Kumiho (구미호) – la leggendaria volpe a nove code

La creatura divora uomini della mitologia coreana, che aspira a diventare un essere umano

di Gabriele Discetti

La kumiho, o volpe a nove code, è un’animale mitologico della tradizione asiatica con caratteristiche fisiche e magiche differenti a seconda del Paese. La ritroviamo nelle leggende cinesi, giapponesi e coreane.

Quasi sicuramente le storie sulle kumiho sono giunte in Corea dalla Cina. L’animale compare, infatti, nei classici cinesi risalenti al III secolo come lo Shan Hai Jing.

In Corea le prime testimonianze a noi note risalgono al diciottesimo secolo. Questo ci porta e credere che la volpe a nove code fosse già parte del folclore coreano. Nel sedicesimo secolo, il poeta Jamgok, pseudonimo di Gim Yuk, in una poesia intitolata Vecchia volpe parla di una volpe che muta forma. È lecito pensare che si trattasse della volpe a nove code, sebbene il poeta non la chiami esplicitamente kumiho.

L’origine della volpe a nove code coreana è dunque ancora oggetto di discussione.

Già nel quattordicesimo secolo, sotto influsso cinese, la divulgazione delle leggende sulla volpe a nove code deve molto allo sviluppo della letteratura. Diffusione ulteriormente accentuata nel più recente periodo coloniale giapponese. In Cina e Giappone, infatti, le storie riguardanti le kumiho erano molto più diffuse e in Corea finirono col mescolarsi a storie di altre volpi mitologiche, come la volpe bianca. La figura di una volpe con nove code era però un’immagine molto più forte e sostituì tutte le altre. Oggi, la spinta decisiva che ha portato le kumiho all’attenzione del mondo occidentale è stata la cultura di massa, attraverso drama, manhwa e letteratura.

La leggenda vuole che quando una volpe vive mille anni, diventa una kumiho. La kumiho possiede poteri magici e può trasformarsi in un essere umano, di solito in una donna. Appare in molti racconti spaventosi, ma non è da considerare un’animale unicamente maligno. In una leggenda, una volpe a nove code si trasforma in una bellissima donna e si innamora di un uomo. I due vivono insieme, felici, per cento giorni, finché la volpe fugge via per sempre, così da poter riprendere le sue sembianze animali. A causa della loro natura infatti, le volpi, pur essendo in grado trasformarsi in esseri umani, non possono vivere per sempre come tali. In alcuni racconti le kumiho possiedono anche una sfera di piccole dimensioni, grande quanto una caramella e di colore blu. Essa è il simbolo del loro potere.

Una Kumiho rappresentata  dall’artista  Aurore – Credit – © Blackcat

Trasformarsi non è l’unico potere delle kumiho. Esse possono creare allucinazioni negli esseri umani, prendere possesso del loro spirito e mutare una persona che indossa una maschera nell’entità che tale oggetto rappresenta. Quest’ultimo potere può usarlo sia sugli altri che su se stessa. Una volpe può indossare, ad esempio, la maschera di una tigre e trasformarsi in essa per utilizzarne le doti combattive. Tuttavia, in qualsiasi trasformazione la kumiho conserva sempre qualcosa del suo corpo originario, come orecchie, code o segni in viso. Per tale motivo spesso la volpe viene scoperta. Nel racconto “Gumiho-ui byeonsin” (La trasformazione della kumiho) una volpe sostituisce la sposa durante un matrimonio, per poi essere smascherata dal marito, una volta nuda.

In “Hansiro gumihoreul ar-ananen cheonyeo”, (La fanciulla che scoprì una kumiho attraverso un poema cinese), invece, è l’odore a tradire la kumiho, riconosciuta dall’olfatto di un cane da caccia.

Nella maggior parte delle leggende, la kumiho ha una connotazione maligna. Oltre a ingannare gli uomini, esse si cibano della carne umana. Secondo il folclore coreano, se una volpe si astiene dal cibarsi di carne umana per mille giorni, diventerà un essere umano. Questa particolare caratteristica è stata modificata nei drama moderni. Ad esempio in Grudge: The Revolt of Gumiho, l’animale diventerà umano se chi scopre la sua vera identità e mantiene il segreto per dieci anni. Anche il drama My Girlfriend is a Gumiho racconta di una Kumiho. Qui la volpe a nove code salva la vita a un giovane, inserendogli nel petto la sua sfera magica. La kumiho inizierà a seguirlo ovunque per proteggere la sfera e il giovane, temendo per il proprio fegato, asseconderà i desideri dell’affascinante creatura.

In The Thousandth man una kumino per diventare umana deve mangiare mille fegati di altrettanti uomini innamorati di lei, entro mille anni. L’anno successivo in  Gu Family Book la volpe, in questo caso un kumiho maschio, deve aiutare gli umani per cento giorni, mantenendo segreta la propria identità per poter diventare umano e  vivere con la sua amata.

Ultimo in ordine di tempo è il drama del 2020 Tales of nine tailed. Anche qui, come in Gu Family Book, il protagonista è un kumiho maschio (Lee Dong-wook) condannato a punire i suoi simili rei di crudeltà verso gli umani.

Oltre a cibarsi di fegati, nella tradizione la kumiho è spesso ritratta mentre vaga nei cimiteri per strappare e mangiare il cuore dei defunti.

Insomma, pur non essendo un mostro amico dell’uomo, nella mitologia coreana la volpe a nove code è spinta dalla volontà di diventare un essere umano. Lo strano e ironico destino della kumiho è di aspirare a trasformarsi per sempre nella sua stessa preda.

Molti film, serie tv e manhwa sono stati dedicati alle kumiho. Oltre ai drama già citati abbiamo, per esempio, il manhwa del 2010 di Kim Yeong-mi “Oh, My 로맨틱 구미호” (Oh, mio romantico kumiho). Storia che stravolge la visione comune della kumiho che si trasforma in donna e inganna gli uomini. Qui la protagonista, Ji-Eun, è fidanzata con Gyuho che ricambia il suo amore e vuole sposarla, soprattutto perché adora la fragranza del suo fegato. Gyuho è, infatti, proprio una volpe a nove code e quando la ragazza scopre il suo segreto, è combattuta. Non sa cosa scegliere: scappare via o rischiare il suo fegato per amore? Nessuno spoiler!

Fonti: (1), (2), (3), (4)

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OH SEHUN (오세훈)

Visual, sub rapper degli EXO e maknae timido e premuroso che ama ballare

di Angie

Cognome: Oh

Nome: Se-hun

Professione:  Rapper, ballerino, attore e modello

Gruppi: EXO, EXO-SC

Stage name: SEHUN (세훈)

Luogo di nascita:  Seoul – Sud Corea

Data di nascita: 12 aprile 1994

Segno zodiacale: Ariete

Segno oroscopo cinese: Cane

Altezza: 1,83

SEHUN SOCIAL

Utilizza anche gli account ufficiali del gruppo EXO

Oh Se-hun, anche conosciuto come Sehun, è un idol, rapper, ballerino, modello e attore sudcoreano. Nasce il 12 aprile 1994 a Seoul nel distretto di Jungnang. Ha un fratello più grande di tre anni e ha studiato presso la Seoul Arts High School.

È stato scoperto da un talent scout della SM Entertainment ad appena dodici anni, mentre era a pranzo con gli amici. Entra a far parte della compagnia, dopo aver superato quattro audizioni in due anni.

Nel 2012 debutta con gli EXO, con i quali vince numerosi premi.

Sehun ne ha ricevuti, però, anche molti per popolarità come solista, tra i quali il Weibo Star Award, riconosciutogli nel 2016 ai 5° Gaon Chart K-Pop Awards.

Collabora con numerosi brand di alta moda e nel 2018 è scelto da Vogue Korea per l’edizione commemorativa del 22° anniversario. Il suo photoshoot è molto apprezzato: il numero di agosto 2018 registra, infatti, il più alto numero di vendite dal 1996.

Il 24 maggio 2020 Sehun diventa il nuovo volto della Dr. Jart+ per la regione cinese. Grazie a lui, il marchio di skincare registra un’impennata nelle vendite: il set limitato di maschere di Sehun vende, infatti, più di ventimila pezzi in appena nove minuti.

Dopo alcuni cameo, la carriera da attore di Sehun inizia nel 2015 quando recita in Exo Next Door insieme agli altri membri del gruppo.

Nel 2016 è scelto come protagonista maschile del film sino-coreano Catman. Nonostante le riprese si siano terminate l’anno succesivo, a causa del ban cinese nei confronti della Corea del Sud, il progetto è stato rinviato a fine 2020. Lo stesso ban ha anche influito sulla produzione della serie web Dear Archimedes, di matrice sempre sino-coreana, nella quale Sehun interpreta il geniale Yan Su.

Il 2017 è, invece,  l’anno in cui  entra a far parte del cast ufficiale del programma investigativo di Netflix, Busted!

L’anno successivo, Sehun è scelto come protagonista del drama d’azione sudcoreano Dokgo Rewind. Grazie a quest’interpretazione vince il Best Idol Actor ai 14° Soompi Awards nel 2019.

Lo stesso anno, recita anche in Secret Queen Makers, serie promozionale di Lotte. Il 28 giugno 2020 è stato confermato il suo debutto sul grande schermo che avverrà nel film The Pirates: Goblin Flag.

Sehun esordisce il 22 luglio 2019,  insieme al collega Chanyeol come sub unit EXO-SC con la pubblicazione del’ep What a Life.

Il 10 luglio 2020 pubblica il suo primo mv da solista, On Me, anticipazione al nuovo album del duo, 1 Billion views.

Sehun è uno dei ballerini principali degli EXO e ne è, inoltre il visual, sub rapper e maknae (membro più giovane). È accreditato come co-scrittore di molti dei loro pezzi. Nel 2018 è stato inserito al 15° posto della lista dei 100 volti più belli da TC Candler.

Sehun è spesso descritto come una persona un po’ timida ma molto premurosa. È molto legato a Suho, il leader degli EXO, poiché si conoscono da molti anni. È un grande fan della modella Miranda Kerr, ama ballare e adora mangiare il sushi. Ha un cane, un Bichon Frise, di nome Vivi.

Foto credit: (1), (2),(3)

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Dokkaebi (도깨비), il goblin coreano

Dalla tradizione coreana, una creatura leggendaria dai poteri straordinari

di Gabriele Discetti

Il Dokkaebi o Tokkaebi (도깨비) è un essere mitologico del folclore coreano. È chiamato anche Dochaebi, Dokgakwi, Dokgapyi, Heoju, Heoche, Mangryang e Yeonggam. In occidente il Dokkaebi è spesso identificato con la più familiare figura del goblin.

Esistono testimonianze del Dokkaebi (o goblin coreano) in molti documenti del periodo dei Tre Regni (18 a.C. – 660 d.C.). Quindi a quell’epoca la credenza riguardo i goblin coreani era già ben nota a tutta la popolazione della penisola coreana.

La prima attestazione scritta di un racconto riguardo i goblin risale al Samguk yusa (Memorie storiche dei tre regni) redatto nel X secolo. Questo racconto ci mostra alcune delle doti straordinarie dei goblin:

“Durante il regno di Silla, il figlio di re Jinji, Bihyeong, conosceva un goblin di nome Gildal. I due si incontravano tutte le notti sulle colline a ovest del fiume Hwangcheon. Venuto a sapere ciò, con l’intenzione sfruttare le doti del suo amico goblin, re Jinji ordinò al figlio di costruire un ponte sul fiume. Così, in una sola notte, Bihyeong e Gildal costruirono il ponte che chiamarono Gwigyo, cioè ponte fantasma. Come riconoscimento il goblin fu nominato guardiano del tempio della città, ma Gildal non voleva questo compito, così si trasformò in volpe e fuggì via. Sentendosi tradito, Bihyeong lo inseguì e lo uccise. Fu così che Bihyeong cominciò a essere temuto da tutti i goblin.”

I Dokkaebi rappresentati nell’opera dell’artista Song Kang – Credit Song Kang Art – © Song Kang

Il Dokkaebi non è una creatura completamente malvagia. Possiede poteri soprannaturali che usa a volte per aiutare gli umani e altre per giocare brutti scherzi o punire coloro che hanno commesso atti malvagi.

Nella mitologia coreana il Dokkaebi è rappresentato con le sembianze di un folletto accompagnato da alte fiamme di colore blu. È capace di rendersi invisibile, indossando un cappello chiamato gamtu (감투) e di compiere magie con il suo bastone magico, il bangmang-i (방망이) .

Il goblin può avere o meno corna, occhi sporgenti, bocca grande, denti affilati, corpo peloso e lunghi artigli. L’unica certezza sul suo aspetto fisico è che possieda una sola gamba, troppo lunga per indossare vestiti e che per tale ragione si muova saltando. Tuttavia non mancano rappresentazioni di Dokkaebi a due gambe, seppur rare. Un racconto popolare ci conferma il fatto che il Dokkaebi avesse, in genere, una sola gamba.

“Un giorno un giovane incontrò un goblin mentre si recava al mercato. Il goblin, abile lottatore di ssireum, lo sfidò a un combattimento di questa lotta coreana nella quale vince chi riesce a far cascare l’avversario. Tuttavia il ragazzo riuscì far cadere più volte il goblin, sfruttando il fatto che avesse una sola gamba.”

Questo racconto serviva a tramandare la strategia per battere un Dokkaebi.

Il ssireum o ssirum (씨름) è una lotta della tradizione coreana nata nel quarto secolo e che viene praticata ancora oggi durante le feste.  Si lotta all’interno di una buca piena di sabbia, indossando una particolare cintura. Afferrando questa cinta, i contendenti, grazie all’uso delle gambe, devono riuscire a portare a terra qualsiasi parte del corpo dell’avversario sopra il ginocchio.

Il goblin coreano non ha differenze di sesso ed è sempre identificato nei racconti come un maschio. Ci sono varie tipologie di dokkaebi perché la loro natura dipende da vari fattori. I goblin sono condizionati dal luogo in cui si trovano, dalle persone che incontrano e finanche dagli oggetti che li circondano. L’influenza vale anche al contrario. Grazie ai loro poteri, infatti,  i dokkaebi possono apportare cambiamenti nei luoghi, nelle persone e negli oggetti.

Il dokkaebi non ha un luogo prediletto in cui vivere. Spesso lo si può trovare sia nei racconti ambientati nelle campagne, sia in quelli in montagna, nelle valli, nei templi o nelle abitazioni. Preferiscono i luoghi bui, solitari e compaiono soprattutto di notte e nelle giornate di pioggia. Nei racconti popolari, l’arrivo della luce dell’alba e il cantare del gallo sono i momenti in cui i goblin scompaiono.

Caratterialmente i goblin sono scontrosi, amanti delle lotte e opportunisti, perché approfittano dell’ignoranza delle persone per ingannarle. Anche se non hanno distinzione di sesso, grazie ai loro poteri i goblin sono in grado di assumere sembianze femminili. Eppure i dokkaebi tengono molto al rispetto delle promesse. Amano cantare, ballare e suonare.

Il Goblin impersonato da Gong Yoo nel drama Guardian: The Lonely and Great God

Il dokkaebi è ancora vivo nella coscienza dei coreani. La creazione dei goblin nella loro mitologia ci permette di comprendere meglio l’idea che questo popolo ha delle creature sovrannaturali. I goblin non devono essere considerati dannosi per gli esseri umani, nonostante il loro comportamento. I dokkaebi non vogliono creare problemi agli uomini. Per tale motivo spesso i coreani si rivolgono ai goblin per avere una sorte fortunata. Ad esempio, per avere una pesca fruttuosa, le comunità di pescatori venerano, attraverso rituali, i goblin dell’acqua. Tuttavia può accadere che ai dokkaebi venga addossata la colpa di incendi e malattie. Quando ciò accade, si eseguono delle cerimonie per scacciarli dai villaggi.

Certo il goblin della tradizione non sembra avere molti punti in comune con il fascinoso Kim Shin del drama. Eppure è interessante notare che il personaggio impersonato da Gong Yoo ha alcune caratteristiche che ricordano il goblin che gli antenati coreani adoravano e amavano. Il goblin della sceneggiatrice Kim Eun-sook, infatti, ama il grano saraceno, rende ricche le persone che lo circondano, è spaventato dal sangue e talvolta è impulsivo. Tutti aspetti che richiamano il dio “Goblin”,  che appare nelle credenze popolari . Anche il fuoco blu che circonda la spada che gli trafigge il torace richiama le fiamme blu che seguono il goblin del folclore coreano.

Fonti: (1), (2)

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PARK CHANYEOL (박찬열)

Rapper, cantante, compositore, attore e modello, il talento di un artista completo

di Angie

Cognome: Park

Nome: Chan-Yeol

Professione:  Rapper, cantante, compositore, attore e modello

Gruppi: EXO, EXO-SC

Stage name: CHANYEOL (찬열)

Luogo di nascita:  Seoul – Sud Corea

Data di nascita: 27 novembre 1992

Segno zodiacale: Sagittario

Segno oroscopo cinese: Scimmia

Altezza: 1,85

CHANYEOL SOCIAL

Park Chanyeol, meglio conosciuto come Chanyeol, è un idol, rapper, cantante, compositore, modello e attore sudcoreano. Nasce il 27 novembre 1992 a Seoul (서울시). Ha una sorella, Park Yoo-ra, che per anni è stata conduttrice del telegiornale presso la YTN e la MBC.

Ha frequentato la Hyundai High School di Apgujeong-dong (압구정동) a Seoul. A sedici anni è stato ammesso in un istituto di recitazione privato, dove ha conosciuto P.O. dei Block B.

Chanyeol ha seguito i corsi online del Dipartimento di Cultura e Arte dell’Amministrazione Aziendale della Kyung Hee Cyber University. Attualmente studia Interior design presso la Inha University.

Ha iniziato a interessarsi alla musica dopo aver visto il film School of Rock e ha iniziato a suonare la batteria molto presto. Cita spesso come influenze musicali artisti quali Jason Mraz, Eminem e gruppi rock come Muse, Green Day.

Diventa trainee presso la SM Ent. dopo aver vinto il secondo posto nel 2008 Smart Model Contest. Prima del suo debutto con gli EXO, Chanyeol è comparso in due video musicali: HaHaHa Song dei TVXQ  e  Genie delle SNSD. Nel 2012 appare nel video musicale Twinkle delle Girls’ Generation-TTS.

A ottobre 2013, Chanyeol si unisce al cast del reality show di SBS Law of the Jungle in Micronesia. Per esso nel 2015 compone e registra la OST Last Hunter.

A maggio 2014 diventa membro regolare del cast della prima stagione del reality show televisivo della  SBS, Roommate. Lascia però a settembre a causa di conflitti di schedule.

A ottobre 2016 Chanyeol e la cantante americana Tinashe prendono parte al Far East Movement con Freal Luv, traccia del musicista elettronico Marshmello. Nel dicembre dello stesso anno, Chanyeol collabora con la cantante sudcoreana Punch per la OST originale di Guardian: The Lonely and Great God. Stay With Me raggiunge un discreto successo nella Gaon Digital Chart.

Stay with me – Ost del drama Goblin – The Lonely and Great God

Durante la sua carriera prende parte alla scrittura di numerosi testi e tracce. Nel febbraio 2017 la Korea Music Copyright Association lo riconosce come produttore musicale (precedentemente le tracce erano registrate con lo pseudonimo LOEY).

Il 25 aprile 2019 pubblica la sua prima canzone da solista SSFW, mentre il 22 luglio debutta nella subunit EXO-SC insieme al compagno Sehun con What a Life.  Il 13 luglio 2020 pubblicano il loro primo album completo, 1 Billion Views.

Oltre alla carriera musicale intraprende anche quella della recitazione. Nell’aprile del 2015, Chanyeol fa il suo debutto sul grande schermo nel film sudcoreano Salut d’Amour, con Park Geun-hyung e Youn Yuh-jung.

Successivamente recita come protagonista insieme all’attrice Moon Ga-young e gli altri membri degli Exo nel webdrama Exo Next Door.

Nel giugno 2016 Chanyeol recita a fianco di Yuan Shanshan nel film sudcoreano-cinese So I Married an Anti-fan. Insieme a Yuan registra I Hate You, colonna sonora del film.

Nel gennaio 2017 Chanyeol ottiene un ruolo di supporto nel drama della MBC, Missing 9.

Nel 2018 inizia le riprese di Memories of the Alhambra, titolo di successo della tvN in collaborazione con Netflix, dove interpreta Jung Se-joo.

Dal debutto fino a ora, ha partecipato a molti eventi di moda tra cui Christian Dior, Prada e Calvin Klein. A settembre 2017, ha partecipato alla sfilata di Tommy Hilfiger a Londra, per il quale successivamente posa per un servizio fotografico. Nel 2018 partecipa nuovamente alla sfilata di Tommy Hilfiger a Shanghai. Appare nel numero di ottobre 2018 di Vogue Korea. Chanyeol è uno dei membri ufficiali degli EXO e ricopre il ruolo di main rapper e vocalist. È un artista completo, compone, fa rap e canta. Sa parlare l’inglese e suona pianoforte, chitarra, batteria e basso. Ha formato una band durante gli anni della scuola. Definisce la sua voce Reversal Voice perché il suo viso da bambino entra incontrastato con la sua voce profonda e virile.

Ha un cane di nome Toben che però vive con i suoi genitori, poiché lui è allergico. A causa di ciò, da piccolo il suo animale da compagnia era un furetto. Chanyeol è una persona molto solare ed estroversa, ama fare volontariato perché lo rende felice.

Credit foto ©Allure

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I Drama e il mistero dell’ombrello giallo

Dalle origini di un gesto antico alla motivazione della scelta del colore: Perché nei Drama così spesso il protagonista ripara la sua amata con un ombrello giallo?

di Donatella Perullo

Quante volte, vedendo un drama, siamo incappati nella scena in cui il protagonista accorre con un ombrello per riparare la sua amata dalla pioggia? E quante volte quell’ombrello era di un giallo sgargiante?  Io non le conto più ormai e di volta in volta la mia curiosità su quel particolare gesto è aumentata. Volevo capire, così ho iniziato a cercare spiegazioni in rete, ma senza ottenere alcun risultato.

I blog che hanno affrontato l’argomento in realtà sono tanti, anche stranieri. Ognuno ha elencato i Drama in cui si vede questa scena o nei quali c’è un ombrello giallo. Nessuno, però, ha dato spiegazioni sul ripetersi della cosa e sul perché quell’ombrello sia nella stragrande maggioranza delle volte, appunto, giallo. 

La buona notizia è che, forse, sono finalmente riuscita a dare una risposta alla domanda che assilla  molti appassionati di drama.

Prima però credo sia interessante sapere di più sulla storia dell’ombrello nella cultura coreana. Jeong Yeon-hak, ricercatore del National Folk Museum of Korea, riferisce che in Corea gli ombrelli furono portati dai missionari tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 e che erano considerati tabù perché coprivano il cielo. Allora, infatti, il re era paragonato al cielo e coprirsi la testa con l’ombrello, impedendosi di guardare l’azzurro, equivaleva a mancare di rispetto al sovrano. Solo quando anche il re iniziò a proteggersi dai raggi del sole con un ombrello, questo tabù fu lentamente sfatato. Ben presto, anzi, l’ombrello divenne simbolo di ricchezza e utilizzarlo era indicatore di successo.

Se nel mondo da subito ci si è impegnati per produrre ombrelli di grande qualità, in Corea solo nel 1956 questi divennero oggetti di uso quotidiano. Ciò grazie a una società chiamata Hyuprip che lo rese possibile. Prima di allora gli ombrelli erano soprattutto di carta e abbastanza costosi. La Hyuprip realizzò ombrelli di plastica blu che costavano appena cinquecento won, quanto una ciotola di jjajangmyeon, tagliatelle con salsa di fagioli neri. Tempo dopo, il mercato coreano fu però invaso dagli ombrelli fabbricati in Cina che erano molto più economici. In conseguenza, numerose aziende, tra cui la Hyuprip, non riuscirono a reggere la concorrenza. La Hyuprip Korea ha oggi la sua fabbrica in Cina.

Una volta in Corea chi possedeva un ombrello lo custodiva con attenzione e quando si danneggiava, provvedeva a farlo riparare. Oggi, invece, sono in pochi ad averne cura. Questo sia perché gli ombrelli sono diventati economici e facilmente acquistabili, sia perché i prezzi di riparazione sono poco convenienti. Attualmente solo il 37% degli ombrelli persi nella metropolitana di Seoul sono reclamati all’ufficio oggetti smarriti. In Corea di solito gli oggetti smarriti nella metro, ombrelli compresi, sono conservati per sette giorni presso l’ufficio addetto e poi inviati alla polizia. Dopo nove mesi diventano proprietà del Paese. Alcuni, in buone condizioni, sono donati a chi ne ha bisogno mentre il resto è distrutto. 

Si stima che ogni anno in Corea gettino via circa quaranta milioni di ombrelli. 
Per questo, alcuni governi regionali offrono servizi per riparare gli ombrelli gratuitamente, così da incoraggiare le persone a continuare a utilizzare quelli danneggiati. Ci sono anche alcune aziende che producono portafogli e piccoli sacchetti con tessuto riciclato da ombrelli dismessi.

Ora torno al motivo per cui ho scritto quest’approfondimento. Perché nei drama troviamo così spesso la scena  in cui, in una giornata di pioggia, il protagonista ripara la sua amata con uno ombrello giallo? Inizio con il dare una spiegazione al gesto, a prescindere dal colore dell’oggetto. In base a ciò che ho dedotto, tutto ha inizio nell’antichità e in un paese non troppo lontano dalla Corea, il Giappone. Nella cultura giapponese il gesto della condivisione di un ombrello ha un nome: Ai ai gasa (相合傘).  In Giappone l’Ai ai gasa è il simbolo degli innamorati, così come in occidente lo è il cuore trafitto da una freccia. Le coppie di innamorati, infatti, sono solite disegnare il simbolo di un ombrello stilizzato e ai due lati del manico, scrivono i loro nomi.

Questo piccolo ideogramma diventa per chi lo disegna, quasi come un talismano. Un amuleto grazie al quale la coppia non si separerà mai. Ma da cosa ha origine l’Ai ai gasa?

Nell’antichità in Giappone le regole del corteggiamento erano rigorose. Non era consentito che una ragazza non fidanzata si facesse vedere in pubblico con un uomo che non fosse un membro della famiglia. Per questo motivo i giovani uomini non avevano alcun modo di frequentare la ragazza di cui erano innamorati. In loro soccorso arrivava la Tsuyu, la lunga stagione delle piogge durante la quale era indispensabile uscire, portando con sé un ombrello. Fu grazie alla Tsuyu che gli innamorati poterono ricorrere allo stratagemma dell’educazione per avvicinare la donna desiderata. Riparare una ragazza con il proprio ombrello, infatti, era una galanteria tollerata, che dava agli innamorati la possibilità di restare un po’ soli e vicini.

Così, condividere l’ombrello diventò gradualmente l’emblema del romanticismo e, con il tempo, il disegno stilizzato dell’ombrello si trasformò nel simbolo di una coppia di innamorati.

Se le due culture sono per molti aspetti diverse, è plausibile però che trentacinque anni di dominazione nipponica possano aver lasciato tracce nel popolo coreano. Credo, quindi, che nei drama il ripararsi sotto il medesimo ombrello, possa richiamare la romantica tradizione nipponica dell’Ai ai gasa.

Incentrando, invece, l’attenzione sul colore dell’ombrello utilizzato, dobbiamo considerare l’importante significato che il giallo ha sempre avuto per il popolo coreano.

Nella cultura coreana di solito il giallo simboleggia la sicurezza, la realizzazione, la stabilità ma anche di più. In Corea, infatti, si ritiene che gli spiriti maligni odino questo colore e che li faccia stare alla larga, che serva per esorcizzarli. Per questo è giallo, con scritte rosse, anche il Pujok, un amuleto simbolo della buona fortuna.  Il Pujok una volta era appeso dinanzi alle case delle persone importanti o tenuto in mano come portafortuna. Il colore giallo era, inoltre, il colore principale usato dall’imperatore e per questo è associato alla nobiltà, alla dignità e alla purezza di spirito.

Dunque vi propongo la spiegazione che mi sono data riguardo alle scene dei Drama in cui appare il fatidico ombrello giallo. Se il gesto romantico di riparare l’innamorata richiama l’antica cultura orientale, il colore del riparo offerto è fondamentale nella simbologia della scena. Un giovane che porge un ombrello giallo è individuato subito, quindi, come un uomo positivo che rappresenta sicurezza e ha un animo buono e nobile.

Ecco anche perché l’ombrello di Jin Seon-mi, la protagonista di A Korean Odyssey è giallo. Quell’ombrello, lei lo usa per scacciare gli spiriti e tenere lontano il male.

I Drama dove ho notato questo particolare sono tanti, non sto qui a elencarli tutti, molti li ricorderete di certo anche voi.

È anche vero che non in tutti i Drama il protagonista ha un ombrello giallo. In My ID is a Gangnam beauty Do Kyung-seok (Cha Eun-woo) ripara Kang Mi-rae (Im Soo-hyang) con un ombrello bianco. Questo colore è il più amato dai Coreani e per loro significa verità, vita e purezza. Probabilmente era il colore più adatto a rappresentare Do Kyung-seok, il solo a riconoscere la bellezza di Mi-rae di là del suo aspetto fisico. Anche quando gli ombrelli hanno un colore diverso dal giallo, insomma, credo che rappresenti un messaggio. Sono ormai certa, infatti, che gli sceneggiatori coreani lascino di rado le loro scelte al caso.

L’ombrello utilizzato da Gong Yoo in Goblin è nero, ad esempio, e dice tutto su Kim Shin. Secondo l’Obangsaek (오방색), la combinazione dei cinque colori tradizionali coreani, il nero rappresenta la saggezza, l’oscurità e la morte, ma anche l’onestà e l’onore. Tutti elementi, insomma, che raffigurano alla perfezione il personaggio. L’ombrello di Kim Shin è però anche uno status simbol. Quando incrocia il Goblin, Eun Tak è povera e cammina sotto la pioggia senza riparo. Lui invece ha il suo ombrello nero, ampio e costoso, che in pochi potrebbero permettersi. Un ombrello prodotto dalla casa londinese Fulton, presso la quale si serve anche la famiglia reale britannica, inclusa la regina Elisabetta. Un ombrello, insomma, che non solo per il suo colore, dice tutto su chi lo possiede.

Per completare il significato che i coreani danno ai cinque colori dell’Obangsaek, il rosso rappresenta la passione, l’amore e la creazione. È per i coreani un colore potente che scaccia la sfortuna. Per questa credenza, le spose nel giorno delle nozze si disegnano sul viso due pomi rossi. Sempre per questo motivo, nella ricorrenza del solstizio d’inverno, i coreani mangiano il Patjuk, la zuppa di fagioli rossi adsuki.  Infine c’è il blu. Questo colore rappresenta la luminosità, la chiarezza e una nuova nascita. È usato negli abiti delle ragazze e anche le decorazioni in filo dell’abito da sposa sono rosse e blu.  

In base all’antica teoria cinese dei cinque elementi, condivisa in tutto l’oriente, il mondo ha avuto origine da due forze, yin e yang. Queste forze hanno creato i cinque elementi o Obangsaek. I cinque colori che rappresentano gli elementi dell’Obangsaek sono il giallo, il rosso, il nero, il blu e il bianco. Il nero è il nord e l’acqua. Il rosso è il sud e il fuoco. Il bianco è l’ovest e il metallo (oro). Il blu è l’est e l’albero. Il giallo è il centro e la terra.

Fonti: (1) (2) (3) (4) (5) (6)  Credit foto: Ai ai gasa (7)

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La storia dei Hwarang

L’orgoglio del regno di Silla

di Gabriele Discetti

Nel VI secolo d.C. la penisola coreana era divisa in tre regni: Goguryeo, Silla e Paekche.

Una delle istituzioni più famose del regno di Silla è senza dubbio quella dei Hwarang. La storia di questa élite di giovani guerrieri rimase poco nota sino alla liberazione della Corea dall’occupazione giapponese avvenuta nel 1945. Dopo aver ricacciato i giapponesi fuori dalla penisola, i Hwarang furono riscoperti ed elevati a importante simbolo nazionale della storia antica. Talvolta ci si riferisce a questi guerrieri anche come Hyangdo, cioè i discepoli fragranti. Nel corso della storia coreana Hwarang e i suoi derivati colloquiali sono stati utilizzati anche per indicare gli sciamani o i mariti delle sciamane.

Le informazioni sui Hwarang sono state trasmesse nella tradizione coreana attraverso testi storici come il Samguk Sagi, il Samgungnyusa e l’Haedong Goseungjeon. Tuttavia, tutti e tre i testi originali sono andati perduti, rendendo difficili le ricostruzioni storiche. Possediamo comunque trascrizioni e traduzioni successive alla loro prima stesura.

Sappiamo per certo che prima dei Hwarang esistevano le Wonha, il cui nome può essere tradotto come fiori originari. Infatti “ha” è una contrazione di “Hwa” che troviamo in Hwarang e che fa riferimento alla parola fiore. Non è chiaro quale fosse il ruolo delle Wonha. Alcuni ritengono si trattasse di cortigiane o dame di corte, altri che fossero guerriere. Non ci sono, però, prove di un loro effettivo impegno in battaglia. Le Wonha erano istruite all’etica e avevano un ruolo preminente nella società di Silla. Questo regno considerava le donne molto importanti, infatti Silla ebbe ben tre regine nella sua storia.

Tra gli insegnamenti trasmessi alle Wonha vi erano anche la pietà filiale, la lealtà e la sincerità. Alla guida delle Wonha c’erano due donne, Nammo e Junjeong. Per questioni di gelosia Junjeong uccise Nammo.  Per aver commesso tale delitto, Junjeong fu giustiziata e dopo di ciò il corpo delle Wonha fu sciolto.

Tale storia è frutto di miti e leggende, perciò non abbiamo certezza di quanto ci sia di vero nell’epilogo del corpo delle Wonha. Tra l’altro, i nomi delle due donne potrebbero non essere riferiti a dei nomi propri, ma a degli appellativi. La parola Nammo indica, infatti, una persona distratta e fortunata oppure perspicace e poco volenterosa nell’istruirsi. Junjeong indica, invece, una persona di talento e virtuosa. Dopo la sparizione del corpo ufficiale, la parola Wonha fu utilizzata per indicare le guide spirituali dei Hwarang. Difatti le Wonha erano monache molto venerate per le loro conoscenze buddhiste.

Tornando ai Hwarang, l’origine del nome nasce dall’unione di “Hwa”, che significa fiore, e “Rang” cioè guerriero o uomo. Hwarang si può dunque tradurre come uomini o guerrieri in fiore.

Il titolo di Hwarang era dato, infatti, a giovani adolescenti appartenenti all’alta nobiltà coreana che si apprestavano a diventare guerrieri. Non bastavano però nobili natali, perché la strada per diventare Hwarang prevedeva preparazione fisica e spirituale.

L’istituzione dei Hwarang fu fortemente influenzata da tre elementi che allora permeavano la vita dei coreani: Buddhismo, Confucianesimo e Taoismo. Il giuramento dei Hwarang prevedeva, infatti, cinque articoli, basati sui dettami di questi tre vie:

  • Lealtà al trono;
  • Devozione filiale;
  • Sincerità assoluta nell’amicizia;
  • Combattere fino alla morte;
  • Astensione dalle uccisioni inutili.

La nascita dei Hwarang è di difficile definizione. Alcuni storici ritengono che abbiano giocato un ruolo fondamentale nell’unificazione dei Tre Regni, altri rifiutano tale idea. D’altronde i Hwarang erano strettamente legati alle Wonha, le quali non pare fossero impegnate in guerra. È possibile supporre che inizialmente il corpo non aveva uno scopo bellico, ma solo quello di formare giovani leader istruiti. Tuttavia ben presto divennero cavalieri e guerrieri.

Come già accennato, vi era uno stretto legame tra Hwarang e buddhismo, religione largamente diffusa nella corte di Silla. Così, spesso i monaci buddhisti erano guide e mentori dei Hwarang e non soltanto dal punto di vista spirituale. I monaci erano grandi conoscitori delle arti marziali, si allenavano assiduamente e conoscevano le tecniche di autodifesa.

Uno di questi monaci era Won Gwang. Egli insegnava ai suoi discepoli Hwarang come essere guerrieri, avere fiducia nelle proprie azioni, controllare se stessi e l’ambiente circostante. Won Gwang propose i cinque precetti per la vita secolare:

  • fedeltà al sovrano;

  • pietà filiale;

  • fiducia e sincerità tra amici;

  •  non ritirarsi mai in battaglia;

  • esercita discrezione quando prendi una vita.

Come si può notare questi precetti corrispondono perfettamente ai dettami del giuramento dei Hwarang. Questo stretto legame con il buddhismo evidenzia la forza di tale religione nella corte di Silla nel periodo in cui i Hwarang si affermarono. Nel 527 il buddhismo divenne, infatti, la religione di Stato.

Il corpo dei Hwarang nacque per volontà di re Jinheung di Silla. Fu lui a voler creare un’accademia per giovani soldati, al fine di educare dei valorosi comandanti militari e politici. Ufficialmente l’istituzione nacque nel 576, sebbene ci siano prove dell’esistenza dei Hwarang anche prima di tale data.

Nel settimo secolo, i Hwarang avevano prestigio e onore. Nel Samguk Sagi il generale Gim Busik elogia le imprese militari dei Hwarang nella lotta contro Paekche e Goguryeo, mentre nel Samgungnyusa si trattano maggiormente le loro attività buddhiste.

Nella nascita dei Hwarang il re Jinheung (nel drama Hwarang: The Poet Warrior Youth  interpretato da Park Hyung-sik) ebbe un ruolo fondamentale. Salì al trono nel 540, in giovane età, e per questo fu affiancato dalla madre che fungeva da reggente. Una volta divenuto maggiorenne, prese in mano le redini del regno e nel 551stipulò un accordo di alleanza col vicino regno di Paekche. Subito dopo i due regni attaccarono insieme Goguryeo. Re Jinheung espanse così i confini di Silla fino al fiume Han. Nel 553 però Jinheung tradì Paekche alleandosi con Goguryeo e nel 554 uccise il re Seong di Paekche.

Il generale Kim Isabu, discendente di quarta generazione di Naemul di Silla (nel drama Hwarang: The Poet Warrior Youth interpretato da Park Seo-joon), fu braccio destro del re Jinheung. Da lui fu nominato governatore di Siljik, l’odierna Samcheok, e di  Hanseulla che è l’odierna Gangwon .

Nel 576 re Jinheung fondò i Hwarang e nello stesso anno morì, dopo trentasette anni di regno e conquiste. Il carattere bellicoso ci fa comprendere come la creazione ufficiale dei Hwarang fosse proprio nell’ottica di rafforzare l’esercito di Silla. Re Jinheung gettò le basi per l’unificazione della Corea sotto il regno di Silla.

L’istituzione dei Hwarang fu una geniale idea del re, non soltanto dal punto di vista bellico. Al di sotto dei Hwarang vi erano i Nangdo che erano figli di nobili inferiori o anche di cittadini comuni. Essi assistevano i Hwarang, che costituivano i leader di ogni gruppo di Nangdo. In tale modo si favoriva la cooperazione tra classi sociali diverse e si alleviavano i conflitti intestini. Come i Hwarang, i Nangdo erano educati alla storia, alla filosofia, alle arti, alla guerra, alla caccia e alla religione buddhista. Tuttavia i natali erano ciò che differenziavano i Hwarang dai Nangdo.

Kim Yu-shin fu tra i Hwarang più famosi nella storia di Silla. Figlio del generale Kim Seohyeon, nacque nel 595, divenne un guerriero Hwarang a soli quindici anni. A diciotto anni era già un abile spadaccino e raggiunse il titolo di Kukson, cioè il rango più elevato dei Hwarang.

A trentaquattro anni Kim Yu-shin ottenne il comando di tutte le forze armate di Silla. Per tutta la vita si batté per l’unificazione della penisola coreana. Visse fino a settantanove anni. Dopo la sua morte ricevette il titolo onorifico di re Heungmu e fu sepolto in una tomba degna di un re. La sua storia è stata raccontata anche nel Drama del 2012 Dream of the Emperor, dove il ruolo di Kim Yu-shin fu dell’attore Kim Yu-seok.

Secondo una leggenda, durante una battaglia i suoi soldati si rifiutarono di combattere poiché avevano visto una grande stella cadente nel cielo, considerata cattivo presagio. Allora Kim Yu-shin con un abile stratagemma utilizzò un grande aquilone per sollevare nel cielo una palla infuocata. I soldati, ritenendo fosse la stessa stella caduta a essere ritornata nel cielo, decisero di combattere e sconfissero l’esercito ribelle nemico. Un altro Hwarang famoso è Sa Da-ham che, come Kim Yu-shin, ottenne il titolo a quindici anni.

Nella guerra contro i regni del nord, Sa Da-ham perse l’amico d’infanzia Moo Kwan-rang, anch’egli uno Hwarang. I due avevano stretto un patto che obbligava il sopravvissuto, qualora uno dei due fosse morto in battaglia, al suicidio. Sa Da Ham mantenne la promessa e dopo sette giorni di totale digiuno morì, a dimostrazione di quanto i Hwarang fossero fedeli ai loro dettami.

Dopo la caduta di Silla, nel 935 il corpo sparì, restando il simbolo di un’epoca antica.

Da allora il termine è stato riutilizzato in modi diversi. Nel 1527 Choe Sejin nel suo Hunmong jahoe utilizza la parola Hwarang per indicare un intrattenitore dedito alla prostituzione. Ma il nome Hwuarang è utilizzato anche nelle arti marziali, in onore dell’antico corpo di guerrieri. Esiste infatti un ramo del Taekwondo che prende proprio il nome di Taekwondo Hwarang e il gran maestro Ho Sik Pak ha chiamato la sua federazione Hwarang World Tang Soo Do Federation.

Leggi anche la recensione di: Hwarang: The Poet Warrior Youth (화랑)

Esiste anche un’arte marziale chiamata Hwarangdo che unisce pugilato, Taekwondo, Muay thai, Judo, Aikido, Hapkido e Grappling. La nascita risale al XX secolo. Nel 1942 Joo-Bang Lee e suo fratello Joo-Sang Lee furono presi sotto l’ala del monaco Suahm Dosa al tempio di Suk Wang Sa in Corea del Nord. Dopo l’avvento del comunismo fuggirono in Corea del Sud e cominciarono a praticare le arti marziali più famose tra quelle esistenti. Decisero poi di creare la propria arte marziale. Nel 1969 Suahm Dosa prima di morire diede il titolo di Hwarang a Joo-Bang Lee, il minore dei fratelli nonché l’unico a essere rimasto in Corea. L’altro si era trasferito negli Stati Uniti alcuni anni prima. Ciò fece infuriare Joo-Sang Lee, che interruppe ogni rapporto con il fratello. Nel 1972 Joo-Bang Lee si trasferì in California e fondò la World Hwarangdo Association.

Coloro che praticano lo Hwarangdo utilizzano circa centootto armi. Tra queste ci sono l’ingeomon, che è una spada a doppio filo, la hwando, che è simile alla katana giapponese, e il chaejing, un bastone molto lungo con incatenato all’estremità un bastone più corto.

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La meravigliosa idea di Wooh Na-young

E se i personaggi delle fiabe occidentali indossassero i vestiti tradizionali coreani?

di Maria De Riggi

L’illustratrice sudcoreana Wooh Na-young, conosciuta con lo pseudonimo di Obsidian, ha catturato l’attenzione internazionale ridisegnando, secondo lo stile tradizionale coreano, i personaggi delle fiabe occidentali.

I disegni sono tutti bellissimi, dai colori vivaci e ricchi di dettagli.

Le protagoniste indossano l’Hanbok, il tradizionale abito coreano in uso durante il periodo della dinastia Joseon.

In particolare Alice nel paese delle meraviglie, che fa parte della serie Fairytales – fiabe occidentali in Corea, è stato trasformato in un film d’animazione. Film che è stato proiettato al più grande festival di animazione della Danimarca mentre il dipinto è esposto nella Galleria KF nel centro di Seoul.

Alice Indossa un hanbok bianco e una gonna blu cielo. I capelli neri sono raccolti in due lunghe trecce e adornati dal caratteristico fermaglio, il cheopji, che abbellisce la pettinatura.

Accanto a lei, il coniglio indossa anch’esso l’hanbok e il cappello tradizionale Gat.

Da quel momento Wooh Na-young ha iniziato a collaborare con Netflix, con la Disney e la Marvel.

Recentemente ha anche realizzato la cover di Maleficent 2.

Obsidian afferma che non è stato facile arrivare a trovare il proprio stile.

È stato un viaggio alla ricerca di sé stessa.

Tutto è incominciato dal suo interesse per l’hanbok, anche se all’inizio pensava fosse solo un vestito fuori moda delle vecchie generazioni. È stato grazie ai meravigliosi disegni dell’artista di Manga giapponese  Smeragi Natsuki, autrice famosa perché nelle sue opera ritrae la storia cinese e coreana, le è venuta l’idea di abbinare questo interesse ai racconti folkloristici e alle favole.

Dopo aver lavorato per dieci anni nel settore dei videogiochi, Obsidian era alla ricerca della propria espressione, della propria identità artistica.

Essendosi laureata in pittura orientale all’Università Ewha Womans, l’artista si era chiesta spesso a che fosse servito studiare pittura orientale. Quando però ha unito il frutto dei suoi studi all’uso del digitale, ciò che ne è scaturito è qualcosa di unico che cattura l’immaginario.

Ci sono voluti sei mesi per completare l’opera Alice nel paese delle meraviglie, ma secondo l’autrice ne è valsa la pena, perché l’ha aiutata a trovare l’energia per percorrere la sua nuova strada.

Wooh Na-young si emoziona quando le dicono che grazie ai suoi disegni le persone hanno scoperto o riscoperto l’interesse per il tradizionale hanbok. Ammette che è proprio così che vuole essere ricordata, come qualcuno che mostra la bellezza del costume e la cui arte rende felici le persone.bo

Una nota: L’hanbok (한복) è l’abito tradizionale coreano che ha radici molto antiche. È indossato nelle occasioni formali e tradizionali come feste, celebrazioni e cerimonie. È caratterizzato da colori vivaci e linee semplici senza tasche. Anche se il termine significa letteralmente “vestito coreano”, l’hanbok di solito si riferisce specificamente agli indumenti del periodo di Joseon.

È possibile ammirare altre opere di  Wooh Na-young sul sito ufficiale dell’artista, QUI.

Credit foto woohnayoung.com

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La leggenda dei fiori di ciliegio nord coreana tra storia e fantasia

Una storia sul valore dell’amicizia. Un racconto che arriva fino a noi dall’epoca Joseon.

di donatella Perullo

Tempo fa ho parlato di cosa rappresentino i fiori di ciliegio per i sudcoreani e del perché appaiano spesso in molte scene romantiche dei Drama. Alla fine dell’articolo, riportai una suggestiva leggenda sull’origine dei fiori di ciliegio. Rivelai anche di aver trovato, durante le mie ricerche, anche un’altra racconto tradizionale ed è di questo che mi appresto a parlare.

È un mito sull’origine dei fiori di ciliegio, proveniente dalla Corea del Nord. A differenza della storia sudcoreana, “La leggenda fiabesca dello Yoshino, il primo ciliegio dell’isola di Jeju”, che parla d’amore ed è fiabesca, il racconto nordcoreano racconta il potere dell’amicizia come sentimento indissolubile e ha una connotazione più realistica, seppur altrettanto poetica.

Ovviamente, entrambe le leggende sono antichissime e risalgono a epoche di gran lunga antecedenti la scissione del paese.

Prima di proporvi la traduzione del mito nord coreano, ci tengo a evidenziare una cosa. Come ho appreso dalle fonti, in Corea del Sud la base della parola utilizzata per fiori di ciliegio,벚꽃을 (beojkkoch-eul), è la ㅈ (consonante J). Nel Nord della Corea, invece, per comporre il vocabolo che significa fiori di ciliegio, 벗꽃을 (beojkkoch-eul), è utilizzata come base la “ㅅ” (consonante S).  Sempre al nord, la parola amici si scrive 벗의 (beos-ui). Noterete che la prima sillaba grafica di 꽃을 (fiori di ciliegio) e di 의 (amici) sono identiche. Per questo motivo, dunque, il titolo de La Leggenda dei fiori di ciliegio nordcoreana può essere letto anche come “La leggenda del fiore di un amico”. Devo ammettere però che, dopo aver letto la storia, anche se non è letterale come traduzione, a me suona meglio “La leggenda del fiore dell’amicizia”.

Eccone qui il testo tradotto per me dal mio amico Gabriele Discetti, brano che ho poi un po’ arricchito per renderlo più vicino al nostro stile narrativo:

La leggenda dei Fiori di Ciliegio (La leggenda del fiore dell’amicizia)

Due ragazzi di nome Hak e Sol vivevano in un piccolo villaggio. Entrambi i padri avevano sacrificato le loro vite in guerra e i due giovani erano cresciuti soli con le loro madri. Quando compirono sedici anni Hak e Sol, furono chiamati a onorare il loro dovere di sudditi e partirono per il servizio militare. Qualche tempo dopo, purtroppo, mentre Hak era lontano, la madre fu derubata da alcuni malviventi. Al giovane giunse la triste notizia che la donna fosse in condizioni critiche. Il giovane supplicò il comandante di poter tornare a casa per accorrere al capezzale della madre ma nonostante questo, il superiore rifiutò.

A quel punto, per permettere all’amico di raggiungere la madre, Sol si offrì di prenderne il posto. Il comandante, uomo intransigente, accordò lo scambio, ma avvisò Hak che se non fosse rientrato entro tre giorni, Sol sarebbe stato condannato a morte.

Grato, Hak giurò all’amico che sarebbe tornato in tempo e si affrettò a partire. Giunse a casa dopo due giorni di viaggio. Qui scoprì che la madre di Sol si era resa cura della sua con tanta amorevolezza che ora la donna godeva di buona salute. Hak sarebbe voluto restare un po’ con sua madre, ma sapeva di non avere tempo e partì subito per tornare a Gunyeong.

Al campo militare, infatti, Sol stava per essere condannato alla forca. Il ragazzo era sereno e pronto a morire, felice di aver permesso ad Hak di vedere sua madre. Il terzo giorno giunse. L’esecuzione era prossima, il cappio intorno al collo di Sol. Il comandante stava per impartire l’ordine, quando si udì il suono di un cavallo al galoppo.

Nonostante la sua folle corsa, Hak pensava ormai di essere giunto in ritardo e gridò disperato ma Sol era ancora vivo. I due giovani si abbracciarono commossi e il comandante, colpito dalla profonda amicizia tra i due, annullò l’esecuzione.

In quel momento gli alberi che li circondavano fiorirono e germogliarono migliaia di fiori di un rosa pallido.

Questa bellissima leggenda pare sia ispirata a una storia vera, quella dell’amicizia tra Na Sung-ryong e Lee Dae-ro, vissuti durante la dinastia Joseon a Gwanghae-gun. Vicenda della quale è stato fatto cenno anche nel film Masquerade (2012) con Lee Byung-hun.  Quando ho letto di questo dettaglio, ho subito desiderato conoscere la storia dei due amici realmente vissuti. È una vicenda bellissima che mi ha emozionata, ma a colpirmi è stata anche una frase letta nell’articolo che parla di questi fatti storici.

Cos’è un amico? È una persona preziosa che può condividere gioia, tristezza e difficoltà. È una persona che si congratula con te quando hai cose buone e ti conforta quando sei triste. Inoltre, un vero amico è qualcuno che può aiutarti quando stai attraversando un momento difficile e può persino condividere vita e guai.

Un amico, insomma, è una persona quasi impossibile da trovare. Avere un vero amico è una fortuna incommensurabile e la testimonianza storica che sto per raccontarvi lo dimostra.

Prima di farlo, però, voglio confidarvi che, come ogni volta che scrivo, mi sono divertita a dare dei volti ai protagonisti. Dopo un piccolo casting ho impersonato i due amici in Woo Do-hwan e Yang Se-jong. I due magnifici interpreti del Drama  My Country: The New Age nel quale interpretavano, per l’appunto, due amici vissuti dell’epoga Joseon. Re Gwanghae-gun, invece, l’ho immaginato come Lee Joon-gi, indimenticabile nei panni del quarto principe Wang So in Moon Lovers : Scarlet Ryeo.  Ovviamente voi siete liberi scegliere dei prestavolto differenti. Ogni lettore ha il sacrosanto diritto di usare il proprio immaginario a suo gusto e piacere.

L’amicizia tra Na Sung-ryong e Lee Dae-ro

Durante la dinastia Joseon Gwanghae-gun ( : 1575 ~ 1641), un giovane di nome Na Seong-ryong stava per essere impiccato. Lui, che era un figlio affettuoso, implorò di poter tornare a casa per porgere un ultimo saluto ai suoi anziani genitori. Il re Gwanghae-gun negò il consenso perché altrimenti poi avrebbe dovuto concedere anche agli altri prigionieri nel braccio della morte di dire addio alle famiglie. Temeva, inoltre, che se avesse concesso a Na Seong-ryong di tornare a casa e quello fosse scappato, la legge e l’ordine ne sarebbero stati scossi.

Proprio mentre re Gwanghae-gun si stava opponendo con decisione alla richiesta del condannato, Lee Dae-ro, amico di Na Seong-ryong, intervenne e si offrì come garanzia. 

«Maestà! Garantisco il suo ritorno. Per favore, lo lasci andare!»

«Ti offri come garanzia?» tuonò il re «E cosa succederebbe se Na Seong-ryong non tornasse?» 

«Maestà! Se lui non tornasse sarò impiccato al suo posto e sarò punito per essermi fatto un amico sbagliato.»

«Credi così tanto in Na Seong-ryong?» domandò sorpreso il re.

«Lui è il mio amico.» affermò deciso l’altro. Re Gwanghae-gun rise come se ciò che stava dicendo Lee Dae-ro fosse assurdo.

«Al suo ritorno, Na Seong-ryong è destinato a morire. Pensi che tornerebbe pur sapendo ciò? In più, anche se decidesse di farlo, i suoi genitori, conoscendone il destino, non lo lascerebbero andare. Stai correndo un grande rischio in questo momento.» ammonì il re.

«Credo disperatamente nell’amicizia di Na Seong-ryong. Maestà, a rischio della mia vita, la prego, mi conceda il permesso!» supplicò l’uomo.

Davanti a tanta insistenza, Gwanghaegun fu costretto a fare questa concessione. Così Lee Dae-ro fu imprigionato nel braccio della morte al posto di Na Seong-ryong. 

Quando giunse il giorno dell’impiccagione, di Na Seong-ryong non si aveva ancora alcuna notizia. La gente iniziò a ridere di Lee Dae-ro e a gridargli: “Questo è il modo in cui morirai!”

Mezzogiorno era vicino. La forca era stata innalzata al centro della strada. Il prigioniero fu condotto sul patibolo e quando gli fu messa la corda al collo, i suoi parenti iniziarono a piangere.

Disperati, i familiari di Lee Dae-ro maledirono Na Seong-ryong che aveva tradito la sua amicizia. A quelle grida Lee aprì gli occhi e si arrabbiò. 

«Non maledite il mio amico Na Seong-ryong. Non lo conoscete, forse?»

Poco dopo, una voce tuonante emise l’ordine di esecuzione dell’esercito di Gwanghae. Proprio in quel momento, qualcuno arrivò al galoppo, gridando. Era Na Seong-ryong. L’uomo si avvicinò ansimante e disse:

«Durante il tragitto, la nave ha incontrato una tempesta e sono a malapena vivo. Ho corso come il vento per arrivare adesso. Perciò ora, per favore, fate così com’è deciso, salgo sul patibolo.»

I due amici si abbracciarono e si salutarono. 

« Na Seong-ryong » disse Lee Dae-ro «Sei il mio più caro amico e non ti dimenticherò mai.»

Sospiri e lacrime iniziarono a scorrere tra coloro che fino a poco rima avevano riso dell’amicizia tra i due. Il cappio passò dal collo di Lee Dae-ro a quello di Na Seong-ryong, ma proprio nel momento in cui l’esecuzione stava per essere eseguita, re Gwanghaegun la interruppe.

«V’invidio!» ammise il sovrano «Darei tutte le mie cose, pur di avere un’amicizia come la vostra.» poi disse ad alta voce: «È deciso dall’autorità del re, quindi lasciate che se ne vadano entrambi. Anche se hanno commesso un crimine, sono orgoglioso del fatto che questi due siano giovani coreani!»

Ecco, ora conoscete la leggenda originaria del nord della Corea, ma anche la vera storia che l’ha ispirata. Spero che ne abbiate trovato interessante il racconto, tanto quanto a me ha emozionato scoprire queste affascinanti storie.

Fonti: (1) ; (2)

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Le Star di K Drama più pagate e i loro investimenti al di fuori dell’Hallyu

Gli attori e le attrici di Korean Drama meglio pagati che si stanno affermando anche come imprenditori, nel food business e non solo.

di Donatella Perullo

Quanto sono bravi, oltre che belli, gli attori e le attrici che ci fanno sognare ed emozionare con le loro interpretazioni nei nostri Korean Drama preferiti? Tanto, ma non c’è da meravigliarsi perché la loro bravura è frutto di grande preparazione professionale e immensa fatica. Chi come me segue questo mondo, infatti, credo si sia accorto di quanto gli artisti dello star system sudcoreano, siano assorbiti totalmente da questo lavoro. Che siano giovanissimi o no, sacrificano anche la loro vita privata per essere a completa disposizione del pubblico che li osanna.  Mi sono spesso chiesta che ritorno abbiano in termini economici per il loro lavoro. Qualche giorno fa mi sono imbattuta in alcuni articoli che trattano l’argomento e ho potuto finalmente dare qualche risposta alle mie domande. Notizie che non posso fare a meno di condividere con voi.

Non mi sono sorpresa di scoprire che gli ingaggi di alcuni di questi professionisti per un singolo episodio di un Korean drama, valgono milioni di won. Ciò li rende tra le celebrità più ricche del paese.

Nonostante ciò, però, molti di loro non si sono fermati ai guadagni ottenuti grazie all’industria dell’Hallyu, l’onda coreana che lambisce ormai anche il nostro paese. Gran parte di queste star hanno, infatti, conquistato un posto di rispetto anche come imprenditori.

Per citarne solo alcuni:

Lee Jon-suk è titolare dell’89 Mansion, un bar ristorante di due piani, accogliente e apprezzato da chi ama lo slow food. Il locale si trova in Garosu-gil Street, una strada considerata la Beverly Hills di Corea. L’attore ha voluto aprire il locale dopo aver girato While you were sleeping. Ha dipinto personalmente un murale all’interno del locale nel quale a volte ama fare da barista.

L’89 Mansion – Foto credit: 89 Mansion

Choi Siwon è proprietario del Budsy dog, un pub che serve Hot dog e hamburger. Il locale  prende il nome dal suo buldog francese Bugsy. Anche nel logo del locale è raffigurato Bugsy con in mano una salsiccia.

Il Bugsy Dog – Immagine da tripadvisor 

Park Shin-hye ha un pub molto popolare chiamato Little Tin Drums. Il Pub è gestito dai suoi genitori ed è specializzato in trippa di agnello, ma offre anche carne di maiale al barbecue e intestini di manzo. Pare che Park Shin-hye aiuti regolarmente nel locale e che spesso ceni lì con i suoi amici e il suo manager. Le pareti del Little Tin Drums sono tappezzate di poster dei drama e autografi dell’attrice, ma anche da quelli di altre celebrità.

Il Little Tin Drums – Credit: Shyne-hi International community

Jo In-sung ha, invece, una caffetteria, che si chiama Every thing but the Hero cafe. È un locale di grande successo tra gli amanti del caffè e degli snack. L’attore ha comprato un edificio a tre piani e ha destinato il primo piano al caffè che è gestito da suo fratello minore. L’Every thing but the Hero cafe è popolare per il suo caffè sgocciolato a mano e dolci freschi. 

L’Every thing but the Hero cafe – credit: Instagram

Yoo Yeon seok è proprietario del Lua Lounge, un pub aperto solo di notte (da qui il nome Lua che in portoghese significa Luna). Ha gestito personalmente il design degli interni e ogni ornamento, anche la più piccola decorazione. Si trova all’ultimo piano di un edificio di Itaewon e dalla terrazza si può ammirare tutto il quartiere.

Il Lua Lounge – Credit: Annyeong Oppa

Yoo Ah-in è nell’industria della ristorazione con il suo pub TMI che sta per Too Much Information. Situato a Itaewon, il locale serve cibo fatto solo con ingredienti biologici. Il TMI non è l’unico locale di proprietà di Yoo Ah-in. L’attore possiede pure un caffè che è anche un complesso culturale chiamato Studio Concrete. Yo Ah-in ha trasformato, con vari artisti e un fotografo, un vecchio edificio in uno spazio vintage e creativo. Lo Studio Concrete ospita oltre a una caffetteria, una galleria d’arte, un laboratorio e ha una terrazza, dove i visitatori possono rilassarsi.

Foto credit: (1)  (2)

Ma i VIP sudcoreani non sembrano investire solo in locali commerciali. Ecco due esempi:

L’attrice Jun Ji-hyun aveva, tempo fa, investito nell’edilizia con l’acquisto di ben sei edifici.  Nel 2017 ne ha comprato un altro del valore di trenta miliardi di won (ventidue milioni di euro), nel quartiere di Gangnam, di Seoul.

Kim Tae-hee e suo marito Rain, sono comproprietari di un complesso di appartamenti di lusso occupati da inquilini. Durante il periodo di COVID19, la coppia è balzata alle cronache per un gesto di grande generosità. Ha, infatti, deciso di dimezzare gli affitti a tutti gli inquilini, quando la crisi causata dal virus ha raggiunto il picco in Corea del Sud. Pare che i due abbiano rinunciato a molti soldi per questo gesto di generosità che, però, li ha fatti diventare eroi agli occhi dei netizen.

Al contrario, Jun Ji-hyun è stata criticata e tacciata di essere tirchia per aver ridotto gli affitti dei suoi inquilini solo del dieci percento.

Per tornare ai compensi dei nostri attori preferiti, l’argomento per il quale ho deciso di scrivere questo approfondimento, ho trovato diversi articoli che lo trattano. Hype e World’s trending top most hanno stilato la classifica delle dieci attrici e dei dieci attori di Korean drama più pagati del 2020. Grazie a loro sono riuscita a soddisfare la mia curiosità. Anche se i cachet riportati si riferiscono solo ai serial televisivi e non comprendono gli ingaggi pubblicitari, credo che questo basti a farci fare un’idea. Purtroppo però nello scorrere le classifiche, ho anche potuto constatare il consistente divario che c’è tra i cachet degli uomini e quelli delle donne. Confesso che la cosa mi ha fatto un po’ storcere il naso. Arrivoal dunque.

Secondo World’s trending top most, i dieci attori di Korean drama più pagati di Corea sono: 

10Ji Chang-wook-52.382.195 ₩ a ep. (38.677€)
9Song Joong-ki–62.734.846 ₩ a ep. (46.321€)
8Lee Joon-Suk– 62.734.846 ₩ a ep. (46.321€)
7Yoo Ah-in– 73.212.098 ₩ a ep. (54.057€)
6Lee Seung-gi– 73.212.098 ₩ a ep. (54.057€)
5Lee Min-ho-73.212.098 ₩ a ep. (54.057€)
4So Ji-sub–  83.687.995 ₩ a ep. (61.792€)
3Jo In-sung– 83.687.995  ₩ a ep. (61.792€)
2Hiun Bin– 104.641.144 ₩ a ep. (77.263€)
1Kim Soo-hyun-104.641.144 ₩ a ep. (77.263€)

Secondo Hype. My, invece, le dieci attrici di Korean drama più pagate sono:

10Park Shin-hye – 21.202.349 ₩ a ep. (15.655 €)
9Park Bo-young – 31.179.845 ₩ a ep. (23.022 €)
8Shin Min-ah – 31.179.845 ₩ a ep. (23.022 €)
7Gong Hyo-jin – 41.657.097 ₩ a ep. (30.758 €)
6Kim Tae-hee –  42.404.698 ₩ a ep. (31.310 €)
5Song Hye-kio – 49.918.632 ₩ a ep. (36.858 €)
4Choi Ji-Woo – 49.918.632 ₩ a ep. (36.858 €)
3Ha Ji-Won – 49.918.632 ₩ a ep. (36.858 €)
2Lee Young-hae -98.648.145 ₩ a ep. (72.838 €)
1Hyun Ji-Hyun – 99.837.264 ₩ a ep. (73.716 €)

Ecco, a parte Lee Young-hae e Hyun Ji-Hyun, le altre attrici in classifica guadagnano per ogni puntata dei drama, quasi la metà rispetto ai colleghi piazzati alla loro stessa posizione. Sarà perché è il pubblico femminile quello più appassionato ai K Drama e di conseguenza sono gli attori che contribuiscono ad alzare lo share? Me lo chiedo, ma qualsiasi sia la risposta, resto perplessa. Così come sono stata sorpresa nel non trovare tra i primi dieci attori del calibro di Gong Yoo e Park Seo-joon e tra le attrici Kim G-eun e Son Ye-jin.

Fonti: (1) ; (2) ; ( 3) ; (4) ; (5) ; (6) ; (7)

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Io sono una pietra (나는 돌덩이) – Diamante, la poesia che dà la carica

Diamante, la poesia di Itaewon Class che risveglia i cuori e dà la carica. Versi che lasciano il segno, da ascoltare e custodire per poterli ripetere ad altri o a sé stessi, nei momenti di sconforto o insicurezza.

di Donatella Perullo

Attenzione! Questo articolo contiene SPOILER!!

Chi si è lasciato coinvolgere da Itaewon Class e dalle peripezie di Seo-ro-yi & company, durante la dodicesima puntata ha di certo trattenuto il fiato.

La scena è drammatica. In qualità di chef del DanBam – Sweet Night, Ma Hyeon-yi deve partecipare alla finalissima del Kooking show che decreterà il miglior pub di Corea. È nervosa, ma pronta ad affrontare la gara, quando qualcuno fa trapelare il suo segreto e la cosa finisce su tutti i giornali. Hyeon-yi è sconvolta, solo i suoi più cari amici sanno che è una trasgender. Perciò a ferirla è il tradimento di uno di loro più del fatto che la verità su di lei sia stata rivelata. Pensa di abbandonare la gara e Seo-ro-yi l’appoggia, disposto anche, pur sapendo di non esserne all’altezza, a prendere il suo posto nella competizione.

Tutto sembra perduto e l’animo coraggioso e volitivo di Hyeon-yi è lì per cedere. La ragazza è sola e in lacrime quando le arriva una telefonata. È Yi-seo che ha letto la notizia e cerca l’amica, ma non per consolarla o blandirla con parole dolci. Non sarebbe da Yi –seo farlo perché, non dimentichiamolo, lei è diversa, lei è sociopatica o forse solo pragmatica.

«Che cosa farai?» le chiede Yi-seo «scapperai?» e al silenzio perplesso dell’amica, che cerca di nascondere il proprio sconvolgimento, continua «Questa mattina ho sfogliato un libro di poesie e voglio leggertene una, ora.» Dice, prendendo tra le mani un volume intitolato in inglese Io sono il Diamante, poi continua «Non dovrei, ma voglio farlo, perché sono una stronza.»

La scena fa un brevissimo salto temporale. Hyeon-yi non è più seduta e sconsolata, ma procede sicura verso lo studio dove si registrerà la gara. La sua espressione è decisa e lo sguardo mostra una nuova sicurezza. Hyeon-yi è finalmente pronta ad affrontare qualsiasi avversità e legittimare il proprio valore dinanzi al mondo intero. Avvicina il microfono alle labbra e in favore della telecamera dichiara con voce ferma: «Sono Ma Hyun Yi, lo chef del Danbam Pub. Sono un transgender. E oggi vincerò!».

A questo punto, in sottofondo si sente la voce di Yi-seo che declama una poesia. Il momento è da brividi, la sferzata di energia non travolge solo Hyeon-yi, ma chiunque ascolti quelle parole. Sono versi che hanno una forte carica motivazionale. Parole che lasciano il segno, da ascoltare e poi custodire per poterle ripetere ad altri o a sé stessi, nei momenti di sconforto o insicurezza. È per questo che ho voluto tradurne il testo e riportarlo qui, perché possiate conservarlo e rileggerlo ogni volta che ne sentirete il bisogno (a proposito di questa mia traduzione, se deciderete di condividerla estrapolandola dall’articolo, vi prego di citare la fonte) :

Io sono una pietra (나는 돌당)

 

Sono una pietra,

fa’ pure, dammi fuoco

non mi muoverò

perché sono una pietra.

Fa’ pure, pestami,

sono una pietra dura.

Fa’ pure, lasciami nell’oscurità,

sono una pietra che risplenderà,

anche in solitudine.

Non mi infrango né incenerisco,

non mi lacero

e andando contro natura,

sopravvivo.

Io sono il Diamante.

Perché proprio un diamante? Non per il suo valore economico, certo, ma per il significato intrinseco che rappresenta. È una pietra difficile da scalfire tanto che l’etimologia del nome deriva dal greco adaµas (adamas) che significa indomabile.

Chiedo scusa ai poeti perché con la prosa me la cavo un po’, ma con i versi e le metriche non ho un gran feeling. Spero però di essere riuscita, con qualche lieve licenza nella trasposizione in italiano, a rendere bene questa poesia che trovo magnifica. Appena ascoltata, sono corsa a cercare in rete il volume dalla cover variopinta mostrato nel Drama, per scoprire chi ne fosse l’autore. Ero convinta che, come in Goblin, per esempio, lo sceneggiatore si fosse affidato ai versi di un poeta.   Invece ho scoperto che l’autore di Io sono una pietra è Gwang Jin, il fumettista papà di Itaewon class.

Colui che ha scritto e disegnato il Webtoon da cui ha poi tratto la sceneggiatura. Come se non bastasse, ho appreso anche che Gwang Jin ha collaborato con Lee Chi-hoon  alla stesura del testo di una delle OST del Drama. Parlo di Diamond (돌덩이), Diamante, cantata da Ha Hyun-woo, che vi consiglio di ascoltare perché, come la poesia, dà una carica niente male. Che dire, Gwang Jin dimostra di avere una notevole sensibilità insieme alla capacità di trasmettere messaggi profondi. Spero che dopo Itaewon scriva altre storie altrettanto belle e che di nuovo ne traggano un Drama, sarò la prima a vederlo!

P.S.: In Itaewon Class il titolo del volume in possesso di Yi-seo è scritto in inglese ed è “I’m the Diamond”. In rete però ho notato che il titolo in hangul della poesia, è 나는 돌당 , che tradotto letteralmente pare essere “Io sono una pietra” titolo che, in effetti, mi sembra più indicato per la poesia.

Il video della OST  Diamond, sottotitolato in italiano.

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