Il cibo in Corea del Sud come cura di anima e corpo

Immagine di copertina : Pixabay

di Stefania Frioni

Prima di trasferirmi conoscevo già la cucina coreana, ma da quando vivo qui mi sono resa conto che non è solo buona perché gustosa, lo è anche perché nella maggior parte dei casi è sana e i Coreani nel cibo ritrovano spesso anche il rimedio ideale a un problema. L’Hansik (한식), la cucina coreana, è una vera filosofia. Diverse ricette tradizionali offrono molti benefici e sono considerate salutari per l’organismo, perché il cibo sano rafforza il sistema immunitario e a volte rallenta l’invecchiamento – ecco svelato uno dei misteri per i quali qui moltissimi dimostrano sempre molti anni in meno.

Sicuramente però, ciò che contraddistingue e rende famosa la cucina coreana è il consumo di cibi fermentati.

Avrete immediatamente pensato al kimchi, vero?! Ma anche al makgeolli, magari, il vino di riso fermentato che è una delle bevande più antiche della tradizione coreana!

Nata in passato per necessità poiché non c’era la possibilità di conservare diversamente il cibo, la fermentazione pian piano è diventata una vera e propria tradizione che rende ancora oggi il cibo più digeribili e aumenta i loro benefici sotto molti aspetti.

In Corea del Sud si fermentano diversi alimenti come la frutta e le verdure, ma anche la carne e il pesce che, così trasformati, fungono anche da ottimi probiotici. Il benessere della flora intestinale qui in Corea è una vera fissazione! 

I cibi fermentati coreani si possono dividere in tre categorie: le jang, sono salse e paste a base di soia preparate a partire dalla fermentazione dei fagioli di soia;  i jeotgal  che sono preparati con pesci e frutti di mare e utilizzati sia come contorno che come condimento di zuppe e kimchi. Tra i più comuni c’è quello di gamberetti saeujeot, quello di ricci di mare seonggejeot e quello di uova di merluzzo myeonganjeot; Infine il conosciutissimo kimchi.

Il kimchi più comune è quello di cavolo cinese, il baechu kimchi, ma ne esistono tantissimi tipi a seconda delle verdure e dei condimenti che vengono utilizzati. Tra i più consumati qui ci sono il kkakdugi, che è ravanello coreano con salsa piccante, e il baek kimchi, cavolo cinese fermentato senza aggiunta di peperoncino.

Un’altra caratteristica molto positiva che ho riscontrato nella cucina coreana è che la maggior parte delle pietanze è a base di ingredienti freschi e soprattutto naturali. Ingredienti ricchi di verdure e quindi ottimi, se abbinati a carne o noodles, per tenere sotto controllo la glicemia. Un po’ come nel Sud Italia succede con il frequente abbinamento di pasta e verdure, insomma.

I desserts coreani, poi, sono sempre dolcificati con miele o frutta secca e lo zucchero è utilizzato di rado. Particolare, questo, che personalmente utilizzo spesso come scusa per sgarrare con la dieta.

Come ci si cura con il cibo in Corea del Sud?

Vi fornirò qualche esempio che potrà essere da spunto per sperimentare a casa, se già non lo fate . Uno dei primi piatti che mi viene in mente come rimedio, soprattutto alla spossatezza conseguente l’afosissima estate coreana, è la samgyetang. La samgyetang è una zuppa di pollo al ginseng che risale alla prima metà del 1500 e che personalmente adoro. È servita bollente e unisce le proprietà salutari del brodo di pollo a quelle del ginseng, che è rigenerante, dell’aglio che agisce da tonico e delle giuggiole. Queste ultime proteggono lo stomaco e prevengono l’anemia. Vi starete chiedendo perché con il caldo estivo è servita bollente. Perché i Coreani sono fortemente convinti che “il fuoco si combatte con il fuoco”. D’altronde se ci pensate, anche nel Sahara, gli uomini del deserto vi offrono tè caldo alla menta.

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Ovviamente, se si parla di cibo coreano, non si può non menzionare il kimchi che, oserei dire, è simbolo della Corea.

Come ho scritto poc’anzi, essendo un cibo fermentato è ottimo come probiotico.  Aiuta, però, anche contro alcuni tipi di infiammazioni ed è senz’altro ricco di molti nutrienti. Ecco perché sulla tavola dei Coreani il kimchi non manca mai, ma proprio mai!

Un altro alimento che è presente quasi sempre sulle tavole coreane è l’aglio, soprattutto l’aglio crudo! Lo so, come mi dico sempre, fa benissimo a noi ed è letale per chi ci sta intorno. Nonostante ciò i sudcoreani lo assumono regolarmente sia in molte ricette che crudo, come banchan. La verità è che i sudcoreani hanno il terrore di ammalarsi e l’aglio è un ottimo e potente antibatterico e antivirale. Da quando vivo qui talvolta ne mangio qualche spicchio anch’io e posso assicurarvi che crudo è molto più digeribile.

Fastidi allo stomaco?

Un po’ di cavolo verza in brodo o crudo non condito e si starà meglio. Questo è il rimedio che un collega mi consigliò un giorno in cui il mio stomaco faceva i capricci. La tradizione culinaria vuole, poi, che sia offerta una ciotola di miyeok-guk (미역국o zuppa di alghe alle puerpere. Pensate, questo piatto è servito anche in ospedale come primo pasto alle donne che hanno appena partorito. È usanza, inoltre, che il giorno del proprio compleanno si faccia colazione con il miyeok-guk per ricordare, appunto, il momento della propria nascita.

Il consumo di questo piatto da parte delle puerpere risale ai tempi del regno Goryeo (918 – 1392) e ha origini da una leggenda cinese secondo la quale cibarsi di alghe dopo aver partorito, purifica il sangue.

Contro il raffreddore

Per rimettersi in forze dopo una giornata no, un raffreddore o un piccolo malessere, lo Juk (), il porridge caldo con riso e verdure, è l’ideale. Spesso è arricchito con carne leggera, ad esempio di pollo, o con pesce bianco.

Lo Juk ha un gusto delicato e ingredienti molto leggeri, ma che danno comunque sostanza. Siccome viene venduto già pronto, nella mia dispensa non manca mai! Così come non manca il “Balloon Flower Tea”, che non saprei come tradurre in Italiano, ma che è un portento per curare il raffreddore e soprattutto la tosse. L’ho testato e posso confermarlo.

Un altro porridge molto apprezzato e consumato tradizionalmente come rimedio a lievi malanni, è il Patjuk (팥죽), il  porridge ai fagioli rossi. Il Patjuk si consuma durante il solstizio d’inverno così da infondere l’energia per affrontare il freddo, ma anche per prevenire cattiva sorte e malattie. Il rosso dei fagioli ricorda, infatti, quello del fuoco che scalda.

Infine, non posso non ricordare due rimedi per il dopo sbronza.

I Coreani sono tra i popoli che consumano più alcol al mondo. Cosa che si può notare anche guardando i  loro Drama,  nei quali il soju scorre a fiumi.

Ebbene, non ci crederete, ma in confezioni singole e monouso, qui si vendono, anche nei convenience stores, i protettori per lo stomaco pre-sbronza! Il suo nome è Condition (컨디션) e si beve prima di recarsi a una serata durante ci si aspetta di bere alcol.  

Cosa fare dopo aver bevuto tanto per rimettersi in forma?

Cosa fare, invece, dopo aver bevuto tanto con gli amici o i colleghi per rimettersi in forma?

Il giorno dopo, a colazione, la miglior soluzione amica dello stomaco in questi casi è la Haejang-guk (해장국 ) che letteralmente significa “zuppa per inseguire i postumi di una sbornia” e che consiste in una zuppa calda e piccante a base di carne di manzo, riso, verza, soia, aglio e porri. Pare sia una vera bomba e che faccia stare subito meglio ma, da astemia, non potrò mai confermarvelo. Mia figlia e gli amici mi fanno sapere che però anche un buon piatto di tteokbokki ben piccante è un ottimo rimedio.

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I taxi (택시)  e le Biciclette (자전거)     

di Stefania Frioni

I taxi a Seoul sono tanti e sfrecciano per le strade della città a tutte le ore del giorno e della notte.

Il metodo più veloce è chiamarli direttamente stando in strada e alzando una mano, se se ne vede uno libero. Altrimenti è possibile prenotarli tramite diverse App.

Alcune di queste danno anche la possibilità, comunicando la propria posizione e la destinazione, di conoscere in anticipo il costo della corsa. Al momento della prenotazione si può, inoltre, scegliere la tipologia di auto che si desidera e la sua capienza.  Altro vantaggio è che il tassista quando arriverà da voi sarà già al corrente della destinazione, nel caso aveste problemi nell’esprimervi in Coreano.

Tutti i taxi a Seoul accettano pagamenti con carte di credito o, se ne siete in possesso, con la Tmoney.

Come vi ho raccontanto parlando dei bus, nell’articolo che potete leggere QUI, a Seoul anche i taxi esistono di diversi colori: arancione, grigio, bianco o nero.

I più comuni sono gli Ilban taxi (일반 택시), arancioni per la maggior parte, ma possono essere anche grigi o bianchi. Questi sono quelli di proprietà di un’azienda della quale gli autisti sono dipendenti. Se quest’azienda è Kakao, sul fianco della vettura sono presenti due bande gialle e il disegno di uno dei personaggi di Kakao Friends.

Ci sono poi i Deluxe Taxi (모범택시), generalmente neri, che hanno sul tetto della vettura la scritta 모범 (mobeom). Un po’ come i taxi privati che ci sono in Italia, anche i Deluxe Taxi offrono un servizio più di classe con, di conseguenza, un costo maggiorato rispetto a quello dei taxi standard.

Tra l’altro una curiosità è che questo tipo di taxi non è disponibile in tutte le città coreane.

Esistono, inoltre, anche gli International Taxi. Questi in genere sono arancioni e hanno una scritta evidente che riporta la lingua o le lingue – Inglese, Cinese o Giapponese – parlate dall’autista. Gli International Taxi si trovano spesso all’uscita dell’aeroporto, ma si possono anche prenotare on-line.

La tariffa dei taxi il cui autista parla anche altre lingue oltre il coreano, è di solito maggiore rispetto a quella delle altre vetture. Gli autisti multilingue sono, infatti, considerati un servizio ulteriore offerto dall’azienda.

Le biciclette (자전거)     

Se non si ha una biciclette e si vuole raggiungere una meta o godere di qualche ora all’aria aperta lungo le piste ciclabili, niente paura. A Seoul è possibile, prenotandola tramite un’App molto semplice, utilizzare una bicicletta disponibile in una delle tante stazioni di bike renting della città. Il costo per due ore di utilizzo è di mille Won  – poco meno di 0,75 € –  e la medesima cifra quello di ogni mezz’ora aggiuntiva. Al termine dell’utilizzo, la bici si dovrà poi lasciare alla stazione di bike renting più vicina alla propria destinazione.

Leggi anche: Muoversi in città

Come in Italia, nell’ultimo periodo anche in Corea Del Sud c’è la possibilità di affittare i monopattini, ma se ne vedono ancora pochi. Credo che sia perché molti Coreani, passando tante ore seduti alla scrivania, preferiscano camminare o sgranchirsi le gambe.

INFINE…

Una Curiosità: ai grandi incroci i semafori sono posizionati anche al suolo e questa cosa è utilissima per chi ha perennemente gli occhi puntati sul cellulare.

Spesso, le attese per attraversare durano alcuni minuti per questo nelle prossimità dei semafori ci sono enormi ombrelloni che riparano panchine così che se  c’è molto sole, ci si possa riparare o, se si è stanchi o anziani, aspettare seduti.

Questo è quanto avevo da raccontarvi sul muoversi nella grande, modernissima Seoul e nella verde Corea del Sud: un incastro perfetto di tecnologia e tradizione che permette ai coreani di vivere nelle comodità. La mia sensazione è che quella sudcoreana sia una società all’avanguardia, pur mantenendo il rispetto dei valori e  delle abitudini antiche del suo popolo.              

Camminare però favorisce il languorino, vero? 😊 Continuate a seguirmi, allora, e vi condurrò ad assaporare la cucina coreana, facendo tappa nei diversi tipi di ristoranti, locali e non solo.

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Gli autobus (바스)

di Stefania Frioni

Se anziché utilizzare la metropolitana, si ha voglia raggiungere la meta prefissata godendosi la vista delle strade della città, il mezzo più ovvio è l’autobus. A Seoul ci sono circa novecento linee che coprono in modo capillare tutta l’area cittadina e anche oltre.

Diversamente da come siamo abituati in Italia, dove i pullman cittadini sono tutti dello stesso colore, a Seoul gli autobus sono di quattro colori diversi. I bus delle linee che hanno tratte cittadine lunghe sono di colore blu; quelli che coprono tratte più brevi e che fermano dinanzi alle stazioni delle metro, sono verdi; i pullman che percorrono tragitti solo all’interno di un determinato quartiere sono gialli, mentre gli autobus express che collegano la città alle periferie sono rossi.  Questi ultimi sono molto simili ai nostri pullman.

Fonte immagine (1)

I colori assegnati agli autobus hanno anche un loro significato. A simboleggiare il colore del cielo sopra Seoul e dell’Han River è il blu. Il verde rappresenta le montagne che circondano la città, mentre il giallo figura la dinamicità della capitale e il rosso ne rappresenta l’energia e la velocità. È proprio quest’ultima una caratteristica dei bus delle città coreane. Gli autisti devono essere sempre in orario sulla tabella di marcia e questo, soprattutto nelle ore di punta, è un’impresa spesso non facile. Il viaggio in autobus diventa così una vera e propria avventura, una prova di sopravvivenza!

Pensate che, per non perdere secondi preziosi, spessissimo alla fermata l’autobus arriva già con le porte aperte e i passeggeri devono essere velocissimi a salirvi. Ancora più rapidi bisogna essere ad aggrapparsi a qualcosa. Alla ripartenza o nelle frenate improvvise – vere e proprie inchiodate –, infatti, il rischio di cadere è alto!

Di tutto ciò sono testimone diretta, poiché per recarmi in ufficio, prendo l’autobus ogni giorno. 😊

Poiché, come vi dicevo, il numero delle linee è elevato, sono molti anche gli autobus che si fermano alla stessa fermata. Qui c’è un monitor coloratissimo che mostra in tempo reale lo stato della linea. Sul video il viaggiatore può vedere a quante fermate di distanza si trova l’autobus e quanti minuti mancano al suo arrivo.

Attenzione però! Proprio perché a ogni fermata si fermano molti autobus, non sempre chi attende deve salire su quello che arriva. Onde evitare che l’autista tiri diritto per non fermarsi inutilmente, vi consiglio di alzare la mano come si fa per chiamare i taxi a New York. 😊

Come in metropolitana – avete letto il mio articolo? In caso contrario lo trovate QUI –, anche sugli autobus spesso i sedili hanno colori diversi in base alle persone alle quali sono destinati. In un angolo del bus ci sono sempre un cestino o un secchio per la spazzatura, che i viaggiatori utilizzano diligentemente.  In prossimità delle porte, poi, è affissa la foto dell’autista corredata del suo nome e della licenza di guida.

Il viaggio in autobus è spesso rallegrato dalla musica proveniente dalla radio o dagli schermi tv installati sul mezzo. Questi ultimi mandano in onda anche simpatici cartoons che ricordano le norme comportamentali da seguire sui mezzi pubblici. Tra queste ci sono: il salutare con un inchino l’autista, il non parlare al telefono a voce alta e il non mangiare o bere a bordo.

Sugli autobus più moderni  è possibile trovare anche postazioni dove ricaricare il proprio telefono cellulare.

Uno degli autobus che percorre spesso per le strade e attraversa i quartieri delle grandi città è senz’altro lo scuola bus. Qui in Corea del Sud, però, lo scuolabus non è utilizzato solo per condurre i bambini a scuola. Il suo compito è anche quello di  accompagnarli nelle diverse strutture presso le quali i giovanissimi studenti svolgono attività extrascolastiche, praticamente obbligatorie in questo Paese.  Non è raro, infatti, vederli, anche a tarda sera, sostare in attesa di riportare a casa  – finalmente dico io – i piccoli studenti.

 Uno scuolabus

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La metropolitana (지하철)

Dai treni alle stazioni, un mondo tutto da scoprire

Immagine di copertina : Mtattrain, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

di Stefania Frioni

Le stazioni della metropolitana di Seoul

Le stazioni della metropolitana di Seoul sono modernissime e molto pulite. Non è raro vedervi addetti alle pulizie lavare i pavimenti o lucidare i corrimani delle scale. Ovviamente lo stesso vale per i vagoni della metro e, ci tengo a dirlo, anche le toilette sono impeccabili. In alcune stazioni, nei bagni riservati alle donne, ci sono addirittura comode poltroncine, specchi per rifarsi il trucco e quadri alle pareti.

Ovunque, l’acceso ai treni è anti suicidio, quindi con doppia porta a vetri scorrevole.

L’entrata delle stazioni è ben visibile e contrassegnata dal nome della stazione e dal numero dell’entrata – che è poi anche l’uscita. C’è sempre l’ascensore e spessissimo è presente la scala mobile.

Le indicazioni sono sempre molto chiare. Pensate che a Gangnam, ad esempio, le informazioni riguardanti la stazione della metropolitana più vicina e l’eventuale presenza di fermate dell’autobus con i relativi numeri di linea sono anche sui marciapiedi.

Le stazioni della metropolitana più grandi e quelle che si trovano in zone più trafficate, poi, sono dei veri e propri centri commerciali sotterranei. In esse si trovano negozi di ogni genere e locali che possono soddisfare il palato di ogni viaggiatore. Sapete, per i Coreani – e non solo  – ogni momento è buono per uno snack. Inoltre non mancano dei comodissimi distributori di acqua ai quali ci si può dissetare gratuitamente. Una comodità non da poco.

Con l’aria condizionata d’estate e il riscaldamento d’inverno, sono spesso una comoda meta per lo shopping low cost.

I servizi principali come cibo, bevande e toilette sono, comunque, disponibili anche nelle stazioni minori.

Ogni stazione della metropolitana ha più uscite, alcune anche sino a sedici, che sono indicate molto chiaramente. Ognuna di esse è sempre corredata di cartelli che segnalano cosa troverete all’esterno o quali mete sono raggiungibili da quel punto.

Nelle stazioni più frequentate, come quelle di Gangnam o Hongdae, i cartelli sono touch screen. Sono consultabili in quattro lingue e mostrano anche la mappa della stazione stessa, le fermate degli autobus e le stazioni di bike renting più vicine.

Nella maggior parte delle stazioni della metropolitana non ci sono i tornelli, come li conosciamo noi. Non si vedono mai persone impegnate in salti mortali o voli acrobatici per evitare di pagare e nell’ora di punta si fa la fila, aspettando rispettosamente che tutti accedano. Quando si passa la tessera per pagare il pedaggio, sullo schermo viene visualizzata sia la somma scalata che il saldo residuo. Lo stesso avviene sugli autobus.

Se sei un turista di passaggio e hai con te le valigie o, semplicemente, se hai fatto acquisti e non vuoi passeggiare per la città carico di buste, in alcune stazioni puoi approfittare dei lockers. I lockers sono armadietti dove depositare i propri bagagli. Sono sicuri, si pagano con carta di credito e a ognuno di essi viene assegnato un codice per poterlo poi riaprire. Tutto molto semplice.

Un aspetto che adoro di Seoul, e delle altre grandi città coreane, sono le piste ciclabili e pedonali. Sono chilometriche e attraversano le città o corrono lungo i loro fiumi.

Per questo è molto frequente che in metro salgano anche ciclisti e chi ha progettato le stazioni, ha pensato anche a loro.

Infatti, laddove mancano gli ascensori per raggiungere i binari, lungo le scale c’è sempre un’apposita guida, dove inserire le ruote e accompagnare la propria bicicletta. Stessa cosa se si ha con sé una valigia pesante, ma questo solo in poche stazioni.

In alcune stazioni ci sono indicazioni sulla corsia da seguire, cosa utile soprattutto nelle ore di punta durante le quali l’afflusso di persone che attraversa il sottosuolo di Seoul è enorme. In questi frangenti, in una città di oltre dieci milioni di abitanti la disciplina e l’ordine sono indispensabili.

Ciò che sto per dirvi ora, sono certa che vi sorprenderà. Se durante il tragitto che porta ai treni incontrerete il tapis roulant che si trova in alcune stazioni e deciderete di non utilizzarlo, camminando avrete il piacere di sapere quante calorie state bruciando.

È noto che i Coreani tengono alla forma fisica, ma anche che sono un popolo fondamentalmente abbastanza pigro. Per questo messaggi di questo tipo si trovano anche sugli scalini delle stazioni della metro o lungo i muri di alcune piste pedonali. Insomma, un incitamento al movimento!

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Arrivati ai treni, spesso si trovano grandi riquadri luminosi che indicano su quali carrozze si può entrare con la bici o le valigie. Identificano anche il vagone con l’aria più fresca e finanche la tipologia di sedili disponibili. Siete sorpresi? Eppure è proprio così!

I vagoni della metropolitana

Sulla metropolitana, e molto spesso anche sugli autobus, i sedili hanno colori diversi, a secondo chi ci si può sedere. Inoltre, per le donne in dolce attesa in alcune carrozze sul sedile c’è anche un simpatico pupazzo. Se poi la futura mamma non ha ancora il pancione, ha la possibilità di appendere alla propria borsetta una targhetta rosa che indica il suo stato.

Se trovaste libero solo uno dei posti dedicati agli anziani, potreste occuparlo, ma tenendovi pronti a scattare in piedi qualora dovesse arrivarne uno. In ogni caso una halmeoni 할머니 (nonna) o un hal-abeoji 할아버지 (nonno) non farebbero troppi complimenti nell’ordinarvi di alzarvi e cedere il posto. Qui gli anziani non scherzano!

A volte una stessa linea può avere la versione Express, che fa meno fermate, o standard. La differenza è indicata da un simpatico personaggio e dai suoi fumetti e dalla segnaletica sul pavimento che ricorda anche dove mettersi in fila.

In alcune stazioni, poi, possiamo vedere in tempo reale sui monitors, dove si trova il treno che aspettiamo e quanto manca perché arrivi alla nostra stazione. Sul video un trenino avanza mostrando l’incedere del convoglio. L’arrivo di ogni treno è sempre annunciato da una simpatica musichetta, così anche i più distratti non rischiano di rimanere a piedi.

Su alcune linee possiamo trovare maniglie appiglio o portabagagli adeguati alle diverse altezze dei passeggeri. Spesso, durante il viaggio, sui monitors scorre il video del personaggio dei cartoni animati Pororo 뽀로로. Il simpatico pinguino ricorda le norme di comportamento che si devono seguire sui mezzi pubblici, aiutato anche da un interprete del linguaggio dei sordomuti.

Ho una chicca finale per questo racconto dedicato alla metropolitana coreana. Su alcuni sedili potete trovare l’indicazione che quei posti in estate sono meno raggiunti dall’aria condizionata rispetto gli altri. Sapete, qui in Corea l’aria condizionata fa invidia al Polo Nord. Per questo, sapere che su quei sedili la temperatura sarà maggiore di un paio di gradi rispetto agli altri, può essere molto utile.

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La Danzatrice di Seoul (리진)

Una storia di fantasia che, attraverso gli occhi della protagonista, narra di un’epoca e di personaggi reali

di Donatella Perullo

Titolo: La Danzatrice di Seoul

Categoria: Narrativa

Genere: Fiction storica

Autore: Kyung-sook  Shin (신경숙)

Titolo originale: 리진  – edito nel 2007

Editore: Piemme

Collana:

Anno: 2019

Copertina: Cartonato con sovraccoperta  

Numero di pagine: 422

ISBN: 978885666949

È il 1869 quando nel villaggio di Banchon, in Corea, nasce Jin. La piccola vive con sua madre in una casa all’ombra di alberi di pero che in primavera esplodono di candidi fiori. Purtroppo cinque anni dopo, alla fine di un duro inverno di malattia, la mamma di Jin muore, lasciandola sola al mondo. Da quel momento, è donna Suh a prendersi cura di lei. Donna Suh vive sola da quando ha abbandonato il tetto coniugale per non essere riuscita ad avere figli. È un’abile sarta e sua sorella minore, dama di corte, le porta lavoro dalla sala ricami del Palazzo di Sungkyunkwan. Mossa da un forte e incompiuto istinto materno, Donna Suh è felice di riversare tutto il suo amore sulla piccola orfana. Oltre a essere molto bella, la bambina è intelligente e capace di imparare con estrema facilità qualsiasi cosa le sia insegnata.

“Sospirò. Che vita attendeva una bambina coreana tanto intelligente?”

Un giorno la sorella di donna Suh, si offre di introdurre Jin al palazzo. Ciò, a suo dire, le permetterebbe di avere un’educazione e una vita dignitose. Suh accetta a malincuore e questa decisione cambierà il destino della bambina. Jin non tarderà, infatti, a conquistare il cuore della regina Min, donna forte e destinata a contrastare l’influenza giapponese in Corea. La regina non ha figli e inizia a richiedere sempre più spesso la presenza della bimba al suo fianco.

Tutte le sere Jin torna a casa da donna Suh che per arrotondare è solita fittare una stanza ai viaggiatori. Un giorno ospita il missionario francese padre Blanc e Yeon, il piccolo orfano di cui questi si occupa. Yeon è poco più grande di Jin, non parla ma sa suonare alla perfezione qualsiasi strumento. Tra i due bambini nasce un affetto indissolubile. È qui che la storia ha un salto temporale.

Immagine tratta dal Drama “The Tale of Nokdu” (2019)

Jin è divenuta una giovane donna, dama di corte nonché la danzatrice più brava di Corea, capace di incantare chiunque con la sua arte. Un giorno giunge a Palazzo Victor del Plancy, diplomatico francese. L’uomo è folgorato da lei al primo fugace incontro, ma è quando la vede ballare la danza dell’Oriolo a primavera, che cuore e mente ne sono stregati. Se ne innamora al punto da desiderare di portarla con sé in Francia.

“Era stato solo un istante, ma gli occhi scuri della damigella di corte gli stringevano il cuore in una morsa. Era stato come ritrovare un orologio perduto da tempo immemore.”

Immagine tratta dal drama  “Love in the Moonlight” (2016)

Così la vita di Jin subisce una nuova svolta irreversibile. Victor de Plancy riesce a ottenere dal re il permesso di condurre la ragazza in Francia. Qui lei scoprirà una nazione dalle convenienze meno rigide della Corea e una cultura del tutto diversa dalla sua. A Parigi sarà ammirata, ma mai realmente accettata e considerata. Questo, lentamente, la cambierà. Fino a non essere più la fanciulla partita dalla Corea, portando con sé, come fossero amuleti, i regali dell’amica Soa. Lontana dai suoi affetti più cari, dagli abbracci di Suh e dal tormentato amore di Yeon, le basterà la presenza di Victor? L’uomo si dimostrerà attento e affezionato così com’era stato a Seoul? E quando, qualche anno dopo, nel 1985, Jin farà ritorno in una Corea che affronta la dolorosa fine dell’epoca Joseon, quale sarà il suo destino?

“Ma il cuore umano quando ha uno stagno desidera un ruscello, e quando ha un ruscello desidera un fiume, e quando ha un fiume desidera l’oceano.”

Immagine tratta dal drama  “Love in the Moonlight” (2016)

Con La danzatrice di Seoul Shin ci regala un romanzo poetico, leggiadro e doloroso allo stesso tempo. L’autrice dipinge l’affresco nitido di una Corea che vive la fine di un’epoca, tormentata dall’essere contesa da Giappone e Cina. Lo fa, per quanto fatti storici narrati siano liberamente interpretati, con una dovizia di dettagli tale che al lettore sembrerà di essere al fianco della danzatrice, di vivere con lei ogni momento e condividerne le sensazioni.

Attraverso gli occhi intelligenti di Jin, Kyung-sook Shin ci descrive colori, paesaggi, natura, usanze e cultura di un Paese antico. Le sue descrizioni precise e minuziose accompagnano le vicende, adeguandosi al loro ritmo e consentendoci di vivere un racconto tridimensionale.

Danzatrici – Immagine tratta dal libro En Corèe

Il periodo trascorso a Parigi dalla protagonista ci parla di una Francia che vive al motto dell’uguaglianza, ma che nonostante ciò fa sentire Jin sradicata dalla propria natura e mai realmente integrata. La danzatrice di Seoul è dunque anche il racconto di un’epoca, l’ottocento, visto dal punto di vista di due nazioni distanti fisicamente quanto culturalmente. La prosa evocativa dell’autrice è al contempo lieve e sapiente ma capace di divenire impetuosa quando gli avvenimenti narrati lo chiedono. Leggendo La danzatrice di Seoul si viaggia nello spazio e nel tempo, ma soprattutto negli animi dei suoi personaggi. Alcuni dei quali resteranno indelebili, come il ricordo di persone care.

Per creare la storia della leggiadra e triste danzatrice Jin, l’autrice ha dichiarato di essersi ispirata alla protagonista di un breve racconto pubblicato a Parigi e risalente al 1905. Lo scritto di appena una pagina e mezza, si trova all’interno del volume En Corée scritto da Hippolyte de Frandin, diplomatico francese e fotografo. Leggendo della danzatrice coreana Lin Jin, come persona realmente esistita, Kyung-sook Shin si è sentita travolta dalle sue vicende. La personalità di quella giovane l’ha colpita tanto da farle sentire il desiderio di ridarle vita attraverso la sua scrittura. Nella nota riportata al termine del libro, l’autrice narra con trasporto la genesi del romanzo e soprattutto del suo immenso affetto per la danzatrice. A suo dire Lin Jin le è entrata nel cuore al punto da desiderare di “salvare la donna intrappolata in quella pagina e mezza”.

Hippolyte de Frandin – autore foto sconosciuto

Ha iniziato così a fare studi approfonditi su di lei e sul periodo storico nel quale ha poi ambientato La danzatrice di Seoul. Si è anche recata più volte a Parigi per consultare documenti e vivere quei luoghi, prima di condurci noi. Un lavoro certosino di ricerca che le ha permesso di donarci un racconto sì di fantasia, ma ricco di dettagli storici e personaggi realmente esistiti. Così, ad esempio, padre Blanc è stato realmente il vescovo dell’arcidiocesi di Seoul dal 1884 al 1890 e Victor Collin de Plancy un diplomatico francese. Quest’ultimo ha trascorso gran parte della sua vita lavorativa in Corea dal 1884. Egli era anche un grande collezionista di opere d’arte e antichità. La sua collezione privata di arte dell’Estremo Oriente fa parte della collezione coreana al Musée Guimet di Parigi.

Victor del Plancy  – Fonte foto (1)

Eppure Kyung-sook Shin ha chiarito che La danzatrice di Seoul non è un romanzo storico, ma una storia che parla di persone ed è questo, in effetti, il suo punto di forza.

Non si sa se la danzatrice Lin Jin che Kyung-sook Shin ha scoperto attraverso il racconto di Frandin sia realmente esistita. Se così non fosse, però, grazie a lei è divenuta viva, reale e destinata a restare nei nostri cuori.

L’autrice Kyung-sook Shin

Kyung-sook Shin è stata la prima autrice sudcoreana a vincere nel 2012 il Man Asian Literary Prize con il romanzo Prenditi cura di Lei. È tradotta in quarantasei Paesi ed è considerata una delle autrici più importanti di Corea. Nata nel 1963 in un villaggio nel sud della nazione, a sedici anni si è trasferita a Seoul con il fratello maggiore. Il suo debutto letterario è avvenuto nel 1985 con il romanzo Winter’s Fable, dopo il diploma al Seoul Institute of the Arts in scrittura creativa. Con Winter Fables  ha vinto il Munye Joongang New Author Prize, solo il primo di una lunga serie di riconoscimenti.

La mia valutazione
8/10
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L’etichetta in Corea del Sud

Piccolo vademecum per non trovarsi in difetto con le abitudini del Paese del Calmo Mattino

di Stefania Frioni

Quando sono arrivata per la prima volta in Corea, mia figlia, che già ci viveva, mi ha fatto una vera e propria lezione di etichetta. Pensate, nei primi livelli del corso di Coreano per stranieri che ha frequentato alla SNU, questo era persino argomento di lezione. Ciò la dice lunga su quanto le tradizioni e le regole siano importanti in Corea. Onestamente, devo dire che ci si abitua quasi subito e personalmente trovo giusto adeguarmi al Paese che mi ospita e dove ho deciso di vivere. È anche meglio per me stessa, mi fa sentire più a mio agio e, da straniera, anche più accettata e rispettata. Premetto che agli stranieri arrivati da poco qualche imprecisione o mancanza è perdonata, ma se si è residenti da un po’, storcono il naso, soprattutto gli anziani.

Detto ciò e visto che con voi voglio condividere ogni mia esperienza, perché non darvi qualche dritta per essere super preparati al vostro prossimo arrivo sul suolo coreano? Ecco allora una lista di quelle che sono le regole principali e di cui faccio tesoro ogni giorno anch’io:

Salutare o ringraziare con un inchino.

Il Cast del Drama Goblin ringrazia il pubblico a una conferenza stampa nel 2016

Com’è noto e avrete sicuramente notato nei Drama, in Corea – come in Giappone – quando si saluta o si ringrazia, l’inchino è segno di educazione e rispetto. Soprattutto quando il confronto avviene tra generazioni o status sociali diversi, ad esempio capo e impiegato, negoziante e cliente, giovane e più anziano. È una regola ormai insita in questo popolo e devo dire che da subito mi è venuto naturale rispettarla. Gli inchini sono diversi a seconda che il legame sia più o meno formale. Perciò l’impiegato al proprio capo, il negoziante al cliente o il giovane al più anziano s’inchinerà in modo più profondo e senza mai guardare l’altro negli occhi. Questo denoterebbe, infatti, mancanza di fiducia e quindi di rispetto.

In rapporti meno formali, come quelli tra studenti, colleghi o amici di diversa età, sarà sufficiente chinare solo la testa. Se vi dovesse capitare anche, ad esempio, che qualcuno vi dia la precedenza per salire sulle scale mobili o su un mezzo pubblico, un semplice gesto della testa sarà perfetto e educato.

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Quando si paga, mai lasciare i soldi sul banco e usare sempre entrambe le mani.

Anche questa è una regola di etichetta molto importante da ricordare. Confesso che ogni tanto me ne dimentico e mia figlia me lo ricorda con una gomitata ;). Quando si è alla cassa, i soldi o la carta di credito vanno sempre consegnati con entrambe le mani e con un leggero inchino. Lo stesso faranno la cassiera o il cassiere quando vi renderanno carta, resto o scontrino e voi li riceverete in egual modo. Medesima regola varrà qualora, per esempio, dobbiate consegnare o ricevere un biglietto da visita. Mi è capitato al lavoro e, onestamente, fra inchini e non saper come coordinare il dare e l’avere il biglietto, la cosa si è rivelata buffa. Mi sa che dovrò allenarmi.

La stessa regola vale anche per altri oggetti, sempre in condizione di status diverso per età, anche un solo anno di differenza, o posizione sociale.

Mai lasciare la mancia

In Corea del Sud, se si è soddisfatti del servizio, è sufficiente ringraziare e fare un bell’inchino. Qui elargire la mancia è segno di maleducazione, oltre che essere illegale.  Soddisfare il cliente è, infatti, un dovere e fa parte del proprio lavoro.

Rispettare chi è più anziano di noi

Lo avrete notato nei Drama: in Corea è fondamentale mostrare rispetto verso gli anziani o chi è maggiore di età, anche solo di un anno. Questo è addirittura evidenziato dai termini specifici riservati dal proprio interlocutore a ogni persona in una conversazione, a seconda che sia donna o uomo, ma anche un ragazzo o una ragazza. Da straniero che non parla ancora bene il Coreano, basterà semplicemente ricordarsi di rispettare chi è più anziano.

Togliersi le scarpe

Anche questa è un’abitudine che abbiamo visto più volte nei Drama. Sin dall’antichità, infatti, in Corea, come in Giappone, ci si toglie le scarpe per entrare in casa, nei templi, in molti uffici o in alcuni locali.

Questo innanzitutto per una questione igienica, poi perché in Corea del Sud tutte le case hanno il pavimento di legno e sin dal passato più remoto, si usa sedersi a terra anziché su un divano. Oggi, come in passato, in molte case ci sono tavolini bassi ai quali è prassi accomodarsi, per esempio, per condividere il cibo. Anche in molti ristoranti o caffè, dove il pavimento è in legno, di solito si mangia seduti per terra. Chi ha letto il mio primo articolo sui mezzi pubblici, comprenderà ora perché moltissimi coreani indossano ciabatte, molto più comode da togliere e mettere, per andare in giro.

Tre semplici regole da rispettare a tavola

Anche a tavola, come noi del resto, i coreani rispettano alcune regole e tre di queste sono semplici da ricordare. La prima è che quando serviamo da bere è buona cosa farlo tenendo la mano sotto il gomito del braccio che allunghiamo, come per sorreggerlo. Questo dettame arriva sin dai tempi dell’era Joseon. Allora, chi serviva da bere, per non intingere nei piatti la lunga manica del braccio che allungava verso i bicchieri, la tratteneva con una mano. Interessante come si tramandino le usanze nei secoli, vero? Un’altra abitudine e regola è quella di mangiare con un braccio sotto il tavolo e non sul tavolo come, invece, siamo educati a fare noi. Qui è segno di rispetto e educazione, soprattutto se a tavola con noi c’è una persona anziana o di status superiore al nostro. La terza norma da ricordare a tavola è di non avvicinare mai la ciotola alla bocca se vogliamo servirci il riso o il brodo con bacchette o cucchiaio. Saremo noi, piuttosto, ad abbassarci verso la ciotola che rimarrà sul tavolo.

Mai accavallare le gambe di fronte a una persona anziana

Ciò è considerato gesto di grande maleducazione! Per questo sarà bene ricordarsi di sedere con le gambe e le ginocchia unite.

Non parlare ad alta voce o al telefono se si è tra la gente

Questa è una regola che ahimè da noi in Italia pochissimi osservano. Qui in Corea del Sud, soprattutto sui mezzi pubblici o negli uffici, è invece molto osservata. È raro vedere persone al telefono e se accade, queste parlano sotto voce, tanto che a volte mi chiedo se dall’altra parte riescano a sentire ciò che dicono. La medesima regola è osservata se si conversa in presenza di altre persone.  Si fa a un tono molto misurato, per non dar fastidio ai vicini. C’è da dire che a volte le persone anziane non rispettano questa consuetudine e per questo ricevono sguardi di disapprovazione, anche se comunque la cosa viene loro perdonata.

Non “risucchiare” rumorosamente quando si mangia.

Contrariamente a quanto si pensi, anche in Corea il risucchio rumoroso è segno di maleducazione. Quando si mangiano ramyeon o zuppe molto calde il risucchiare è tollerato perché sarebbe impossibile non farlo, ve lo garantisco. È buona norma, però, cercare di fare il minor rumore possibile. Ancora una volta, agli anziani, soprattutto agli uomini, si concedono strappi alla regola e così, vi assicuro, si subiscono dei veri e propri concerti.

Al contrario di come facciamo noi…

Non stupitevi o infastiditevi se, al contrario di come prevede la nostra educazione, le persone non tengono la porta per farvi passare, se si accorgono che siete dietro di loro; tossiscono senza mettere la mano davanti alla bocca e, in questo caso, il fatto che indossino la mascherina se sono malaticci è un’ottima cosa; vi travolgono nella folla senza chiedere permesso; si tolgono le scarpe e si mettono con le gambe incrociate sulla sedia, soprattutto i giovanissimi, anche dove non è previsto, come nei caffè; vi fanno domande molto personali all’inizio di una conoscenza, soprattutto sull’età. Queste domande riguardanti l’età, vengono fatte per capire com’è più giusto rivolgersi a voi in termini di formalità.

Bene, le cose da dire erano tante! Spero però che abbiate trovato interessanti queste informazioni, che vi avvicinano ancor di più alla cultura coreana. Mi auguro che le troverete anche utili, com’è successo a me, per sentirvi sul pezzo quando verrete in Corea.

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Muoversi in città

I mezzi pubblici, ma non solo.

di Stefania Frioni

Seoul è considerata la città con il trasporto pubblico meglio organizzato al mondo. Questo soprattutto grazie alle ventidue linee di metropolitana che la attraversano, alle relative settecento stazioni (!!) e alle sue circa novecento linee di autobus.

La TMoney è una prepagata a scalare che si può utilizzare in tutta la Corea. È facilmente ricaricabile sia nelle stazioni della metropolitana sia nei convenience stores ed è valida in tutte le città. Pensate, può essere utilizzata anche per pagare il taxi!  

Come dicevo, è una carta a scalare, per cui ogni volta che si utilizza, è decurtato dal credito l’importo relativo alla tariffa del mezzo che si sta utilizzando. Se si effettua il cambio entro trenta minuti, la TMoney consente di non pagare il passaggio di linea o di mezzo. Perché ciò avvenga, è necessario ricordarsi di validare la carta, avvicinandola all’apposito lettore, sia quando si sale – passaggio comunque obbligatorio – che quando si scende da ogni mezzo.

La T-Money Foto di Stefania Frioni – Korean Drama & World ©

È possibile ottenere la Tmoney Children – 6-12 anni – o la Tmoney Youth  – 13-18 anni -presentando il passaporto del minore all’acquisto della tessera. Qualora, alla fine del viaggio,  sulla tessera ci fosse ancora  un importo, ci sono due soluzioni tra le quali optare. La prima è che conserviate la TMoney per un altro eventuale viaggio in Corea del Sud. La tessera non scade mai, mentre l’importo residuo resta valido per cinque anni. La seconda soluzione è quella di richiedere il rimborso dell’importo residuo. In questo caso dovrete rivolgervi agli uffici Tmoney presenti in alcune stazioni metropolitane. Non sarà rimborsato il valore della tessera e ci sarà una cifra trattenuta pari a 500 Won. Cifra questa che, nel momento in cui scrivo,corrisponde a 0,35 cent.  di Euro.

A Seoul, sui mezzi pubblici scritte e annunci sono sempre in hangul, inglese, cinese e giapponese.

La metropolitana è in funzione sino a mezzanotte, ma gli autobus viaggiano fino a notte fonda. Per questo c’è sempre un modo per tornare a casa, anche per i nottambuli, soprattutto contando che i taxi sono reperibili ventiquattro ore su ventiquattro.

Segnaletica multilingua -Foto di Stefania Frioni – Korean Drama & World ©

Ci tengo a dirvi, però, che la regola numero uno per muoversi nelle grandi città coreane è: essere pronti a camminare tanto, anzi, tantissimo! Spessissimo, infatti, le distanze sono lunghe.

Per raggiungere scuola, lavoro o semplicemente un luogo di svago, possono essere necessarie anche due ore. Bisogna, infatti, utilizzare più mezzi pubblici, con diversi cambi di linea tra i quali percorrere lunghi a tratti a piedi. Anche il transfer tra una linea e l’altra della metro, ad esempio, può implicare di dover camminare per alcuni minuti.

Ecco svelato uno dei motivi per cui i Coreani, soprattutto i Seouliti, utilizzano scarpe comodissime e con questo intendo anche ciabatte, sia d’estate sia d’inverno!

È, infatti, rarissimo incontrare donne con tacchi vertiginosi e capita che uomini in giacca e cravatta si presentino con ai piedi un bel paio di ciabatte da doccia o zoccoli di gomma! La cosa che trovo ancora stramba è che nessuno ci fa caso.

Una volta un’amica coreana di mia figlia, ridendo ha detto: «Noi Coreani siamo pignoli nel vestire, ma poi quando arriviamo ai piedi ci perdiamo». La cosa mi ha fatto sorridere ma, pensandoci, suppongo che il motivo è anche da ricercare nel fatto che ai Coreani piacciono le comodità.

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Le Hahoetal (하회탈)

Le tradizionali maschere simbolo della cultura coreana

di Donatella Perullo

Le Hahoetal sono tradizionali maschere coreane, considerate tra gli emblemi più rappresentativi della cultura del Paese e classificate come Tesoro nazionale n. 121. La più antica di queste maschere è esposta nel Museo Nazionale della Corea. Le Hahoetal raffigurano i personaggi messi in scena durante l’Hahoe Byeolsin gut Mask Nori. Patrimonio dell’UNESCO, quest’ultimo è una cerimonia eseguita, sin dalla metà del dodicesimo secolo, dagli abitanti del villaggio di Hahoe e di Byeongsan. La rappresentazione si svolge tra dicembre e gennaio, per onorare la dea Seonangshin e chiederle di concedere ai residenti una vita prospera. L’origine esatta delle maschere Hahoe non è del tutto nota, ma esiste una suggestiva leggenda che narra la loro creazione:

Una notte un giovane di nome Huh sognò una divinità protettrice che gli ordinò di creare, in cento giorni, dodici maschere, restando in totale isolamento. Deciso a onorare il volere della divinità, il ragazzo fece un bagno purificatore e appese al cancello principale una corda di paglia per allontanare gli spiriti maligni. Dopo di ciò, si chiuse in casa per assolvere il compito affidatogli. La fidanzata di Huh, una giovinetta di diciassette anni appartenente alla famiglia Kim, sentiva tantissimo la mancanza del suo amato. Impaziente di rivederlo il novantanovesimo giorno la ragazza si avvicinò alla sua casa. Andò a una finestra di carta e per spiarlo di nascosto, fece un piccolo foro con un dito.

La maschera Hahoetal rivisitata dall’artista ©Kael Ngu – credit Artstation.com

In quel momento, Huh stava lavorando all’ultima maschera, quella della serva Imae, alla quale mancava ancora il mento. Non appena la giovane vide il suo amato, infrangendo il volere della divinità, lui iniziò a sputare sangue e morì. A quel punto, la giovane innamorata, resasi conto di ciò che era appena accaduto al suo amato, si spense di crepacuore. Mossi a compassione, gli abitanti del villaggio eseguirono un esorcismo che permise alle anime dei due innamorati di essere elevate al rango di divinità e sposarsi nell’aldilà. La fanciulla diventò così protettrice del villaggio.

Tra tutte le maschere, la sola ad avere le sembianze di una divinità è quella di Gaksi, la maschera della sposa. Si dice che rappresenti la sfortunata protagonista della leggenda, divenuta Seonangshin, divinità protettrice del villaggio. La cerimonia rituale fu creata quindi, per onorare i due giovani innamorati e dare sollievo alle loro anime tormentate. Dapprincipio le Hahoetal erano dodici e rappresentavano i personaggi necessari per interpretare tutti i ruoli nello spettacolo. Di quelle dodici maschere tre sono, purtroppo, andate perdute.

Le maschere andate smarrite sono: Ttoktari – il vecchio, Pyolch’ae – l’esattore delle tasse e Ch’ongkak – lo scapolo.

Le Hahoetal conservate sono: Chuji – il leone alato; Gaksi – la giovane sposa; Chung – il monaco buddista; Yangban – l’aristocratico; Ch’oraengi – il servitore dell’aristocratico; Seonbi – lo studioso; Punae – la concubina; Paekjung – il macellaio; Halmi – la vecchia e Imae – la serva dello studioso.

In genere, le maschere di altre regioni sono create utilizzando zucche o cartapesta. Le Hahoetal sono realizzate, invece, in legno di ontano laccato più volte al fine di ottenere colori particolari. I volti raffigurati possono essere di colore albicocca, rosso scuro, arancione o vermiglio in base al sesso, all’età, allo status e alla personalità del personaggio. I lineamenti delle Hahohetal non sono sempre simmetrici. Lo sono la maschera del nobile, Yangban, e quella dello studioso, Seonbi. Quella del servo, Chorani, invece è asimmetrica e ha la bocca storta. Alcune maschere hanno occhi stretti o altre un’iride ad anelli bianchi. Ad avere gli occhi socchiusi sono i personaggi forti, avvantaggiati sia fisicamente sia socialmente. I deboli che sono insoddisfatti o ostili, hanno gli occhi cerchiati. 

Sulle Hahoetal, anche il naso rivela molto dei personaggi. Il nobile e lo studioso lo hanno aguzzo e aquilino, mentre il servitore e il funzionario che sono di rango inferiore hanno un naso basso e largo. La bocca del nobile e dello studioso ha un aspetto ordinario, quella del servitore invece è storta. Rispetto alle maschere tradizionali di altre regioni, alcune Hahoetal hanno la mascella inferiore collegata a quella superiore tramite una cinghia. In questo modo, spostando la testa avanti e indietro, gli attori possono cambiare le espressioni della maschera. La tecnica del separare la mascella dal resto del viso è chiamata jeorak e si trova raramente in maschere di altre regioni. Le Hanoetal sono anche le sole a non essere bruciate al termine della rappresentazione, come avviene il più delle volte alle maschere di altre regioni.

Nel Drama Money Heist: Korea – Joint Economic Area, i rapinatori utilizzano la maschera Yangban, l’aristocratico. Yangban è il personaggio con più potere tra quelli della celebrazione, quindi spesso oggetto di scherno da parte degli altri personaggi. Nel periodo della dinastia Joseon, gli yangban erano la classe sociale più importante, costituita da funzionari sia civili (munban) sia militari (muban). Da qui deriva il nome yangban che significa due classi. Il termine, nato al tempo della dinastia Goryeo, nel corso dei secoli ampliò significato e durante la dinastia Joseon, iniziò a rappresentare l’intera classe dei proprietari terrieri. È plausibile che la scelta della maschera Yangban per il remake coreano de La Casa de Papel, sia dovuta al fatto che è la più rappresentativa tra le Hahoetal, ma non solo.

In genere, la maschera Yangban è utilizzata per criticare la classe nobile. Secondo alcune fonti, però, in molte rappresentazioni, chi indossa la maschera Yangban interpreta il ruolo di paladino del Seonbi, lo studioso. Solitamente, quindi Seonbi e Yangban sono personaggi alleati, che vogliono mettersi in mostra.  La maschera dell’aristocratico ha gli occhi stretti, circondati da rughe e con profonde sopracciglia scure. La sua espressione è una combinazione di bluff ed espressione rilassata. Può apparire minaccioso con la bocca chiusa e giocoso se muove il mento. È dunque un personaggio ambiguo che potrebbe sembrare allegro, ma che nelle messe in scena a volte fa fustigare a morte chi lo insulta. Tutto ciò spiegherebbe ulteriormente il motivo della scelta della produzione di Money Heist: Korea – Joint Economic Area, proprio dell’Yangban Hanoetal, tra tutte.

Fonti: 1, 2, 3, 4.

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Il Bossam all’epoca Joseon (보쌈 조선)

Il matrimonio con rapimento che spesso permetteva alle vedove di aggirare l’impedimento di risposarsi

Immagine di copertina  – Illustrazione di Ahyeon

di Donatella Perullo

Oggi in Corea la parola Bossam (보쌈) è per lo più riferita a un popolare piatto a base di pancetta di maiale avvolta in foglie di cavolo e cotta al vapore. Nell’epoca Joseon però il termine Bossam rappresentava una forma insolita di matrimonio che prevedeva il rapimento della donna, dopo averla coperta con un sacco. L’usanza ebbe origine dal divieto che a quei tempi impediva alle vedove di risposarsi e il matrimonio Bossam era il solo tollerato per loro.

Erano possibili due tipi di Bossam per le vedove: uno concordato con il permesso dei genitori della donna e l’altro forzato, eseguito senza nessun consenso. Per precisione bisogna però specificare che nell’epoca Joseon un matrimonio Bossam poteva coinvolgere, anche se con meno frequenza, non solo le vedove, ma anche ragazze vergini o giovani scapoli. Quando quest’ultima eventualità si verificava, a essere soggetti al Bossam erano celibi residenti nelle aree periferiche.

L’usanza del Bossam si diffuse nella società Joseon che costringeva le vedove a restare fedeli al marito defunto e impediva loro di risposarsi. La dinastia Joseon era orientata al confucianesimo e di tipo patriarcale, ciò tendeva a limitare molto la libertà delle donne. In quel periodo, ad esempio, gli uomini potevano avere più di una moglie e se restavano vedovi avevano la possibilità di risposarsi. Alle donne, invece, questa possibilità era preclusa. Anche per questo la tradizione del Bossam spesso era compiuta con il consenso dei genitori delle vedove. Preoccupati per le figlie che in alcuni casi avevano già trovato in clandestinità un nuovo innamorato, questi permettevano segretamente il Bossam. Grazie ad esso potevano evitare critiche e punizioni, facendo sembrare che dopo il rapimento la figlia non avesse scelta che risposarsi. Sebbene dunque la consuetudine del Bossam non sia stata mai ufficializzata, diventò un’usanza segreta.

Quando il Bossam era frutto di un accordo confidenziale, si teneva in un giorno prestabilito. L’uomo irrompeva in casa della vedova con altri complici, in genere da tre a cinque, e fuggiva con la donna avvolta in un telo. I familiari attendevano qualche istante per dargli un po’ di vantaggio, dopodiché uscivano dalla casa, impugnando bastoni e forconi, gridando e chiedendo aiuto. Questo per informare i vicini che la vedova era stata rapita e non aveva commesso infedeltà. Dopo di ciò la famiglia non sporgeva denuncia ufficiale al funzionario. Così, anche se il funzionario veniva a sapere dell’accaduto, non essendo stata formulata accusa, non indagava né faceva ricerche e il ‘rapitore’ non subiva conseguenze.

“Amanti al chiaro di luna” – Opera dipinta durante la tarda dinastia Joseon dal pittore coreano Shin Yunbok (Tesoro Nazionale n°135)

Il Bossam non era pratica esclusiva delle classi meno abbienti, ma era attuato anche nelle case Yangban, appartenenti cioè alle famiglie dei proprietari terrieri. Quando c’era una figlia o una nuora divenuta da poco vedova, i genitori provavano pietà per lei e di nascosto mandavano un giovane a rapirla per portarla a casa dell’uomo da loro scelto. In questo caso, l’uomo doveva accettare la donna anche se non gli piaceva. Questo metodo era utilizzato nelle case Yangban anche per prendere concubine.

A differenza del Bossam consensuale, il Bossam forzato non era tollerato ed era una pratica piuttosto violenta. Cinque o più uomini forti e determinati, spesso amici intimi del rapitore oppure prezzolati, facevano irruzione in casa della donna. Alcuni restavano di guardia, altri entravano nella stanza della malcapitata, brandendo attrezzi agricoli come mazze, falci e picconi. Tra questi uno copriva la donna con un sacco, la prelevava di forza e fuggiva. In alcuni casi, se i familiari li inseguivano, i rapitori li attiravano in un fienile e li malmenavano. Come per il Bossam consensuale, anche per quello forzato in genere non si sporgeva denuncia al funzionario. Questo perché, anche se informato, il funzionario raramente indagava sul crimine poiché il capo di un villaggio nel quale c’erano molte vedove, donne mature vergini e scapoli poteva essere punito.

Verso la fine della dinastia Joseon il Bossam divenne un problema sociale a causa dei bobu-sang.  I bobu-sang erano mercanti itineranti che vendevano le loro merci nei mercati di ogni regione. Spesso rapivano le vedove per soddisfare le loro esigenze sessuali. A volte arrivavano a assaltare i villaggi in pieno giorno e giravano di casa in casa per sequestrare tutte le vedove. Per questo motivo, durante il regno di re Gonjong si tentò di impedire il Bossam rendendolo fuori legge, ma inutilmente. Così, anche a causa dei bobu-sang, la paura rese più frequente l’usanza di affrettare il matrimonio delle vedove.

Come dicevo, il Bossam non riguardava solo le donne che avevano perso il marito e le vergini, ma spesso anche gli scapoli. C’erano casi in cui era una vedova a far rapire un uomo e altri in cui uno scapolo era costretto al Bossam con una vergine. Il matrimonio Bossam di uno scapolo era messo in pratica da vedove o vergini che volevano evitare di essere depredate. Una sorta, dunque, di prevenzione. In genere vittime del Bossam dello scapolo erano giovani provenienti dalle province. Non pratici della topografia di Seoul e non avendo parenti in città, i forestieri erano prede più facili. Pare ci siano stati molti casi di studenti giunti a Seoul per sostenere degli esami, rimasti vittima del Bossam.

Nel 2021 il Drama storico Bossam: Steal the Fate, Ambientato durante la dinastia Joseon sotto Gwanghaegun, è stato incentrato su questa particolare pratica. Nella storia il protagonista Ba-Woo, interpretato da Jung Il-Woo, è un uomo dedito al gioco d’azzardo e ai furti che non disdegna di farsi assoldare per eseguire Bossam. Un giorno durante l’esecuzione di un Bossam, rapisce per errore la principessa Soo-Kyung, ruolo impersonato da  Kwon Yuri. Soo-Kyung è la figlia del principe Gwanghae e nuora del nemico di Ba-Woo. Per accordi politici, la giovane era stata costretta a sposare il fratello maggiore dell’uomo di cui era innamorata. Lo stesso giorno delle nozze, però, il marito era morto, lasciandola vedova. L’errore commesso da  Ba-Woo cambia il suo destino e quello di Soo-Kyung. Il drama rappresenta una buona ricostruzione storica del Bossam e racconta l’oppressione vissuta dalle donne e dai più poveri in quel periodo.

Fonti: (1); (2); (3).

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Moon Lovers 2 (Alla conquista della Felicità) – Capitolo 11

di Donatella Perullo

Attenzione 

Il racconto contiene spoiler per coloro che non hanno visto il Drama Moon Lovers: Scarlet Ryeo.

Capitolo 11

Quando Kim Sun-hyun sollevò le palpebre, era di nuovo in un letto d’ospedale. Un vocio sommesso gli fece capire che non era solo. Richiuse gli occhi, nella speranza che nessuno si fosse accorto che era cosciente e si concentrò sulle voci, sperando di distinguere quella di Ha-jin. Riconobbe sua madre e suo fratello Joo-hyuk che parlavano con un uomo, probabilmente un medico. Di tanto in tanto le loro voci si facevano più sommesse, nel tentativo di non fargli capire cosa stessero dicendo. D’un tratto passi affrettati gli fecero acuire i sensi e una voce femminile si aggiunse alle altre. Era quella concitata di Choi Eun-ae la sua fidanzata.

Sun-hyun s’irrigidì, l’unica voce che avrebbe voluto sentire era quella di Ha-jin. Cercò di controllare il respiro per non farsi notare, poi sentì il Samjogo divenire gelido.

Allora spalancò gli occhi e si portò una mano al collo per assicurarsi che fosse nascosto. Era di nuovo azzurro e il colore scorreva come fluido opalescente lungo il disegno cesellato. Non se ne meravigliò. Joo-hyuk, loro madre e persino Eun-ae erano identici al passato. Avrebbe capito che erano reincarnazioni anche senza la reazione del monile. Per un istante gli sembrò di essere tornato nel Goryeo. Non fece in tempo a completare il pensiero che il viso di sua madre gli si parò dinanzi e sull’altra sponda del letto lo raggiunse Cho Eun-ae che gli prese una mano fra le sue.

Kim Sun-hyun avrebbe voluto liberarsi dalla presa, ma era cosciente che sarebbe stato sbagliato. Guardò sua madre, poi la fidanzata e chiese:

«Perché mi avete riportato in ospedale?»

«Tesoro» piagnucolò la mamma, accarezzandogli il volto «ti abbiamo trovato privo di sensi. Perché sei fuggito, cosa ti è venuto in mente?»

Il volto di Kim Joo-hyuk si affiancò a quella di loro madre e lo fissò cupo, come se cercasse di leggergli dentro. Sun-hyun ricambiò lo sguardo del fratello maggiore con la medesima intensità, quasi a sfidarlo, e gli chiese: «Che hai da guardare così, hyeong?»

«Ricordi chi sono? Hai riacquistato la memoria?»

“La memoria, già, la mia memoria”, pensò agitato Sun-hyun. “È stato il Samjogo? È merito suo se ora ricordo tutto? Le mie due vite sembrano essere divenute una. Sono Wang So eppure anche Sun-Yun. È così che si sente Ha-jin che ricorda tutto dei suoi giorni da Hae Soo e della sua vita in questo tempo?” Una fitta gli attraversò le tempie. Strinse gli occhi e il viso gli si distorse in un’espressione di dolore.

«Yeobo! Esclamò preoccupata Eun-ae «Ti senti male?»

Sun-Yun  scosse il capo: «Ho mal di testa, lasciatemi riposare vi prego.» e liberò la mano da quella della fidanzata, poi chiuse gli occhi e si girò su un fianco per voltarle le spalle.

«Dottore…» chiamò la madre in cerca di conforto sulle condizioni del figlio. Il medico gli si avvicinò e con voce profonda e rassicurante disse: «Come le spiegavo poco fa, presidentessa Kim, suo figlio ha subito un forte trauma a causa dell’incidente. Per fortuna pare lo stia superando bene, ma ha bisogno di riposo e tranquillità. Pressarlo potrebbe essere controproducente per il suo recupero.»

«Cosa intende dire, che lo sto disturbando?» la voce della presidentessa era divenuta improvvisamente aspra e il tono di sfida. «Lei sa chi è il proprietario di quest’ospedale, vero dottore?»

“Ecco la madre che conosco” pensò Sun-hyun.

«Õmŏni!» intervenne Joo-hyuk, imbarazzato dall’atteggiamento aggressivo della mamma «Il dottore cerca solo di fare il bene di Sun-hyun. Dovremmo dargli ascolto se vogliamo che torni presto a casa e che stia bene.» poi rivolto al medico, accennò un segno di contrizione e si scusò in vece della donna. Seguì qualche istante di silenzio imbarazzato, poi lei si schiarì la voce e tornando melliflua disse: «Mio figlio ha ragione. Dottore spero possa comprendere, sono una donna angustiata dalla preoccupazione.»

«Certo presidentessa. Suo figlio tornerà presto a casa e mi assicurerò che non lasci l‘ospedale se non quando sarà dimesso.»

«Le conviene che sia così, se non vuole perdere il lavoro.» Puntualizzò secca Eun-ae.

«Tranquilla mia cara» affermò la presidentessa «Il dottore ha capito come stanno le cose. Inoltre la stanza sarà sempre controllata da uno dei miei dipendenti. Il nostro Sun-hyun è al sicuro.»

“Le mie due vite sembrano essere divenute una. Sono Wang So eppure anche Sun-Yun. ”

«Mamma ora andiamo, ti prego.» insisté Joo-hyuk «Sun-hyun è in buone mani e ha bisogno di serenità. Ti riporterò qui domattina, promesso.»

La donna fissò il volto del figlio maggiore poi guardò l’altro, ancora raggomitolato su un fianco, con gli occhi caparbiamente chiusi. Sospirò e si arrese: «Andiamo Eun-ae cara, torneremo domattina.»

Sun-hyun sentì i tacchi della madre e della fidanzata allontanarsi, poi percepì l’odore del dopobarba di suo fratello e capì che si era avvicinato. Il fiato di Joo-hyuk gli lambì l’orecchio mentre sussurrava: «Le porto via, fratellino. Mi devi un favore.»

Sun- hyun non rispose. Aspettò prima di riaprire gli occhi e quando si accorse di essere finalmente solo, si mise a sedere. Guardò il medaglione tornare lentamente al suo colore naturale e ringraziò che nessuno si fosse accorto che lo indossava.

Ora che ricordava tutto, aveva capito che Joo-hyuk era la reincarnazione dell’ottavo principe, Wang Wook. Sarebbe stato impossibile non riconoscerlo, era pressoché identico all’uomo che era stato nel Goryeo. Così come aveva riconosciuto sua madre che ora, al contrario che nella vita passata, sembrava amarlo follemente. Ed Eun-ae? Lei era così simile a Lady Hae Myung-hee, la defunta moglie di Wang Wook. Per non parlare di Wang Eun, il decimo principe, che ora era il segretario Lee Baek-hyuk. Mille domande lo assalirono. La storia si sarebbe ripetuta? Joo-hyuk aveva mantenuto l’amore per la letteratura e l’arte che lo avevano distinto come ottavo principe. Conservava anche la sete di potere e l’indole che lo caratterizzavano nella vita passata? Se avesse incontrato Ha-jin avrebbe di nuovo provato a portargliela via? Eun-ae, Lee Baek-hyuk, Joo-hyuk e sua madre, erano parte della sua vita da sempre.

Ora gli sembrava di non averli mai conosciuti e nello stesso tempo, sapere di loro più di loro stessi. Strinse il lenzuolo tra le dita e imprecò. Chi altri di chi lo circondava era la reincarnazione di un membro della sua famiglia? Di chi avrebbe dovuto guardarsi e chi era colui di cui gli aveva parlato l’astronomo? Certo, il Samjogo lo avrebbe aiutato a riconoscere chi ora aveva un aspetto diverso, anche se ancora non sapeva come utilizzarlo. Ora, però, una sola cosa lo metteva davvero in agitazione, il non sapere dove fosse Ha-jin.  La porta si aprì e il medico tornò nella stanza. Sun-hyun gli indirizzò uno sguardo di sconforto e rassegnazione. L’uomo controllò la flèbo, poi gli puntò una piccola luce prima in un occhio, poi in un altro.

«Sembra che lei stia recuperando bene. Ha rischiato molto, lasciando l’ospedale prima del dovuto. Per fortuna non ci sono state grosse conseguenze. Più tardi la sottoporremo a una visita neurologica e domani mattina le farò ripetere la risonanza magnetica. Voglio assicurarmi che il piccolo ematoma intracranico conseguente il trauma si stia riassorbendo. Se posso fare qualcosa per lei, la prego di dirmelo. È lei il mio paziente, se vedere i suoi familiari la disturba ho l’autorità per non consentire visite.»

Sun-hyun gli sorrise grato: «La ringrazio dottor Park. Lei mi conosce da otto anni ormai. Quando mi dimetteranno avrò diverse situazioni da risolvere, anche con la mia famiglia. Poter avere ancora un po’ di tranquillità mi aiuterebbe. Le farò avere i nomi di chi può autorizzare a farmi visita, gli altri sono certo che saprà come tenerli alla larga.»

«Può contare su di me.» assicurò il medico.

«Per ora vorrei vedere Lee Baek-hyuk, il mio segretario, senza che la mia famiglia venga a saperlo. Crede di poterlo rintracciare per me?»

«Certo, signor Kim.» lo rassicurò il medico «Ora però cerchi di riposare. Verrà un’infermiera per medicarla e cambiarle la flebo. Vuole che le dia qualcosa che la aiuti a dormire?»

Sun-hyun scosse il capo: «No grazie. Ho bisogno di pensare e poi mi sento così stanco che non credo avrò difficoltà ad addormentarmi.»

Il dottor Park annuì pensieroso: «Come preferisce.» disse poi, andando via.

Trascorsero solo pochi minuti prima che due infermiere entrassero nella stanza per prendersi cura di lui. Indossavano mascherine chirurgiche e avevano i capelli nascosti dalle cuffie della divisa

Preso dai suoi pensieri, Sun Hyun non le guardò. Lasciò che una gli sostituisse la flebo e poi iniziasse a medicargli la ferita che, nell’incidente d’auto, si era procurato sulla spalla.» L’altra ragazza rimase ferma accanto alla collega, in silenzio. Sun-hyun non fece caso a lei fin quando l’infermiera non ebbe finito il suo lavoro e le disse: «Posso concederti solo qualche minuto. Ti aspetto fuori, ti prego non mettermi nei guai.» La giovane accennò un inchino di gratitudine e guardò l’amica chiudersi la porta alle spalle. In quel momento, incuriosito dalla strana situazione, Sun-hyun guardò l’infermiera e il suo cuore ebbe un sobbalzo: «Ha-jin!»

Lei abbassò la mascherina e si chinò verso di lui, per accarezzargli il viso: «Come stai, amore mio? Ho creduto di impazzire quando Ji-mong mi ha portata via.»

«Sto bene, ora che ti vedo.»

«Oh, Wang So, devo dirti alcune cose importantissime.» era agitata e parlava a fatica. Lui la prese per un polso e con delicatezza la indusse a sedergli accanto. La guardò incantato, poi le prese il viso tra le mani e sussurrò: «Mi dirai ogni cosa, Yeobo, ma dopo. Ora voglio solo baciarti, ne ho bisogno più dell’aria.» poi impresse il suo appassionato sigillo d’amore.

Fine secondo capitolo undicesimo

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Moon Lovers 2 (Alla ricerca della Felicità) – Fanfiction

Questa fanfiction è liberamente ispirata al Drama Coreano Moon Lovers: Scarlet Ryeo. È frutto del lavoro e dell’intelletto dell’autrice. Il suo contenuto è protetto dal diritto d’autore nonché dal diritto di proprietà intellettuale. Sarà quindi assolutamente vietato copiarla, riprodurla, appropriarsene e ridistribuirne i contenuti se non espressamente autorizzati dall’autrice. Fatti e persone descritti nella Fanfiction sono frutto dell’immaginazione. Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale. Copyright © 2021 Korean Drama & World. All rights reserved

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