interpretato da Jung Il-Woo, è un uomo dedito al gioco d’azzardo e ai furti che non disdegna di farsi assoldare per eseguire Bossam. Un giorno durante l’esecuzione di un Bossam, rapisce per errore la principessa Soo-Kyung, ruolo impersonato da  Kwon Yuri. Soo-Kyung è la figlia del principe Gwanghae e nuora del nemico di Ba-Woo. Per accordi politici, la giovane era stata costretta a sposare il fratello maggiore dell’uomo di cui era innamorata. Lo stesso giorno delle nozze, però, il marito era morto, lasciandola vedova. L’errore commesso da  Ba-Woo cambia il suo destino e quello di Soo-Kyung. Il drama rappresenta una buona ricostruzione storica del Bossam e racconta l’oppressione vissuta dalle donne e dai più poveri in quel periodo.

Fonti: (1); (2); (3).

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Moon Lovers 2 (Alla conquista della Felicità) – Capitolo 11

di Donatella Perullo

Attenzione 

Il racconto contiene spoiler per coloro che non hanno visto il Drama Moon Lovers: Scarlet Ryeo.

Capitolo 11

Quando Kim Sun-hyun sollevò le palpebre, era di nuovo in un letto d’ospedale. Un vocio sommesso gli fece capire che non era solo. Richiuse gli occhi, nella speranza che nessuno si fosse accorto che era cosciente e si concentrò sulle voci, sperando di distinguere quella di Ha-jin. Riconobbe sua madre e suo fratello Joo-hyuk che parlavano con un uomo, probabilmente un medico. Di tanto in tanto le loro voci si facevano più sommesse, nel tentativo di non fargli capire cosa stessero dicendo. D’un tratto passi affrettati gli fecero acuire i sensi e una voce femminile si aggiunse alle altre. Era quella concitata di Choi Eun-ae la sua fidanzata.

Sun-hyun s’irrigidì, l’unica voce che avrebbe voluto sentire era quella di Ha-jin. Cercò di controllare il respiro per non farsi notare, poi sentì il Samjogo divenire gelido.

Allora spalancò gli occhi e si portò una mano al collo per assicurarsi che fosse nascosto. Era di nuovo azzurro e il colore scorreva come fluido opalescente lungo il disegno cesellato. Non se ne meravigliò. Joo-hyuk, loro madre e persino Eun-ae erano identici al passato. Avrebbe capito che erano reincarnazioni anche senza la reazione del monile. Per un istante gli sembrò di essere tornato nel Goryeo. Non fece in tempo a completare il pensiero che il viso di sua madre gli si parò dinanzi e sull’altra sponda del letto lo raggiunse Cho Eun-ae che gli prese una mano fra le sue.

Kim Sun-hyun avrebbe voluto liberarsi dalla presa, ma era cosciente che sarebbe stato sbagliato. Guardò sua madre, poi la fidanzata e chiese:

«Perché mi avete riportato in ospedale?»

«Tesoro» piagnucolò la mamma, accarezzandogli il volto «ti abbiamo trovato privo di sensi. Perché sei fuggito, cosa ti è venuto in mente?»

Il volto di Kim Joo-hyuk si affiancò a quella di loro madre e lo fissò cupo, come se cercasse di leggergli dentro. Sun-hyun ricambiò lo sguardo del fratello maggiore con la medesima intensità, quasi a sfidarlo, e gli chiese: «Che hai da guardare così, hyeong?»

«Ricordi chi sono? Hai riacquistato la memoria?»

“La memoria, già, la mia memoria”, pensò agitato Sun-hyun. “È stato il Samjogo? È merito suo se ora ricordo tutto? Le mie due vite sembrano essere divenute una. Sono Wang So eppure anche Sun-Yun. È così che si sente Ha-jin che ricorda tutto dei suoi giorni da Hae Soo e della sua vita in questo tempo?” Una fitta gli attraversò le tempie. Strinse gli occhi e il viso gli si distorse in un’espressione di dolore.

«Yeobo! Esclamò preoccupata Eun-ae «Ti senti male?»

Sun-Yun  scosse il capo: «Ho mal di testa, lasciatemi riposare vi prego.» e liberò la mano da quella della fidanzata, poi chiuse gli occhi e si girò su un fianco per voltarle le spalle.

«Dottore…» chiamò la madre in cerca di conforto sulle condizioni del figlio. Il medico gli si avvicinò e con voce profonda e rassicurante disse: «Come le spiegavo poco fa, presidentessa Kim, suo figlio ha subito un forte trauma a causa dell’incidente. Per fortuna pare lo stia superando bene, ma ha bisogno di riposo e tranquillità. Pressarlo potrebbe essere controproducente per il suo recupero.»

«Cosa intende dire, che lo sto disturbando?» la voce della presidentessa era divenuta improvvisamente aspra e il tono di sfida. «Lei sa chi è il proprietario di quest’ospedale, vero dottore?»

“Ecco la madre che conosco” pensò Sun-hyun.

«Õmŏni!» intervenne Joo-hyuk, imbarazzato dall’atteggiamento aggressivo della mamma «Il dottore cerca solo di fare il bene di Sun-hyun. Dovremmo dargli ascolto se vogliamo che torni presto a casa e che stia bene.» poi rivolto al medico, accennò un segno di contrizione e si scusò in vece della donna. Seguì qualche istante di silenzio imbarazzato, poi lei si schiarì la voce e tornando melliflua disse: «Mio figlio ha ragione. Dottore spero possa comprendere, sono una donna angustiata dalla preoccupazione.»

«Certo presidentessa. Suo figlio tornerà presto a casa e mi assicurerò che non lasci l‘ospedale se non quando sarà dimesso.»

«Le conviene che sia così, se non vuole perdere il lavoro.» Puntualizzò secca Eun-ae.

«Tranquilla mia cara» affermò la presidentessa «Il dottore ha capito come stanno le cose. Inoltre la stanza sarà sempre controllata da uno dei miei dipendenti. Il nostro Sun-hyun è al sicuro.»

“Le mie due vite sembrano essere divenute una. Sono Wang So eppure anche Sun-Yun. ”

«Mamma ora andiamo, ti prego.» insisté Joo-hyuk «Sun-hyun è in buone mani e ha bisogno di serenità. Ti riporterò qui domattina, promesso.»

La donna fissò il volto del figlio maggiore poi guardò l’altro, ancora raggomitolato su un fianco, con gli occhi caparbiamente chiusi. Sospirò e si arrese: «Andiamo Eun-ae cara, torneremo domattina.»

Sun-hyun sentì i tacchi della madre e della fidanzata allontanarsi, poi percepì l’odore del dopobarba di suo fratello e capì che si era avvicinato. Il fiato di Joo-hyuk gli lambì l’orecchio mentre sussurrava: «Le porto via, fratellino. Mi devi un favore.»

Sun- hyun non rispose. Aspettò prima di riaprire gli occhi e quando si accorse di essere finalmente solo, si mise a sedere. Guardò il medaglione tornare lentamente al suo colore naturale e ringraziò che nessuno si fosse accorto che lo indossava.

Ora che ricordava tutto, aveva capito che Joo-hyuk era la reincarnazione dell’ottavo principe, Wang Wook. Sarebbe stato impossibile non riconoscerlo, era pressoché identico all’uomo che era stato nel Goryeo. Così come aveva riconosciuto sua madre che ora, al contrario che nella vita passata, sembrava amarlo follemente. Ed Eun-ae? Lei era così simile a Lady Hae Myung-hee, la defunta moglie di Wang Wook. Per non parlare di Wang Eun, il decimo principe, che ora era il segretario Lee Baek-hyuk. Mille domande lo assalirono. La storia si sarebbe ripetuta? Joo-hyuk aveva mantenuto l’amore per la letteratura e l’arte che lo avevano distinto come ottavo principe. Conservava anche la sete di potere e l’indole che lo caratterizzavano nella vita passata? Se avesse incontrato Ha-jin avrebbe di nuovo provato a portargliela via? Eun-ae, Lee Baek-hyuk, Joo-hyuk e sua madre, erano parte della sua vita da sempre.

Ora gli sembrava di non averli mai conosciuti e nello stesso tempo, sapere di loro più di loro stessi. Strinse il lenzuolo tra le dita e imprecò. Chi altri di chi lo circondava era la reincarnazione di un membro della sua famiglia? Di chi avrebbe dovuto guardarsi e chi era colui di cui gli aveva parlato l’astronomo? Certo, il Samjogo lo avrebbe aiutato a riconoscere chi ora aveva un aspetto diverso, anche se ancora non sapeva come utilizzarlo. Ora, però, una sola cosa lo metteva davvero in agitazione, il non sapere dove fosse Ha-jin.  La porta si aprì e il medico tornò nella stanza. Sun-hyun gli indirizzò uno sguardo di sconforto e rassegnazione. L’uomo controllò la flèbo, poi gli puntò una piccola luce prima in un occhio, poi in un altro.

«Sembra che lei stia recuperando bene. Ha rischiato molto, lasciando l’ospedale prima del dovuto. Per fortuna non ci sono state grosse conseguenze. Più tardi la sottoporremo a una visita neurologica e domani mattina le farò ripetere la risonanza magnetica. Voglio assicurarmi che il piccolo ematoma intracranico conseguente il trauma si stia riassorbendo. Se posso fare qualcosa per lei, la prego di dirmelo. È lei il mio paziente, se vedere i suoi familiari la disturba ho l’autorità per non consentire visite.»

Sun-hyun gli sorrise grato: «La ringrazio dottor Park. Lei mi conosce da otto anni ormai. Quando mi dimetteranno avrò diverse situazioni da risolvere, anche con la mia famiglia. Poter avere ancora un po’ di tranquillità mi aiuterebbe. Le farò avere i nomi di chi può autorizzare a farmi visita, gli altri sono certo che saprà come tenerli alla larga.»

«Può contare su di me.» assicurò il medico.

«Per ora vorrei vedere Lee Baek-hyuk, il mio segretario, senza che la mia famiglia venga a saperlo. Crede di poterlo rintracciare per me?»

«Certo, signor Kim.» lo rassicurò il medico «Ora però cerchi di riposare. Verrà un’infermiera per medicarla e cambiarle la flebo. Vuole che le dia qualcosa che la aiuti a dormire?»

Sun-hyun scosse il capo: «No grazie. Ho bisogno di pensare e poi mi sento così stanco che non credo avrò difficoltà ad addormentarmi.»

Il dottor Park annuì pensieroso: «Come preferisce.» disse poi, andando via.

Trascorsero solo pochi minuti prima che due infermiere entrassero nella stanza per prendersi cura di lui. Indossavano mascherine chirurgiche e avevano i capelli nascosti dalle cuffie della divisa

Preso dai suoi pensieri, Sun Hyun non le guardò. Lasciò che una gli sostituisse la flebo e poi iniziasse a medicargli la ferita che, nell’incidente d’auto, si era procurato sulla spalla.» L’altra ragazza rimase ferma accanto alla collega, in silenzio. Sun-hyun non fece caso a lei fin quando l’infermiera non ebbe finito il suo lavoro e le disse: «Posso concederti solo qualche minuto. Ti aspetto fuori, ti prego non mettermi nei guai.» La giovane accennò un inchino di gratitudine e guardò l’amica chiudersi la porta alle spalle. In quel momento, incuriosito dalla strana situazione, Sun-hyun guardò l’infermiera e il suo cuore ebbe un sobbalzo: «Ha-jin!»

Lei abbassò la mascherina e si chinò verso di lui, per accarezzargli il viso: «Come stai, amore mio? Ho creduto di impazzire quando Ji-mong mi ha portata via.»

«Sto bene, ora che ti vedo.»

«Oh, Wang So, devo dirti alcune cose importantissime.» era agitata e parlava a fatica. Lui la prese per un polso e con delicatezza la indusse a sedergli accanto. La guardò incantato, poi le prese il viso tra le mani e sussurrò: «Mi dirai ogni cosa, Yeobo, ma dopo. Ora voglio solo baciarti, ne ho bisogno più dell’aria.» poi impresse il suo appassionato sigillo d’amore.

Fine secondo capitolo undicesimo

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Moon Lovers 2 (Alla ricerca della Felicità) – Fanfiction

Questa fanfiction è liberamente ispirata al Drama Coreano Moon Lovers: Scarlet Ryeo. È frutto del lavoro e dell’intelletto dell’autrice. Il suo contenuto è protetto dal diritto d’autore nonché dal diritto di proprietà intellettuale. Sarà quindi assolutamente vietato copiarla, riprodurla, appropriarsene e ridistribuirne i contenuti se non espressamente autorizzati dall’autrice. Fatti e persone descritti nella Fanfiction sono frutto dell’immaginazione. Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale. Copyright © 2021 Korean Drama & World. All rights reserved

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L’Ispettore Reale Segreto(암행어사)

Il controllo del re sulle amministrazioni locali

di Gabriele Discetti

L’ispettore reale segreto (암행어사 – Amhaengeosa) era una carica istituzionale nata sotto la dinastia Joseon. Ogni ispettore reale era nominato personalmente dal re e inviato nelle province, in assoluto incognito, per controllare e monitorare gli ufficiali governativi delle amministrazioni locali. A differenza dei normali ispettori che facevano capo all’Ufficio Generale degli Ispettori, gli ispettori reali facevano riferimento direttamente al re.

Contrariamente a quanto si possa pensare, a essere scelti come ispettori reali erano i più giovani. Questo perché dovevano viaggiare per lunghe distanze. Gli ispettori reali erano in genere trentenni di basso o medio rango, fisicamente forti e caratterizzati da un radicato senso di giustizia. Non avevano nessun legame di sangue con i governatori locali, nonché ottimi risultati agli esami di stato. La loro carica era temporanea, ma avevano il potere di licenziare funzionari locali in nome del re.

La nomina a ispettore reale avveniva tramite una lettera nella quale erano specificate  destinazione e missione da portare a termine. Per assicurare la segretezza della missione, l’ispettore poteva aprire la lettera solo una volta uscito dalla capitale.

Giunto a destinazione, l’ispettore assolveva il suo compito in segretezza. Compiute le indagini, poteva rivelarsi all’amministrazione locale e denunciare le ingiustizie o i crimini commessi dai funzionari. Dopo di ciò, tornava alla capitale e forniva al re un dettagliato resoconto. In esso metteva in luce anche l’umore della popolazione del luogo e forniva raccomandazioni al sovrano per un’amministrazione migliore.

Il titolo di ispettore reale è menzionato nelle fonti ufficiali per la prima volta nel 1555 durante il regno di Myeongjong. Sappiamo però da altri testi che queste figure erano in attività già nel 1509.

Indubbiamente, il sistema degli ispettori reali aveva il merito di ridurre la corruzione degli amministratori locali, i quali avevano sempre il timore di essere segretamente controllati.

C’erano tuttavia alcuni risvolti negativi. Circa il 30% degli ispettori reali non sopravviveva all’incarico. Alcuni morivano uccisi da animali selvatici, altri da banditi e altri ancora assassinati da funzionari corrotti. In più, gli ispettori reali dovevano pagare di tasca propria le spese del viaggio. Spesso erano addirittura costretti a mendicare, pur di mantenere la segretezza del loro incarico.

Durante il regno di Sukjong (1674-1720) gli ispettori reali furono anche sfruttati per eliminare funzionari appartenenti a fazioni avverse alla casata reale.

Si calcola che durante la dinastia Joseon furono nominati circa 670 ispettori reali, anche se, a causa delle scarse fonti dei tempi più antichi, il numero è sottostimato.

Tra gli ispettori reali più noti vi fu Yi Hwang (1501-1570), fondatore di un’accademia confuciana privata e conosciuto con lo pseudonimo di Toegye o Gyeongho. La sua nomina avvenne nel 1542. Fu implacabile e incorruttibile, epurando numerosi funzionari corrotti. La sua rettitudine lo portò a scontrarsi persino con la corte reale. A causa di ciò fu esiliato più volte dalla capitale. Disilluso dalle lotte di potere all’interno della corte, in un primo momento si dimise e lasciò la sua carriera politica. All’età di quarantotto anni, però, accettò la nomina a governatore di Punggi, dove fondò l’accademia confuciana Baekundong Seowon. Durante tutto l’arco della sua vita ricoprì 140 incarichi politici e si dimise settantanove volte.

Altro importante ispettore reale segreto fu Park Mun-su che fu funzionario nel periodo del re Yeongjo di Joseon. Fu celebre per aver trascorso la vita a proteggere il popolo coreano dai funzionari reali corrotti. Park Mun-su superò l’esame di stato nel 1723 e in seguito divenne Ispettore Reale Segreto. È l’ amhaengeosa più famoso nella storia della Corea, tanto da divenire una sorta di figura eroica. Su di lui e sui suoi successi nelle vesti di Ispettore Reale Segreto si narrano molte leggende. Una di esse è la seguente:

Un giorno, mentre percorreva una strada di campagna, sfinito dalla fame, Park Mun-su stramazzò al suolo. Poco dopo passò di lì una donna che era con altre in cerca di erbe e lo soccorse. La giovane che aveva partorito da poco, si rese conto che l’uomo era svenuto per l’inedia. Purtroppo non aveva cibo con sé, così cercò di salvarlo nutrendolo con il suo latte materno. In quel momento, le altre donne che erano con lei alla ricerca di erbe assistettero alla scena e corsero a riferire l’accaduto al marito della ragazza. Furioso, l’uomo iniziò a picchiare sua moglie e Park Mun-su.

Solo quando Park Mun-su gli mostrò il medaglione che lo identificava come ispettore reale segreto l’uomo si fermò e  implorò perdono. Park Mun-su rimproverò il marito e riprese il cammino. Per aver assalito il funzionario reale l’uomo rischiò di essere punito dall’ufficio del governo, ma Park Mun-su lo fece perdonare. Decise anche che avrebbe ricompensato la giovane madre per averlo salvato. Come ricompensa le donò cinquanta acri di risaie, specificando però che i terreni sarebbero stati di proprietà della donna che l’aveva salvato e non di suo marito.

Oggi la figura storica dell’ispettore reale è ritornata in auge nella cultura popolare grazie alle serie tv. Sono numerosi i Drama che ispirati nel tempo a quest’affascinante figura storica. Il Drama Amhaengeosa- Royal Emissary andò in onda settimanalmente dal 1981 al 1986 per un totale di 168 episodi di un’ora l’uno. Nel 2002 L’ispettore Park Mun-su, drama di quindici episodi, fu presentato come remake del drama del 1981 ma pare avesse poco in comune con esso. Nel 2009 vinse diversi premi la commedia romantica Tamra, the Island che era ambientata sull’isola di Jeju, nell’epoca Joseon chiamata Tamra. Il Drama aveva come protagonista maschile Im Joo-hwan nei panni di un ispettore reale segreto.

Più di recente gli Ispettori reali segreti sono tornati a stuzzicare la fantasia degli sceneggiatori. Nel drama Royal Secret Agent (2020), è stato l’attore e cantante Kim Myung-soo (L) a impersonare l’ispettore segreto Yi-gyum, accanto alla protagonista Kwon Nara. La serie racconta le vicissitudini Sung Yi-gyum (Kim Myung-soo), un giovane che lavora nel dipartimento amministrativo e di ricerca dell’ufficio governativo. Quando è sorpreso a giocare d’azzardo, come punizione è nominato ispettore reale segreto e costretto a indagare sulle pratiche corrotte dei pubblici ufficiali. Yi-gyum svolgerà il nuovo lavoro con l’aiuto di Hong Da-in (Kwon Nara), un ispettore donna, e Park Chun-sam (Lee Yi-kyung), il suo servitore. Il drama è stato trasmesso da  iQIYI con sottotitoli in inglese, in Italia è stato tradotto dal RaMa Oriental Fansub.

Ultima in ordine di tempo è la commedia romantica  Secret Royal Ispector  & Joy (2021) visibile su Viki con abbonamento Standard. Vede il cantante e attore Ok Taec-yeon nei panni dell’ispettore segreto reale Ra Yi-eon e l’attrice Kim Hyee-yoon nelle vesti della divorziata Kim Jo-yi. Ra Yi-eon è un impiegato pubblico che amerebbe trascorrere le sue giornate a vendere gnocchi in un piccolo negozio fuori dai territori del palazzo. Per la sua acuta intelligenza, è nominato ispettore segreto. Kim Jo-yi è una donna appassionata che anticipa i tempi e crede nel diritto delle persone a divorziare. Vive in un’epoca in cui le donne non possono nemmeno far parte del registro di famiglia. Sogna, però, di riacquistare la libertà e cominciare una nuova vita. I due si uniscono per combattere a corruzione.

Fonti: (1), (2), (3), (4), (5).

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Titolo: Moon Lovers 2 (Alla conquista della Felicità) – Capitolo 10

di Donatella Perullo

Attenzione 

Il racconto contiene spoiler per coloro che non hanno visto il Drama Moon Lovers: Scarlet Ryeo.

Capitolo 10

Wang So aveva mal di testa. Le tempie gli battevano tanto forte da non riuscire a ragionare. Aveva ascoltato il racconto dell’astronomo e ora si sentiva confuso e stordito da rabbia e preoccupazione. Prese la mano di Ha-jin e la strinse piano, per trasmetterle una sicurezza che neanche lui purtroppo aveva. Ji-mong capì il suo stato d’animo e, posandogli le mani sulle spalle, disse:

«I tuoi fratelli, mio re, sono qui anche loro. Hanno vissuto altre vite e alcuni hanno ritrovato la pace che permette di avere un’esistenza serena, ma non tutti. Tra loro c’è qualcuno che si porta dietro il dolore e la rabbia di quanto accadde in quegli anni. Uno, in particolare, a causa di questa sofferenza, è rimasto preda del male e ne è diventato adepto. È lui che dovete salvare, il suo destino che dovrete cambiare per impedire che l’equilibrio che sorregge quest’epoca non vada perduto.»

«Come possiamo cambiare il destino di qualcuno e soprattutto, come troveremo i principi? Potrebbero essere ovunque.» chiese  Hae Soo ansiosa.

«Proprio tu non dovresti farmi questa domanda. Nessuno più di te sa come cambiare in meglio il destino di qualcuno. Negli anni vissuti al Palazzo con la tua grazia, la generosità e l’affetto sei riuscita a risvegliare le coscienze anche di chi sembrava non averne.»

«Sono stata solo me stessa.»

«Ed è quello che dovrai fare anche ora. Dovrete restare uniti ed essere voi stessi. Insieme scoprirete chi è in balìa del male e lo riporterete verso luce. Solo in questo modo l’anomalia che ha dato origine a tutto ciò sarà annullata e chi l’ha provocata, sconfitto.»

Wang so stringeva ancora il Samjogo e d’un tratto gli sembrò fosse divenuto più freddo, quasi di ghiaccio. Aprì il palmo e lo osservò, un azzurro pulsante aveva preso il posto dell’oro di cui era composto e il monile sembrava emanare uno strano scintillio.

«Ma cosa!?» sobbalzò il re.

«Non temere, è così che comunica con te. Lui è in grado di riconoscere i principi, anche se hanno un aspetto diverso. Ne vede gli animi e li sente quando sono vicini. Quando troverai colui che cerchi, la sua luce diverrà scura. Un viola tetro che non potrai non riconoscere.»

«Quando accadrà, cosa dobbiamo fare?» si preoccupò Ha-ji.

«Il Samjogo sarà la vostra guida, ma anche la vostra arma.»

«Si, ma ora perché è divenuto così?» Wang So non riusciva a capacitarsene.

«Uno dei tuoi fratelli è vicino. Probabilmente fa parte della tua famiglia attuale.  Ti hanno trovato e stanno venendo a prenderti per riportarti a casa. Kim Sun-hyun è molto amato, la sua famiglia è preoccupata.»

«Allora devo andare via, subito!» scattò Wang So.

«No!» Lo fermò Ji-mong «Devi andare con loro. Tu sei Kim Sun-hyun e devi tornare alla tua vita. È così che deve andare.»

«Io resto con Hae So e non vado in nessun posto senza di lei.» sentenziò Wang So a denti stretti, prendendola per mano.

Ji-mong scosse il capo: «Ascoltami mio re, perché ciò che sto per dire è di fondamentale importanza. Indossa il Samjogo, ti porterà ai tuoi fratelli, ti proteggerà e ti guiderà. Saprà come farlo e tu imparerai a seguire la strada che ti indicherà, ma quest’oggetto è molto più di questo. Ti renderà una fenice capace di risorgere dalle sue ceneri e ricomporrà il tuo animo frammentato. Inoltre ricorda, questo monile è anche una chiave. Quella che ti consentirà di chiudere per sempre la porta dietro la quale devi relegare l’Oscuro, quando questi si presenterà.»

Il ciondolo divenne ancora più luminoso.

«Sono vicini. Devo andare via.» si agitò l’astrologo «Usa il Samjogo se vuoi che qualcuno dei tuoi fratelli ricordi il passato. Ricorda, non esiste amuleto più potente!»

Qualcuno in lontananza gridò: «Eccolo, lo vedo! Sun-hyun, Kim Sun-hyun!»

«Ci hanno trovati!» esclamò Ha-jin con voce strozzata dall’ansia.

Wang So sentì il freddo del metallo diventare tiepido, poi pian piano sempre più caldo. Un istante dopo il monile sembrò farsi di fuoco, divenne rosso acceso e gli strappò un grido di dolore.

L’astronomo afferrò Wang So per un braccio e in un tono che non ammetteva repliche gli ingiunse: «Indossa il Samjogo, mio re. Ora! Se non vuoi che tutto sia stato inutile e che il vostro destino sia nefasto!»

La voce che gridava il nome di Kim Sun-hyun ora era più vicina.

Wang So cercò le labbra di Ha-jin e la baciò con trasporto disperato, poi senza bisogno di parole cercò da lei la risposta che cercava.

La giovane annuì, con gli occhi lucidi di lacrime a stento trattenute. Lui allora prese con entrambe le mani la catena del Samjogo e la indossò. Il ciondolo si fermò sulla pelle chiara, nello scollo della camicia appena sbottonata.

Wang So sentì il freddo del metallo diventare tiepido, poi pian piano sempre più caldo. Un istante dopo il monile sembrò farsi di fuoco, divenne rosso acceso e gli strappò un grido di dolore.

Ha-jin urlò disperata. Si avventò sul ciondolo per strapparlo via, ma l’astronomo la trattenne con forza.

«No! È così che deve andare. Non temere per lui!»

Ha-jin  vide Wang So irrigidirsi,  digrignare i denti e gettare il capo all’indietro, poi stramazzare al suolo scosso da convulsioni.

«No, no!» il suo grido disperato sembrò sovrastare persino le cascate variopinte della  Raimbow Fountain. Provò di nuovo a liberarsi della presa dell’astronomo per gettarsi su Wang So, ma le dita dell’uomo sembravano d’acciaio e non lasciarono le sue braccia.

Wang So si contorse ancora per qualche istante, poi la luce del Samjogo divenne più soffusa fino a spegnersi e il corpo del giovane si rilassò, per restare immobile sul selciato, privo di sensi.

«Andiamo via da qui.» ordinò Ji-momg «Stanno arrivando. Sapranno prendersi cura di lui.»

«Non voglio lasciarlo! Voglio essere certa che stia bene!»

«Sta bene, devi fidarti di me. Andiamo via. Ora!» e dicendo questo, la prese di forza e la portò lontana da Wang So.

Fine secondo capitolo decimo

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Moon Lovers 2 (Alla ricerca della Felicità) – Fanfiction

Questa fanfiction è liberamente ispirata al Drama Coreano Moon Lovers: Scarlet Ryeo. È frutto del lavoro e dell’intelletto dell’autrice. Il suo contenuto è protetto dal diritto d’autore nonché dal diritto di proprietà intellettuale. Sarà quindi assolutamente vietato copiarla, riprodurla, appropriarsene e ridistribuirne i contenuti se non espressamente autorizzati dall’autrice. Fatti e persone descritti nella Fanfiction sono frutto dell’immaginazione. Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale. Copyright © 2021 Korean Drama & World. All rights reserved

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Chilseok (칠석), la festa degli innamorati

Il San Valentino estivo in terra coreana

di Gabriele Discetti

Il Chilseok (칠석) è una festività coreana spesso associata al San Valentino occidentale. In realtà molte sono le differenze tra le due. In primis il Chilseok cade il settimo giorno del settimo mese del calendario lunisolare coreano. Pertanto non è una ricorrenza fissa, ma varia di anno in anno. Nel 2021, ad esempio, è stata festeggiata il 14 agosto, nel 2022 cadrà il 4 agosto.

Il Chilseok ha origine dal festival cinese Qixi. Il Qixi è lo stesso da cui deriva il Tanabata, festività giapponese chiamata anche Festa delle stelle o Festa delle stelle innamorate. La festa di Qixi (o Qiqiao) è detta festa del doppio sette, notte dei sette o giorno di San Valentino cinese. Il Chilseok ha mantenuto la tradizione di festeggiare il 7° giorno del 7° mese lunisolare come quella cinese.

Come ogni festività antica, anche il Chilseok trae origine da una leggenda molto suggestiva che sono contento di potervi raccontare.

Un re celeste aveva una figlia chiamata Jiknyeo, la quale era una tessitrice di grande talento. Un giorno la ragazza, mentre era intenta a tessere, vide un giovane pastore di nome Gyeonwu e se ne innamorò.  Il padre permise il matrimonio ma da sposati, presi dal loro amore, i due cominciarono a tralasciare i loro mestieri. Jiknyeo non tesseva più, Gyeonwu non si occupava più delle pecore. Il re infuriato obbligò la coppia a vivere lontani, separati dalla Via Lattea. Era permesso loro di vedersi soltanto un giorno all’anno, il settimo giorno del settimo mese. Solo in quell’occasione corvi e gazze avrebbero creato un ponte sulla Via Lattea per ricongiungere i due amanti.

Si dice dunque che corvi e gazze non abbiano piume sulla testa proprio perché calpestati dai piedi dei due sposi. Inoltre c’è la credenza secondo la quale se il giorno della ricorrenza piove, vuol dire che i due amanti sono felici di vedersi. Se invece piove il giorno seguente, allora vorrà dire che i due sono tristi perché dovranno aspettare un altro anno prima di rivedersi. Non è un caso che la festività cada il settimo giorno del settimo mese. In quel giorno, infatti, le due stelle Vega e Altair sono vicine nella volta celeste e una terza stella, Deneb, che forma un simbolico ponte tra le due.

Il Chilseok cade in un periodo in cui il caldo diminuisce e inizia la stagione delle piogge. Le abbondanti piogge favoriscono le coltivazioni di cetrioli, meloni e zucche, quest’ultime mangiate fritte durante la festività.

Altri cibi tipici di questo giorno di festa sono quelli a base di grano: spaghetti, torte e frittelle. Per i coreani è una delle ultime occasioni di gustare cibi derivati dal grano. Difatti venti freddi  che seguono tale periodo rovinano il grano fino all’anno successivo.

Jiknyeo rappresentata nell’opera “Bride of Wings”dell’artista Kate Adams- Credit Song Kang Art – © Kate Adams

Per i buddhisti il Chilseok è l’occasione per pregare e fare offerte nei templi. In occasione di questa festività, in passato si era soliti pregare per un buon raccolto. Inoltre le donne invocavano lo spirito di Vega, che simboleggia Jiknyeo, per migliorare la propria abilità nel ricamo.

Il Chilseok è l’occasione per gli innamorati di stare insieme, guardare le stelle e mangiare cibi tradizionali.

Fonti (1), (2), (3), (4)

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