Il Bulgasari (불가사리)

l’essere immortale affamato di metallo, nato dai chicchi di riso

di Gabriele Discetti

Il Bulgasari è un mostro leggendario, la cui origine risale agli ultimi anni del periodo Goryeo (918-1392).

Nonostante il suo aspetto spaventoso, simile a un cane di grossa taglia con una proboscide, il Bulgasari era spesso dipinto sui paraventi o sui camini. Ciò perché si riteneva offrisse protezione dagli incendi e altri disastri. Secondo alcune leggende, il Bulgasari ha il corpo di orso, naso e orecchie di elefante, occhi di rinoceronte, coda da bovino, zampe di tigre e il pelo acuminato.

Una volta in Corea gli incendi erano piuttosto comuni e potevano causare ingenti danni, perché le tipiche case orientali erano principalmente di legno.

Il Bulgasari è presente nel Songnamjapji (Raccolta di racconti di Songnam) risalente al tardo Joseon (1392-1897). Nel brano “Gli ultimi anni di Songdo” si narra di un mostro che aveva divorato tutto il metallo della capitale di Goryeo, cioè Songdo. Gli abitanti tentarono in tutti i modi di ucciderlo, ma invano. Neanche buttarlo vivo nel fuoco servì. Anzi, avvolto dalle fiamme, il Bulgasari uscì dal fuoco e bruciò tutte le case circostanti. Per tale ragione chiamarono l’essere Bulgasari, che letteralmente significa “Impossibile da uccidere”.

Il Bulgasari è presente in tante leggende diverse tra loro per alcuni particolari. La sua storia si lega anche alla vicenda dell’arresto dei monaci buddhisti durante il periodo Goryeo.

I Bulgasari in un’antica raffigurazione – collezione privata

Si racconta che dopo la promulgazione di una legge ordinante l’arresto dei monaci buddhisti, uno di essi trovò rifugio presso l’abitazione della sorella. Tuttavia lei suggerì al marito di denunciarlo alla polizia per impossessarsi di tutti i suoi averi. L’uomo anziché denunciare il monaco, uccise la moglie e liberò il monaco.

Durante il periodo passato nascosto nell’armadio della sorella, il monaco aveva creato un mostro con i chicchi di riso. Per nutrirlo, gli aveva dato da mangiare aghi di metallo. Finiti gli aghi, il mostro uscì dalla casa per mangiare qualsiasi oggetto di metallo, diventando sempre più grande. A un certo punto il governo dovette prendere provvedimenti. Tentarono di catturarlo, ucciderlo con spade e frecce, infine si provò col fuoco. Tutti i tentativi furono inutili.

Il Bulgasari in una raffigurazione di un racconto popolare

In alcune varianti della leggenda il mostro fu ucciso da un eminente monaco buddhista, come a simboleggiare la riappacificazione tra il credo e il governo.

Anche un’altra storia legata al Bulgasari ha come protagonista un monaco buddhista.

Il monaco aveva ricevuto una profezia da un divinatore che prevedeva per lui la nascita di cento figli. L’uomo cominciò così a legarsi con le donne che giungevano al tempio per pregare. Arrivato a novantanove figli, il monaco tentò di violentare la moglie di un ministro, finendo così nella lista dei ricercati. Divenuto fuggitivo si rifugiò a casa della sorella e da questo punto la leggenda segue il corso della più comune storia riportata sopra.

Il Bulgasari è conosciuto anche come Hwagasari, tradotto “Ucciso dal fuoco”. Il motivo di questa discrepanza tra l’essere immortale e l’essere, invece, vulnerabile al fuoco è dovuto a un’altra variante della leggenda. In essa il mostro è effettivamente ucciso tra le fiamme. Il Bulgasari fu attirato con un rottame di metallo, gli fu incendiata la coda e morì carbonizzato.

Stando a un’altra versione della leggenda, il Bulgasari fu creato dal monaco buddhista per ringraziare il marito della sorella, il quale aveva preferito uccidere la moglie, invece di consegnarlo alla polizia.

Sta di fatto che, nonostante le differenze tra le storie, un elemento resta costante, cioè il tradimento della sorella. Il racconto è un ammonimento all’avidità che distrugge finanche i rapporti familiari. Se invece allarghiamo l’orizzonte al periodo storico, la leggenda del Bulgasari ucciso dalle fiamme può essere vista come una metafora che indica la fine di una dinastia (Goryeo) e l’inizio di una nuova (Joseon).

Il bassorilievo raffigurante Bulgasari sito presso il padiglione Gyeonghoeru del Palazzo Gyeongbokgung

Finóra ancora nessun korean drama ha avuto un Bulgarari come protagonista e neanche come antieroe. Qualche mese fa una notizia anticipava la probabile uscita di un Drama fantasy incentrato su una rivisitazione di questa creatura mitologica. Nulla però è stato ancora confermato.

Fonti (1); (2); (3) Fonti foto: (4); (5)

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Love Alarm (좋아 하면 울리는)

Il lato oscuro dei social, mostrato attraverso l’amore nato tra i banchi di un Liceo

di Donatella Perullo

Titolo: Love Alarm (좋아 하면 울리는)

Genere: Romance

Dove vederlo: in streaming su Netflix

Sceneggiatura: Seo Bo-ra e Lee Ah-yeon

Paese di produzione: Corea del Sud

Numero episodi: 8 durata per episodio: 45  minuti

Anno di trasmissione: 2019


Main Cast:

Kim So-hyun  (Kim Jo-jo)

Jung Ga-ram (Lee Hye-young)

Song Kang (Hwang Sun-oh)

 Min-si (Park Gul-mi)

Lee Jae-eung (Cheon Duk-gu)

In Corea del Sud, Un misterioso sviluppatore crea un innovativo software mobile. L’App si chiama Love Alarm e dà la possibilità di sapere se nel raggio di dieci metri c’è qualcuno a cui piaci. Love Alarm ha un successo immediato in tutto il mondo. Nessuno sembra poterne fare a meno, anche se è facile percepire i rischi potenziali che una simile innovazione può innescare.

Hwang Sun-ho (Song Kang) è un ragazzo bellissimo e molto ricco. La madre è un’attrice famosa e il padre un importante politico. Lui stesso ha lavorato come modello ed è molto popolare. Ha un solo vero amico, il coetaneo Lee Hye-young (Jung Ga-ram). Questi è figlio della governante di casa Hwang ed è per Sun-ho come e più di un fratello.

Ironia della sorte, tra i due il più sereno è l’umile Hye-young. Sun-ho si sente, infatti, non amato dai genitori che lo costringono a una vita di apparenze, ma grama di sostanza.

Quando Sun-ho inizia a frequentare lo stesso liceo di Hye-young, conosce Kim Jo-jo. La ragazza è orfana e vive con la zia e la cugina Park Gul-mi che frequenta il medesimo liceo e la detesta. Jo-jo non ha una vita semplice. Dopo lo studio ha più di un lavoro part-time e aiuta anche la zia nel suo minimarket. La ragazza cerca di accantonare soldi per gli studi universitari e deve ripagare un debito che ha acceso per affrontare le cure di sua nonna.

“Mi fai venire voglia di raccontarti tutto, anche le piccole cose ” (Hwang Sun-oh)

Anche se Hye-young non ha mai voluto confermarglielo, Sun-ho sa che l’amico è perdutamente innamorato della bella Jo-jo. Ciononostante, non riesce a impedirsi di restare affascinato da lei e in breve se ne innamora, ricambiato. Pur soffrendone, Hye-young comprende i sentimenti dei due ragazzi e continua a essere il migliore amico di Sun-ho e ad amare in segreto Jo-jo.

Nel frattempo intorno a loro l’App Love Alarm diventa un bene irrinunciabile per ogni membro della società, soprattutto tra i più giovani. Questi ultimi iniziano a valutarsi a vicenda in base a quanti cuori innamorati fanno trillare il cellulare di ognuno. Questo crea delle grosse disparità tra le persone ed estromette dalla vita sociale chi non riesce a piacere agli altri. Gli stessi innamorati ricercano conferma dell’amore reciproco non più nei propri sguardi o nei gesti, ma nella capacità di far suonare i reciproci Love Alarm.

Si creano anche episodi imbarazzanti nel momento in cui, chi vuol mantenere segreti i propri sentimenti, fa suonare suo malgrado l’applicazione dell’oggetto del suo desiderio.

Jo-jo e Sun-ho decidono di provare a vivere la loro storia senza far affidamento sull’applicazione. Anche se, saltuariamente, amano mostrare l’uno all’altro il risultato della loro vicinanza, mantenendo attivo Love Alarm.

Un evento del passato e un episodio del presente, cambieranno però le cose. Nel frattempo Love Alarm si espande e cambia la società, mettendone a nudo le debolezze ed esacerbandone aspetti negativi. Jo-jo, Sun-ho e Hye-young dovranno imparare ad affrontare i fantasmi del passato e soprattutto ad accettare che l’amore può essere meraviglioso, ma anche un tormento.

“Non importa cosa farai, mi basta che tu sia te stessa. Se ignorerai i miei messaggi, se mi darai buca e se mi scaricherai te lo ascerò fare. Per me sarà una reazione perché faremo cose insieme, cose che non posso fare da solo. ” (Lee Hye-young)

Tratto dall’omonimo webtoon di Chon Kye-young Love Alarm è solo in apparenza un drama adolescenziale, romance e leggero. In realtà, a mio parere, è una chiara denuncia contro l’influenza negativa dei social media nella società contemporanea. La storia porta, infatti, alla luce il lato oscuro e inquietante dei social che rendono le relazioni personali più superficiali e influiscono sull’autostima di ognuno. Partendo da una trama in apparenza scontata, Love Alarm diventa pian piano inquietante, mostrandoci quanto l’uso inappropriato della tecnologia influisca negativamente sui più fragili. È una storia che può impartire una seria lezione sui mali conseguenti la dipendenza dai social media.

Questa sensazione non è solo mia. Sul South China Morning Post, Stephen Mc Carty ha scritto: “Love Alarm non è solo una storia d’amore innocente. Si occupa anche della protezione dei dati, dei diritti dei gay, delle conseguenze estreme dell’angoscia e dell’invasione degli smartphone”.

Alla fine, il triangolo amoroso tra i protagonisti e le vicende dei personaggi di supporto, si rivelano un pretesto per raccontare il disagio nel quale s’incorre, diventando dipendenti dalla socialità virtuale. Il diverso approccio alle problematiche da parte dei vari personaggi, le loro scelte diametralmente opposte, saranno quelle che faranno la differenza nella loro vita. La chiave di lettura di questa storia è tutta tra le righe, insomma. Tuttavia non aspettatevi un racconto pesante e poco avvincente. Love Alarm è godibile e coinvolgente anche se, devo essere sincera, mi sono trovata spesso a mal sopportare la protagonista, quasi più della cugina odiosa. Kim Jo-Jo prende decisioni non sempre condivisibili, spesso incomprensibili ed egoistiche. Non entro nei dettagli per non rivelare nulla, sta di fatto che più di una volta ho desiderato di salvare Hye-young e Sun-ho da lei.

Ogni giorno sento che sto combattendo una guerra contro me stessa” (Kim Jo-jo)

In ogni caso, mi sento in dovere di dirvi, nell’improbabile possibilità che non lo sappiate già, che la storia non termina con l’ottava puntata. Prosegue, infatti, nella seconda stagione, in onda anch’essa su Netflix, della quale conto di parlarvi presto.

In Patria Love Alarm ha avuto un grandissimo successo. Nel 2019 Netflix l’ha posto all’ottavo posto tra i dieci spettacoli originali della piattaforma, più amati in Corea del Sud. Al momento della sua uscita fu fatto una grande promozione. Dal diciotto agosto al primo settembre  2019 fu organizzata, presso il Lotte World Tower World Park Square una zona di esperienza interattiva. Ogni spazio fu decorato e organizzato come se l’applicazione Love Alarm esistesse davvero e funzionasse. Fu offerta agli innamorati che visitarono il padiglione, un’esperienza romantica. Fu rilasciata, inoltre, un’App omonima, simile a quella del drama, ma non uguale, che si può tuttora scaricare da Google Play, QUI. Io non l’ho scaricata, nonostante la curiosità, quindi non so descrivervene le caratteristiche.

Una curiosità: Dopo la scelta di Kim So-hyun e Jung Ga-ram, la selezione per individuare il giusto interprete del personaggio di Hwang Sun-oh non fu semplice. Song Kang riuscì a ottenere il ruolo tra ben novecento aspiranti.

La mia valutazione
8.7/10
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Woo Do-hwan (우도환)

Il timido ed emotivo che ama i tteokbokki e crede nell’amicizia.

di Donatella Perullo

Cognome: Woo

Nome: Do-hwan

Professione: Attore

Luogo di Nascita: Anyang –  Corea del Sud

Data di nascita: 12 luglio 1992

Altezza: 180 cm

Peso: 65 Kg

Gruppo sanguigno: B

Religione: Protestantesimo

Segno zodiacale: Cancro (Scimmia)

Agenzia: KeyEast

WOO DO-HWAN  SOCIAL

Woo Do-hwan è nato a Anyang, la ventesima città più grande della Corea del Sud, (nda: la stessa dove è nato anche Ji Chang-wok). Ha frequentato la Pyeongchon Middle School e poi si è diplomato presso la Pyeongchon Management High School. Suo padre è un attore di teatro ed è stato naturale per il giovane, desiderare di diventare a sua volta un attore.

Si è laureato presso il ‘Dipartimento di arti dello spettacolo, Drama and Film’ della Dankook University College of Art and Design. In un’intervista del 2019, ha rivelato che a indirizzarlo alla carriera artistica e a spingerlo verso il mondo dello spettacolo siano stati i suoi genitori. Per sua stessa ammissione, sin dall’inizio tiene un diario del percorso affrontato per diventare attore. Un taccuino nel quale annota anche tutti i provini fatti da quando aveva venti anni. L’inizio del suo cammino artistico non è stato semplicissimo. In un intervista del 2017, Do-hwan ha raccontato che aveva diciannove anni quando ha iniziato a prepararsi seriamente come attore.

Quello è stato l’anno in cui è entrato alla Dankook University e ha iniziato a vivere da solo. Era la prima volta che viveva lontano dalla famiglia e tornava a casa solo per il fine settimana. Allora i genitori gli preparavano dei contorni da portar via e stufato da congelare. In questo modo non aveva bisogno di cucinare, mangiava sempre bene e, addirittura, in quel periodo ingrassò. Il suo esordio arriva nel 2011, con un cameo nel drama You’re Here, You’re Here, You’re Really Here. L’anno seguente ottiene un altro piccolo ruolo nel drama  Shut Up Flower Boy Band  dopo di che deve aspettare fino al 2016 per avere ruoli più importanti.

Sempre nell’intervista del 2017, ha rivelato infatti che a un certo punto, dopo diversi provini andati male, la sua autostima era diminuita tantissimo. Così, quando finalmente nel 2016 fu scelto per il ruolo di “Snapback”, nel film Master, era così eccitato che la notte non riuscì a dormire. Da quel momento per la sua carriera le cose migliorano. Sempre nel 2016 ottiene anche ruoli secondari in Drama World e in Sweet Stranger and me. È il 2017, però, l’anno in cui finalmente Woo Do-hwan ottiene i primi ruoli importanti. Lo fa nei drama Save me e poi in Mad Dog nel quale recita accanto a Yoo Ji-tae. In  questi anni, confesserà poi nel 2020 in un’intervista rilasciata a ELLE, per lui il tempo sembrava non passare mai e la strada verso gli agognati riconoscimenti appariva impervia e infinita.

Finalmente però nel 2018 arriva la vera svolta. Woo Do-wan è protagonista di Tempted, drama basato sul romanzo francese Le relazioni pericolose di Pierre Choderlos de Laclos. È solo l’inizio perché l’anno seguente arriva un altro ruolo da protagonista, accanto a Yang Se-jong, nel drama originale Netflix  My Country: the new age. Subito dopo può dimostrare tuttala sua bravura nell’impersonare il doppio ruolo di Jo Yeong  e Jo Eun-sup nel drama The King: The Eternal Monarch. Nel drama, anch’esso originate Netflix, scritto da Kim Eun-sook, la stessa sceneggiatrice del Drama Goblin,  Woo Do-hwan ha recitato al fianco di Lee Min-ho e Kim Go-Eun. Secondo quanto riportato dalla rivista  Style, durante le riprese Woo Do-hwan e Lee Min-ho sono diventati molto amici e “la loro sintonia sul set era così evidente che i produttori del serial li hanno scherzosamente definiti ‘due piselli in un baccello’ e ‘anime gemelle’.

Durante alcune interviste rilasciate durante le riprese di Save me, Woo Do-hwan confidò quali sono i ruoli che preferisce interpretare. Ammise di preferire i ruoli realistici, piuttosto che impersonare personaggi simpatici e belli.  Parlando poi di  Seok Dong-cheol, il suo ruolo in Save me, disse che, per perfezionare l’interpretazione, aveva dovuto studiare il dialetto Kyungbuk così da rendere al meglio il personaggio. Dunque un perfezionista e non ci meraviglia scoprirlo, visto il risultato del suo lavoro, che gli ha già concesso diversi riconoscimenti. Nel 2017 ha vinto, infatti, il premio come miglior esordiente al 31° KBS Drama Awards  per la sua interpretazione in Mad Dog. L’anno seguente è stato nominato Best actor agli MBC Drama Awards per the Tempted. I riconoscimenti arrivano però anche dal Centro di promozione Hanbok che nel 2018 lo ha nominato Ambasciatore Hanbok.

La carriera è avviata, il successo garantito, ma sono vicini i trent’anni e arriva il momento di adempiere il suo dovere di cittadino e arruolarsi. In Corea del Sud la leva obbligatoria dura ventuno mesi e ogni uomo è tenuto a osservarne l’impegno entro il trentesimo anno di età.

Il quattro luglio 2020 Woo Do-Hwan ha pubblicato sul suo account Instagram una foto che lo ritrae mentre si rasa la testa. Il giorno seguente ha condiviso alcune foto che lo mostrano mentre saluta con affetto l’amico Lee Min-ho. Woo Do-hwan è partito per il servizio di leva obbligatorio il sei luglio 2020 ed è stato assegnato al centro di addestramento di Hwacheon, nella provincia di Gangwon. Qui, durante l’addestramento nella 15a divisione di fanteria, centro noto per addestrare reclute, si è distinto al punto da essere nominato capo del suo battaglione. Oggi fa parte della Divisione di Fanteria Meccanizzata Metropolitana e ha il ruolo di Driver. Nell’esercito coreano un Driver è responsabile del trasporto di personale, materiali, attrezzature delle truppe. Ovviamente non è un ruolo da combattimento e può essere eseguito con una patente di guida militare. La data prevista per il suo esonero è il cinque gennaio 2022.

Della carriera artistica di Woo Do-hwan, per ora congelata dal servizio militare, non c’è molto altro da dire, ma cosa sappiamo di lui come persona?

Per sua stessa ammissione Woo Do-hwan è molto timido, tanto da far fatica all’inizio, anche a interagire con i fan attraverso il suo account instagram. Nel 2017 ha confidato che all’inizio interagiva solo con emoticon perché non trovava le parole per rispondere ai fan che commentavano le sue foto. Nel 2020 a ELLE, ha ammesso di essere molto emotivo e di piangere con facilità, soprattutto quando si lascia coinvolgere dalle emozioni dei suoi personaggi.

Sulla sua vita sentimentale non si ha alcuna certezza. Nel 2018, durante le riprese di Tempted, circolarono voci di una sua relazione con la collega Moon Ga-youn. I due però smentirono, dicendo che erano, sì, molto vicini, ma che non uscivano insieme.

Woo Do-Hwan è appassionato di tecnologia e cibo. Ama i tteokbokki (gnocchi di riso) e gli piacciono moltissimo le uova. Si dice che ne mangi a ogni pasto, soprattutto fritte, ma pare ami anche la carne. Ama giocare a calcio, ha cura del suo corpo e fa quotidianamente attività fisica.

Anche se è nato e cresciuto ad Anyang, parla molto bene il dialetto Gyeongsang-do, tanto da sembrare un vero abitante del posto. Cita spesso l’attore Jang Hyuk come modello da seguire. Questo perché sostiene di esserne rimasto ammirato dopo aver visto il drama  del 2010 The Slave Hunters. Ha poi avuto il piacere di recitare con lui in My Country, nel 2019.

Ha un cane che adora e che spesso mostra con sé sui social. È un barboncino bianco di nome Yoshi.

Il  nome Woo Do-hwan è stato scelto da suo padre e significa: remare verso la luce.  Woo Do-hwan ha un soprannome, Do-Pal (도팔), che pare significhi delfino. Questo soprannome, con cui viene chiamato anche oggi dagli amici, glielo diede il padre quando era bambino, dopo averlo visto correre e giocare.

Fonti: (1), (2), (3), (4), (5) (6)

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Kiss Goblin (키스요괴)

Una storia delicata e romantica condita di magia

di Donatella Perullo

Titolo: Kiss Goblin (키스 요괴)

Genere: web drama fantasy/romance

Dove vederlo: in streaming su Viki

Sceneggiatura e regia:  Kim Tae Wook

Paese di produzione: Corea del Sud

Numero episodi: 12

Durata per episodio: 10/15 minuti circa

Anno di trasmissione : 2020

Main Cast:

Bae In-hyuk (Ban SookGoblin)

Jeon Hye-won (Oh Yeon-ah)

Lee Jung-min (Regina dei Goblin)

Jang Eui-soo (Esorcista)

Lee Se-hee (Yoon Sul-hee)

Moon Ji-yong (Ji Seung-heon)

Oh Yeon-ah è una studentessa universitaria che ha appena subito una delusione amorosa. Per questo è arrabbiata con il genere maschile e non ha intenzione di innamorarsi. Una sera, mentre è impegnata nel suo lavoro part-time, vede una coppia baciarsi. Qualche ora dopo, tornando a casa, scorge lo stesso ragazzo baciare Yoon Sul-hee, la sua amica del cuore. Inferocita, si avvicina al giovane e lo schiaffeggia, non immaginando che in realtà lui è Ban Sook, un Goblin.

Ban Sook ha un solo desiderio, dopo oltre centosessanta anni di vita solitaria vuole diventare umano. Per riuscirci deve baciare dieci ragazze e imparare attraverso ognuna di loro uno dei sentimenti umani. La missione sembra facile però, man mano che Ban Sook inizia a provare emozioni, incontra sempre più difficoltà. Per fortuna continua a incrociare la temeraria Yeon-ah. I due diventano amici e quando farà la sua comparsa il terribile esorcista che vuole uccidere Ban Sook, la ragazza farà di tutto per difenderlo.

Per Yeon-ah e il bellissimo Ban Sook passare dall’amicizia all’amore è facile, ma riuscirà la strana coppia a conquistare il suo lieto fine?

“Come il tramonto sul pelo dell’acqua tu ti sei avvicinata, gentile e bellissima” (Ban Sook)

Un web drama è una serie breve, lunga poco più di un film, divisa in puntate di massimo quindici minuti e realizzata per essere vista attraverso il web. Kiss Goblin è, per l’appunto, un web drama. È uscito il 28 luglio 2020 ed io l’ho scoperto per caso, girando in rete.

Kiss Goblin è un urban fantasy romantico e divertente, poco impegnativo per durata e trama e l’ho trovato davvero carino. Ottimo come intermezzo tra un Drama più corposo e l’altro oppure per rilassarsi in una giornata uggiosa. La storia d’amore tra il bel Goblin e la giovane Yeon-ha è fresca, divertente e dolce al punto giusto. Insomma, non è un capolavoro ma è un racconto soft che vi consiglio.

La trasformazione del carattere del Goblin man mano che fa suoi i sentimenti umani è ben descritta. Lo è anche la descrizione della presa di coscienza dei sentimenti reciproci da parte dei due protagonisti.

Gli attori sono tutti giovani e ancora poco conosciuti, ma credo che Bae In-hyuk farà strada.  È diventato abbastanza popolare all’inizio del 2020 con il suo ruolo nel web drama “XX “. È molto carino e abbastanza espressivo, inoltre sarà protagonista del drama fantasy  My Roommate is a Gumiho la cui uscita è prevista per il 2021. Peciò sono certa che sentiremo ancora parlare di lui.

“Se l’amore avesse una temperatura, la nostra sarebbe 99°, solo un grado al di sotto del punto di ebollizione. Non può bollire, non può evaporare. La nostra temperatura aumentò verso l’amore, ma non bollì mai.” (Oh Yeon-ha)

Anche Jeon Hye-won che interpreta la protagonista è agli inizi della carriera, anche se ha avuto ruoli di supporto in drama come Because this is my first life.

Il supporting cast di Kiss Goblin funziona, a partire da Ji Seung-heon il second lead, interpretato da Moon Ji-yong. Il suo è un personaggio che suscita tenerezza e spinge a fare il tifo anche per lui. Il temibile, ma non troppo, esorcista è impersonato da Jang Eui-soo forse l’attore con più esperienza in questo cast. Jang Eui-soo di recente è stato protagonista di diversi drama tra cui il web drama B/L sudcoreano Where Your Eyes Linger che è possibile vedere su Viki.

La mia valutazione
8/10
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Jeoseung Saja (저승 사자)

Il Cupo Mietitore, il messaggero della morte in bilico tra i due mondi

di Maria De Riggi

Jeoseung SajaCredit immagine: Opera dell’artista nekoyasha89 ©

La cultura popolare coreana affonda le sue radici nello sciamanesimo, un insieme di tradizioni, conoscenze e credenze che provengono dai popoli nativi di tutto il mondo.

Si racconta che i primi capi della Corea avessero qualità sciamaniche o che discendessero dagli sciamani

Gli antichi coreani seguivano un concetto animistico e credevano che ogni oggetto avesse un’anima. I rituali sciamanici includevano il culto degli spiriti e dei demoni che, secondo la loro visione, abitano ogni elemento della natura. Tramite figure soprannaturali come i fantasmi, i goblin, le kumiho, i qilin… hanno cercato di dare un significato a ciò che accade nel mondo. Questo è il motivo per cui la cultura coreana riflette la concezione dell’unione tra il mondo umano e quello spirituale.

Jeoseung Saja –  Credit Immagine: Museo Nazionale della Corea

Attraverso studi, riflessioni e ricerche si tenta di dare una spiegazione alla vita e soprattutto alla morte che nel corso del tempo, ha acquisito un significato e un valore diverso. Piuttosto che rappresentarla in maniera spaventosa, l’immagine cambia, si sviluppa, fino a divenire una guida che accompagna le anime nell’adilà.

Negli ultimi anni molti drama hanno affrontato tale tematica, delineando il messaggero della morte come un essere ambivalente in bilico tra i due mondi.  Dotato di una particolare umanità, egli va oltre al ruolo di guida degli inferi. Spesso è dotato di una bellezza affascinante.

Grazie all’immaginario fantastico che spesso attinge l’ispirazione dai miti, si evidenzia una sorta di continuità tra vita e morte.

Di solito per il credo buddista di cui è impregnata la cultura orientale, la vita è rappresentata attraverso un concetto che la rende simile a un’energia. Questa forza si sviluppa, si trasforma e si reincarna fino a completare un percorso che porterà all’Illuminazione finale. Con la morte la coscienza si stacca dal mondo materiale e l’anima risorge nella dimensione spirituale. Nel momento in cui ritorna alla vita, precipita nuovamente nel mondo materiale. Questo ciclo di reincarnazione è chiamato metempsicosi.

Jeoseung Saja – Credit imagine: opera di LEEhyO0106 ©

In Occidente la Morte è raffigurata come un’entità spaventosa senza viso, al posto del quale c’è una profondità oscura. Indossa un lungo mantello nero e porta con sé una falce che serve per dividere il corpo dallo spirito.

Nella cultura coreana, invece, essa appare simile a un essere umano dalla carnagione pallida e gli occhi infossati. Si ritiene sia uno spirito che serve il Grande Re Yomna (염라 대왕 ), che governa il mondo ultraterreno. Il Tristo mietitore indossa un hanbok nero, indumento caratteristico dell’epoca Joseon, e un cappello nero chiamato gat ().

Viene denominato in molti modi: Tristo Mietitore, Sinistro Mietitore, Cupo Mietitore (in inglese Grim Reaper).

In Corea è noto come Jeoseung Saja  (저승 사자), che letteralmente si traduce in messaggero dell’aldilà. Infatti “Jeoseung significa “aldilà” – non è né il paradiso né l’inferno – “Saja” significa   “messaggero” o “inviato”.

Il lavoro del Jeoseung Saja è quello di guidare le anime nell’oltretomba, seguendo dei precisi ordini.  Negli ultimi anni il suo ruolo è stato umanizzato ulteriormente ritenendo che possa aiutare a risolvere qualche avvenimento sospeso del defunto.

Proprio con queste caratteristiche il Tristo mietitore viene rappresentato nel famoso drama: Guardian: The Lonely and Great God, meglio conosciuto come Goblin. Nel drama questa entità è interpretata dall’attore Lee Dong-wook che con il suo viso pallido, le labbra rosse e l’aria perennemente triste e imbronciata ha reso questo personaggio in maniera eccelsa.

Una Fan art del Tristo Mietitore (Lee Dong-wook) nel drama Guardian: The Lonely and Great God

In Goblin, il Tristo mietitore indossa abiti scuri e un cappello con falda larga che lo rende invisibile.  In realtà questo particolare non fa parte della narrativa tradizionale del Jeoseung Saja. La sceneggiatrice, Kim Eun-sook, ha avuto l’idea di unire al mito del Jeoseung Saja quello de “Il cappello del goblin o Dokkaebi Gamtu”.

Secondo la leggenda, infatti, se una persona indossa il cappello di un dokkaebi, diventerà invisibile.

La storia del Cappello del Goblin è commemorata addirittura in un francobollo della Corea del Sud.

La narrativa dei drama è ricca di storie che parlano del Tristo mietitore. Goblin forse è uno dei più famosi, ma molti altri K-drama di successo hanno sviluppato tale figura come ad esempio: Arang e The Magistrate, Black, 49 Days, oltre a una serie di film di successo chiamata “Along With The Gods

Nel drama Black è l’attore Song Seung-heon a interpretare il Cupo mietitore. Entra nel corpo di un umano e incontra una ragazza capace di vedere le ombre. Privo di qualsiasi conoscenza legata alle emozioni, il suo sarà un percorso di avvicinamento al mondo emotivo dell’uomo, fino a scoprire l’amore, la gioia e le sofferenze. Ancora una volta il mondo terreno e quello spirituale si intersecano, evidenziando che forse la linea che li divide non è così netta come si può pensare.

La più famosa storia popolare coreana riguardante il Jeoseung Saja è il mito del Generale Sineui che tentò di ingannare la morte. Questo è un mito che si è tramandato per anni oralmente. Solo in seguito, nel 1994, è stato registrato dall’ Università di Andong nel Journal of Historical Sites of Mt. Geumo.

Il generale Sineui era nato sul monte Geumo, situato nella contea di Chilgok. Quando il Jeoseung Saja andò da lui per portare via la sua anima, egli tentò di ingannarlo. Si trafisse la testa con uno spillo d’argento, che teneva lontani gli dei malvagi, e circondò la sua casa con alberi di arance. Questi frutti erano, infatti, considerati frutti del bene ed erano in grado di impedire il passaggio del Jeoseung Saja. Per ben quattro giorni il tristo mietitore  non riuscì a entrare nella casa del generale, fin quando trovò un varco attraverso un albero di pesco. Il pesco era considerata infatti una pianta malvagia  e grazie ad essa il  Jeoseung Saja riuscì ad entrare nella casa e si nascose sotto il pavimento.

Quando il generale andò a lavarsi la faccia, Jeoseung Saja balzò allo scoperto, lo colpì con un martello di ferro e lo trascinò negli inferi.

Il generale Sineui non si arrese e riuscì a sconfiggere i Gaekgwi (fantasmi che vagano tra gli Inferi e il mondo dei mortali), fuggendo poi dagli Inferi. Tornò così dalla sua famiglia, ma questa nel frattempo lo aveva già seppellito. Il temerario generale i ritrovò così sotto terra e morì di nuovo, soffocato.

La morale è che non si può combattere contro il destino e che la morte è ineluttabile per ogni essere vivente.

Una morale che non lascia spazio alla speranza. Anche se ci sono miti che si differenziano come quello, ad esempio, dell’isola di Jeju. Questo mito narra, infatti, di un uomo di nome Samani Bonpuli che riuscì a ingannare la morte per quarantamila anni. Un prolungamento dell’esistenza che però conduce allo stesso traguardo.

All’uomo non è permesso di varcare il confine e ritornare con la stessa coscienza al mondo terreno. Ha un modo però di entrare in dimensioni diverse per cercare di comprendere… è attraverso la fantasia e l’immaginazione. Scrittori e sceneggiatori, toccati dall’ispirazione, potrebbero essere in grado di alzare il velo della conoscenza.

In fondo il mito insegna che la Natura è regolata da leggi inesorabili, ma suggerisce anche che l’uomo ha nella propria coscienza un frammento sovrannaturale che sopravvive alla morte e che appartiene al Regno dell’Immortalità.

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Dokkaebi (도깨비), il goblin coreano

Dalla tradizione coreana, una creatura leggendaria dai poteri straordinari

di Gabriele Discetti

Il Dokkaebi o Tokkaebi (도깨비) è un essere mitologico del folclore coreano. È chiamato anche Dochaebi, Dokgakwi, Dokgapyi, Heoju, Heoche, Mangryang e Yeonggam. In occidente il Dokkaebi è spesso identificato con la più familiare figura del goblin.

Esistono testimonianze del Dokkaebi (o goblin coreano) in molti documenti del periodo dei Tre Regni (18 a.C. – 660 d.C.). Quindi a quell’epoca la credenza riguardo i goblin coreani era già ben nota a tutta la popolazione della penisola coreana.

La prima attestazione scritta di un racconto riguardo i goblin risale al Samguk yusa (Memorie storiche dei tre regni) redatto nel X secolo. Questo racconto ci mostra alcune delle doti straordinarie dei goblin:

“Durante il regno di Silla, il figlio di re Jinji, Bihyeong, conosceva un goblin di nome Gildal. I due si incontravano tutte le notti sulle colline a ovest del fiume Hwangcheon. Venuto a sapere ciò, con l’intenzione sfruttare le doti del suo amico goblin, re Jinji ordinò al figlio di costruire un ponte sul fiume. Così, in una sola notte, Bihyeong e Gildal costruirono il ponte che chiamarono Gwigyo, cioè ponte fantasma. Come riconoscimento il goblin fu nominato guardiano del tempio della città, ma Gildal non voleva questo compito, così si trasformò in volpe e fuggì via. Sentendosi tradito, Bihyeong lo inseguì e lo uccise. Fu così che Bihyeong cominciò a essere temuto da tutti i goblin.”

I Dokkaebi rappresentati nell’opera dell’artista Song Kang – Credit Song Kang Art – © Song Kang

Il Dokkaebi non è una creatura completamente malvagia. Possiede poteri soprannaturali che usa a volte per aiutare gli umani e altre per giocare brutti scherzi o punire coloro che hanno commesso atti malvagi.

Nella mitologia coreana il Dokkaebi è rappresentato con le sembianze di un folletto accompagnato da alte fiamme di colore blu. È capace di rendersi invisibile, indossando un cappello chiamato gamtu (감투) e di compiere magie con il suo bastone magico, il bangmang-i (방망이) .

Il goblin può avere o meno corna, occhi sporgenti, bocca grande, denti affilati, corpo peloso e lunghi artigli. L’unica certezza sul suo aspetto fisico è che possieda una sola gamba, troppo lunga per indossare vestiti e che per tale ragione si muova saltando. Tuttavia non mancano rappresentazioni di Dokkaebi a due gambe, seppur rare. Un racconto popolare ci conferma il fatto che il Dokkaebi avesse, in genere, una sola gamba.

“Un giorno un giovane incontrò un goblin mentre si recava al mercato. Il goblin, abile lottatore di ssireum, lo sfidò a un combattimento di questa lotta coreana nella quale vince chi riesce a far cascare l’avversario. Tuttavia il ragazzo riuscì far cadere più volte il goblin, sfruttando il fatto che avesse una sola gamba.”

Questo racconto serviva a tramandare la strategia per battere un Dokkaebi.

Il ssireum o ssirum (씨름) è una lotta della tradizione coreana nata nel quarto secolo e che viene praticata ancora oggi durante le feste.  Si lotta all’interno di una buca piena di sabbia, indossando una particolare cintura. Afferrando questa cinta, i contendenti, grazie all’uso delle gambe, devono riuscire a portare a terra qualsiasi parte del corpo dell’avversario sopra il ginocchio.

Il goblin coreano non ha differenze di sesso ed è sempre identificato nei racconti come un maschio. Ci sono varie tipologie di dokkaebi perché la loro natura dipende da vari fattori. I goblin sono condizionati dal luogo in cui si trovano, dalle persone che incontrano e finanche dagli oggetti che li circondano. L’influenza vale anche al contrario. Grazie ai loro poteri, infatti,  i dokkaebi possono apportare cambiamenti nei luoghi, nelle persone e negli oggetti.

Il dokkaebi non ha un luogo prediletto in cui vivere. Spesso lo si può trovare sia nei racconti ambientati nelle campagne, sia in quelli in montagna, nelle valli, nei templi o nelle abitazioni. Preferiscono i luoghi bui, solitari e compaiono soprattutto di notte e nelle giornate di pioggia. Nei racconti popolari, l’arrivo della luce dell’alba e il cantare del gallo sono i momenti in cui i goblin scompaiono.

Caratterialmente i goblin sono scontrosi, amanti delle lotte e opportunisti, perché approfittano dell’ignoranza delle persone per ingannarle. Anche se non hanno distinzione di sesso, grazie ai loro poteri i goblin sono in grado di assumere sembianze femminili. Eppure i dokkaebi tengono molto al rispetto delle promesse. Amano cantare, ballare e suonare.

Il Goblin impersonato da Gong Yoo nel drama Guardian: The Lonely and Great God

Il dokkaebi è ancora vivo nella coscienza dei coreani. La creazione dei goblin nella loro mitologia ci permette di comprendere meglio l’idea che questo popolo ha delle creature sovrannaturali. I goblin non devono essere considerati dannosi per gli esseri umani, nonostante il loro comportamento. I dokkaebi non vogliono creare problemi agli uomini. Per tale motivo spesso i coreani si rivolgono ai goblin per avere una sorte fortunata. Ad esempio, per avere una pesca fruttuosa, le comunità di pescatori venerano, attraverso rituali, i goblin dell’acqua. Tuttavia può accadere che ai dokkaebi venga addossata la colpa di incendi e malattie. Quando ciò accade, si eseguono delle cerimonie per scacciarli dai villaggi.

Certo il goblin della tradizione non sembra avere molti punti in comune con il fascinoso Kim Shin del drama. Eppure è interessante notare che il personaggio impersonato da Gong Yoo ha alcune caratteristiche che ricordano il goblin che gli antenati coreani adoravano e amavano. Il goblin della sceneggiatrice Kim Eun-sook, infatti, ama il grano saraceno, rende ricche le persone che lo circondano, è spaventato dal sangue e talvolta è impulsivo. Tutti aspetti che richiamano il dio “Goblin”,  che appare nelle credenze popolari . Anche il fuoco blu che circonda la spada che gli trafigge il torace richiama le fiamme blu che seguono il goblin del folclore coreano.

Fonti: (1), (2)

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PARK CHANYEOL (박찬열)

Rapper, cantante, compositore, attore e modello, il talento di un artista completo

di Angie

Cognome: Park

Nome: Chan-Yeol

Professione:  Rapper, cantante, compositore, attore e modello

Gruppi: EXO, EXO-SC

Stage name: CHANYEOL (찬열)

Luogo di nascita:  Seoul – Sud Corea

Data di nascita: 27 novembre 1992

Segno zodiacale: Sagittario

Segno oroscopo cinese: Scimmia

Altezza: 1,85

CHANYEOL SOCIAL

Park Chanyeol, meglio conosciuto come Chanyeol, è un idol, rapper, cantante, compositore, modello e attore sudcoreano. Nasce il 27 novembre 1992 a Seoul (서울시). Ha una sorella, Park Yoo-ra, che per anni è stata conduttrice del telegiornale presso la YTN e la MBC.

Ha frequentato la Hyundai High School di Apgujeong-dong (압구정동) a Seoul. A sedici anni è stato ammesso in un istituto di recitazione privato, dove ha conosciuto P.O. dei Block B.

Chanyeol ha seguito i corsi online del Dipartimento di Cultura e Arte dell’Amministrazione Aziendale della Kyung Hee Cyber University. Attualmente studia Interior design presso la Inha University.

Ha iniziato a interessarsi alla musica dopo aver visto il film School of Rock e ha iniziato a suonare la batteria molto presto. Cita spesso come influenze musicali artisti quali Jason Mraz, Eminem e gruppi rock come Muse, Green Day.

Diventa trainee presso la SM Ent. dopo aver vinto il secondo posto nel 2008 Smart Model Contest. Prima del suo debutto con gli EXO, Chanyeol è comparso in due video musicali: HaHaHa Song dei TVXQ  e  Genie delle SNSD. Nel 2012 appare nel video musicale Twinkle delle Girls’ Generation-TTS.

A ottobre 2013, Chanyeol si unisce al cast del reality show di SBS Law of the Jungle in Micronesia. Per esso nel 2015 compone e registra la OST Last Hunter.

A maggio 2014 diventa membro regolare del cast della prima stagione del reality show televisivo della  SBS, Roommate. Lascia però a settembre a causa di conflitti di schedule.

A ottobre 2016 Chanyeol e la cantante americana Tinashe prendono parte al Far East Movement con Freal Luv, traccia del musicista elettronico Marshmello. Nel dicembre dello stesso anno, Chanyeol collabora con la cantante sudcoreana Punch per la OST originale di Guardian: The Lonely and Great God. Stay With Me raggiunge un discreto successo nella Gaon Digital Chart.

Stay with me – Ost del drama Goblin – The Lonely and Great God

Durante la sua carriera prende parte alla scrittura di numerosi testi e tracce. Nel febbraio 2017 la Korea Music Copyright Association lo riconosce come produttore musicale (precedentemente le tracce erano registrate con lo pseudonimo LOEY).

Il 25 aprile 2019 pubblica la sua prima canzone da solista SSFW, mentre il 22 luglio debutta nella subunit EXO-SC insieme al compagno Sehun con What a Life.  Il 13 luglio 2020 pubblicano il loro primo album completo, 1 Billion Views.

Oltre alla carriera musicale intraprende anche quella della recitazione. Nell’aprile del 2015, Chanyeol fa il suo debutto sul grande schermo nel film sudcoreano Salut d’Amour, con Park Geun-hyung e Youn Yuh-jung.

Successivamente recita come protagonista insieme all’attrice Moon Ga-young e gli altri membri degli Exo nel webdrama Exo Next Door.

Nel giugno 2016 Chanyeol recita a fianco di Yuan Shanshan nel film sudcoreano-cinese So I Married an Anti-fan. Insieme a Yuan registra I Hate You, colonna sonora del film.

Nel gennaio 2017 Chanyeol ottiene un ruolo di supporto nel drama della MBC, Missing 9.

Nel 2018 inizia le riprese di Memories of the Alhambra, titolo di successo della tvN in collaborazione con Netflix, dove interpreta Jung Se-joo.

Dal debutto fino a ora, ha partecipato a molti eventi di moda tra cui Christian Dior, Prada e Calvin Klein. A settembre 2017, ha partecipato alla sfilata di Tommy Hilfiger a Londra, per il quale successivamente posa per un servizio fotografico. Nel 2018 partecipa nuovamente alla sfilata di Tommy Hilfiger a Shanghai. Appare nel numero di ottobre 2018 di Vogue Korea. Chanyeol è uno dei membri ufficiali degli EXO e ricopre il ruolo di main rapper e vocalist. È un artista completo, compone, fa rap e canta. Sa parlare l’inglese e suona pianoforte, chitarra, batteria e basso. Ha formato una band durante gli anni della scuola. Definisce la sua voce Reversal Voice perché il suo viso da bambino entra incontrastato con la sua voce profonda e virile.

Ha un cane di nome Toben che però vive con i suoi genitori, poiché lui è allergico. A causa di ciò, da piccolo il suo animale da compagnia era un furetto. Chanyeol è una persona molto solare ed estroversa, ama fare volontariato perché lo rende felice.

Credit foto ©Allure

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#ALIVE (#살아있다)

Un horror zombie inaspettato. Un racconto introspettivo che mostra anche l’aspetto umano di un’apocalisse.

di Donatella Perullo

Titolo: #ALIVE (#살아있다)

Genere: Horror/zombi

Dove vederlo: in streaming su Netflix

Sceneggiatura: Cho Il-hyung e Matt Naylor

Paese di produzione: Corea del Sud

durata: 1 ora e 38  minuti

Anno di trasmissione in patria: 2020

Main Cast:

Yoo Ah-in (Joon-woo)

Park Shin-hye (Kim Yoo-bin)

Supporting Cast

Lee Hyun-wook (vicino di casa)

Oh Hye-won (una poliziotta)

Jeon Bae-soo (soccorritore)

Una stanza immersa nella penombra. La luce di un giorno assolato filtra a malapena attraverso le tende. Un ragazzo dorme vestito, circondato da computer e apparecchiature elettroniche. Si è lasciato cadere sul letto a notte fonda, dopo ore trascorse dinanzi a un video. È un campione di giochi online, bravo con il joystick ma imbranato nelle attività pratiche e nella vita quotidiana. Il telefono suona e il giovane Joon-woo (Yoo Ah-in) si sveglia a stento. Sussulta nel rendersi conto che sono le dieci. Il suo primo pensiero è chiamare a gran voce la mamma, ma nessuno gli risponde. È solo. Circondato dal silenzio, si alza, si lava, cerca qualcosa da mangiare, beve, poi sul tavolo del soggiorno trova un messaggio di sua madre. “Avevamo fretta, quindi non c’è niente da mangiare” recita il biglietto “Compra qualcosa a tua sorella. Scusa, figliolo, ci vediamo dopo! Ti voglio bene, mamma.

Joon-woo sorride, ma ignora le parole della madre e riprende la partita online lasciata in sospeso la notte precedente. I compagni di gioco iniziano a interagire, finché uno di loro grida di correre a vedere la televisione perché sta succedendo qualcosa di strano.  Joon-woo va in salotto e mentre ascolta le notizie, dalla strada lo raggiungono grida e un angosciante frastuono. Si affaccia e dinanzi a lui si apre uno scenario apocalittico. Cosa sta accadendo? Perché c’è chi fugge e chi assale gli altri, tentando di morderli? Stordito e sorpreso, il ragazzo apre timidamente la porta di casa. Stravolto, un vicino (Lee Hyun-wook) ne approfitta per catapultarsi nell’appartamento e barricarsi con lui. Il ragazzo cerca di mandarlo via, ma quello lo scongiura di lasciarlo restare al sicuro. Joon-woo rifiuta, ma gli accorda il favore di fargli usare il bagno prima di andarsene. Grave errore.

Poco dopo, infatti, l’uomo ha una crisi, si muta in un famelico zombi e lo assale. Il giovane riesce a stento a liberarsene e poco dopo riceve un messaggio vocale da suo padre che gli dice disperato: “Devi sopravvivere!”. È proprio questa preghiera a divenire il fulcro dell’intero film.

 #ALIVE catapulta velocemente gli spettatori nell’epidemia zombi, senza dar tempo di porsi domande su cosa l’abbia originata. L’attenzione di chi guarda è rapita da altro e anche se non mancano i momenti adrenalinici, molto è affidato all’aspetto introspettivo della storia. Un racconto incredibilmente efficace che narra la lotta per la sopravvivenza di un ragazzo campione nei combattimenti virtuali, ma impreparato alla dura realtà tanto da apparire goffo. Novello Robinson Crusoe, Joon-woo è segregato nell’appartamento di un condominio alveare che diviene un’isola deserta, perduta in un mare di orrore e morte.

Il soggiorno, affacciato su un cortile che diviene il centro del mondo, appare come un palcoscenico. Un proscenio dal quale Yoo Ah-in mostra tutti i sentimenti che stravolgono il suo personaggio. Confinato tra quattro mura, senza più cibo, privo di qualsiasi possibilità di contattare il mondo esterno, ben presto il ragazzo inizia a essere terrorizzato dalla solitudine e dall’orribile destino che gli sembra sempre più ineluttabile. Così Joo-woo passa dalla voglia di lottare, alla disperazione, dalla rabbia incontenibile alla paura, dalla  imbambolata sorpresa all’audace reazione, dalla resa alla determinazione. Quando per lui la capitolazione appare la sola via d’uscita, ecco che entra in scena Kim Yoo-bin (Park Shin-hye). La misteriosa dirimpettaia determinata e armata di ascia, restituisce al ragazzo la forza di non arrendersi.

Di lei non sappiamo nulla se non che è stata un’alpinista, ma leggiamo la forza nel suo sguardo e l’algida determinazione. Rappresenta la speranza e la forza d’animo, questo personaggio. La luce che guida Joon-woo attraverso i meandri dell’inferno, verso la luce.

Pur non conoscendosi, i due giovani si scambieranno da subito gesti di umanità e altruismo. Generosità istintiva che rappresenta un faro nella tempesta della disperazione. I due si sosterranno a vicenda e condivideranno la lotta contro gli zombi bramosi della loro carne.

Privo quasi totalmente di cliché e forte di effetti speciali degni delle migliori pellicole di genere, Alive è un film che consiglio di non perdere. Valore aggiunto è senza dubbio la presenza di Yoo Ah-nin. Attore che ha già dimostrato grande talento nel film Burning–l’amore brucia e in drama imperdibili come Chicago Typewriter e Secret Love Affair.

Leggi anche: Chicago Typewriter

Non meno incisiva l’interpretazione di un’inedita Park Shin-hye. Molto amata da alcuni e detestata da altri, l’attrice è convincente e ben immedesimata nel ruolo della determinata survivor. Ammetto di averla apprezzata anche in The Heirs, accanto a Lee Min-ho, nonostante la sua recitazione fosse ancora immatura. Confesso di averla apprezzata di più in Memories Of The Alhambra, al fianco di Hiun Bin. Qualsiasi sia il parere che avete su di lei, in #Alive la troverete del tutto diversa dai ruoli precedenti e ben immedesimata nella parte.

La sceneggiatura di #Alive è la rivisitazione di quella di “Alone”, pellicola made in U.S.A. del 2019 dello sceneggiatore hollywoodiano Matt Naylor, film del quale potete vedere il trailer QUI. L’autore l’ha riadattata insieme al regista sudcoreano Cho Il-hyung che ha poi anche diretto #Alive. 

La mia valutazione
8.7/10
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My Holo Love – 나 홀로 그대

Una donna sola, un uomo imperfetto e un’intelligenza artificiale empatica e sensibile, danno vita a una storia d’amore ricca di emozioni, diversa e toccante.

di Donatella Perullo

Titolo: My Holo Love – 나 홀로 그대 (Na Hollo Geudae)

Genere: Sci-Fi /Romance

Sceneggiatura: Ryu Yong-jae

Regia: Lee Sang-yeop

Paese di Produzione: Corea del sud

Anno di messa in onda: 2020

Numero episodi: 12 – durata per episodio: 50 minuti circa.

Dove vederlo: Netflix

Main Cast:

Yoo Hyun-min (Nan-do/ Holo)

Go Sung-hee (Han So-yeon)

Choi Yeo-jin (Go Yoo-jin)

Hwuang Chan-sung (Baek Chan-sung)

Go Yoo-jin (Choi Yeo-jin) è l’amministratrice delegata di un’azienda tecnologia all’avanguardia. Ha appena presentato un nuovo prodotto, un paio di occhiali che permettono di interfacciare con Holo, un ologramma dall’aspetto di un uomo. Holo sembra destinato a diventare indispensabile per gli utenti, poiché è in grado di risolvere qualsiasi problema, anche quelli interiori. Al ritorno dalla conferenza, Yoo-jin è inseguita dagli scagnozzi di una ditta avversaria che tentano di rubare il prototipo. Il creatore di Holo è Nan-do (Yoo Hyun-min), un giovane scienziato dal passato misterioso che vive rintanato nel suo laboratorio. Egli ha dato a Holo le sue sembianze e tiene all’invenzione quasi come a un virtuale gemello. Così, per salvarlo, ordina a Yoo-jin di dare gli occhiali a un passante e di far scegliere da Holo a chi essere affidato.

Tra la folla l’ologramma sceglie Han So-yeon (Go Sung-hee), e chiede a Yoo-jin di nascondere gli occhiali nella borsa dell’inconsapevole ragazza.

Han So-yeon è una giovane affetta da prosopagnosia e per questo è molto chiusa in se stessa. (NdA: la prosopagnosia è una patologia colpisce il 2% della popolazione. È detta anche cecità facciale poiché provoca l’incapacità di riconoscere le facce delle persone). La ragazza vive una vita piuttosto solitaria e per lei sono problematiche anche le interazioni con i colleghi. Per questo è considerata superba ed è spesso emarginata. Quando indossa per la prima volta gli occhiali e con sua grande sorpresa si trova dinanzi a Holo, di primo acchito lo crede un fantasma. Non impiega molto, però, a capirne l’immenso valore e, bisognosa di attenzioni e amicizia, si affeziona molto in fretta a Holo.

“Sono fatta così. Da fuori sembro normale, ma in realtà sono piena di difetti. Non merito di amare né di essere amata.” (Han So-yeon)

L’ologramma ha maniere gentili, un modo delicato di esserle vicino e inizia a sostenerla e aiutarla anche nelle piccole cose della vita quotidiana.

Grazie ai suggerimenti di Holo, presto Seo-yeon riesce anche a eludere il suo handicap, a integrarsi con i colleghi e a sentirsi meno sola.  Durante la convivenza, tra Holo e Seo-yeun nasce un rapporto speciale, di affinità di animi. Un sentimento che andrà oltre la semplice amicizia e che rivelerà aspetti dell’intelligenza artificiale che sorprenderanno persino Nan-do.

Chi aveva tentato di rubare Holo, torna però all’attacco. Nan-do sarà così costretto a uscire dall’ombra per proteggere la sua creatura e anche Seo-yeon, che ha imparato a conoscere attraverso gli occhi di Holo. Nan-do che per traumi passati si è chiuso al mondo e rifiuta i sentimenti, scopre, infatti, di sentirsi attratto da lei. Soprattutto, però, inizia a scoprire se stesso.

Riuscirà l’imperfetto Nan-do a competere per l’amore di Seo-yeon con l’animo artificiale eppure sensibile di Holo? Tra misteri del passato, colpi di scena e inseguimenti mozzafiato, My Holo love si candida per essere, nella mia classifica personale, uno dei drama più accattivanti della prima parte del 2020.

My Holo Love è leggero, divertente, emozionante e parte da un’idea diversa dal solito. Allo stesso tempo, però, mantiene una delle caratteristiche peculiari dei drama Coreani, fornendo diversi spunti di pensiero.

Quanto siamo soli a questo mondo? Quanto bisogno abbiamo di contatto umano e quanto la tecnologia può sopperire a queste nostre mancanze?  Inoltre: Usiamo in modo cosciente i mezzi a nostra disposizione? Siamo certi di essere noi ad avere il controllo e non, invece, di essere sorvegliati in ogni momento della nostra vita?

“Sono contento che tu sia fatta così perché sono come te. […]Sono sempre stato solo e non ho mai amato nessuno.[…] Tu forse odi i tuoi difetti, ma per me sono le cose che ti rendono speciale. È perché siamo imperfetti che ci siamo incontrati. ” (Nan-do)

Per quanto mi riguarda, queste domande me le sono poste tutte, ma riflessioni a parte, durante la visione mi sono divertita.

Ammetto, inoltre, di essere caduta nella trappola sentimentale di Holo. Non dimenticherò con facilità questa AI dall’animo generoso e gentile che in più di un’occasione si mostra più comprensiva degli umani. Riconosco anche, però, di essermi innamorata della fragilità di Nan-do e del suo lottare per mostrarsi inespugnabile alle sofferenze e ai sentimenti. Così come mi sono intenerita per la fragilità e il desiderio d’amore di So-yeon e, allo stesso tempo, compiaciuta per il suo coraggio.

Sta di fatto che, appena finita la visione, il mio primo pensiero è stato quello di desiderare di poter avere un Holo tutto per me. Ammetto che se esistesse un’innovazione così, sarei la prima cliente della GioLab. Insomma, non mi sorprende che su google My Holo Love abbia una valutazione del 98% di like.

Questo è di certo merito anche della splendida interpretazione del fascinoso Yoo Hyun-min, perfetto nei due ruoli così diversi tra loro e della bella e brava Go Sung-hee. Inizierò a seguire con attenzione entrambi e cercherò altri loro drama.

Un’ultima nota: nonostante le due storie siano completamente diverse, per alcuni aspetti e qualche scena, My Holo Love mi ha ricordato Healer. Quello è un altro drama che ho amato moltissimo e ritrovare sprazzi di emozioni simili, ha sicuramente contribuito a farmi amare My Holo Love.

Le Ost sono come sempre ottime e mantengono il ritmo della storia. Tra tutte la mia preferita è Love again – (Feat KLAZY) cantata da Ji Pyeong Kwon. È finita subito in playlist perché possa riportarmi ogni volta che ne avrò voglia, nelle atmosfere di My Holo Love.

La mia valutazione
9.5/10
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Are you in love?-사랑하고 있습니까?

Un uomo bisbetico, una ragazza desiderosa d’amore e un libro magico creano l’alchimia giusta per un romance leggero.

di Donatella Perullo

Titolo: Are you in Love? –  사랑하고 있습니까?

Genere: Romance/Fantasy

Regia: Kim Jung-know

Sceneggiatura: Kim Jung-know

Paese di produzione: Corea del Sud

Durata: 107 minuti

Data di rilascio: 25 marzo 2020-05-29

Dove vederlo: Viki

Main Cast:

Kim So-eun (So-jeong)

Sung Hoon (Seung-jae)

Kim Sun-woong (Byeong-oh)

Kim So-hye (An-na)

Lee Pan-do (Gi-hyeok)

Pyun Bo-seung (Il vicino di casa)

La giovane So-jeong (Kim So-eun) ha una vita piuttosto complicata, ma cerca di affrontarla con dignità. Vive con sua madre che è malata di Alzheimer e durante il giorno, per lavorare, la affida alle cure di un’amorevole badante. La ragazza è una pasticciera e lavora presso la caffetteria di Seung-jae (Sung Hoon) dove cerca di impegnarsi al massimo. Nonostante ciò, a causa delle preoccupazioni e dello stress, i suoi risultati non sono sempre dei migliori. Seung-jae è molto esigente con lei e non proprio gentile.  Questo deprime non poco So-jeong che ha in segreto un debole per il suo datore di lavoro. Una sera nella quale la giovane è sola, nel locale entra una donna misteriosa. È anziana, vestita in modo eccentrico e ha un cappello che le copre il volto.

So-jeong ne è intimorita, ma fuori piove a dirotto e quando l’altra le chiede di restare nel locale per ripararsi, lei acconsente. Per ricambiare la sua gentilezza, l’anziana le dona un libro intitolato “Sei innamorata?” e le dice che potrà ottenere da esso qualsiasi risposta riguardo alla propria vita amorosa. La prima cosa che la ragazza chiede al libro è se troverà mai l’amore. La risposta che riceve è che presto avrà molti pretendenti. So-jeong non prende sul serio la cosa, ma il mattino seguente, quando esce per andare al lavoro, riceve attenzioni da più di uno sconosciuto.

Da questo momento la vita di So-jeong inizia a cambiare e anche l’atteggiamento del bel Seung-jae nei suoi confronti, non sarà lo stesso di prima. Quanto, le profezie del libro aiuteranno la ragazza? La sua vita sarà più semplice? Riuscirà a conquistare il cuore del suo capo?

“Un giorno mi sono ritrovato ad amare lei. Non posso farci nulla.” (Seung-jae)

Are you in Love? il cui titolo in rete è “Are we in love?”, è leggero, adatto per intervallare la visione tra due drama, soprattutto se impegnativi. La trama non è originalissima e ha più di una falla, ma se non si hanno grosse aspettative, nel complesso il film si lascia guardare.

Confesso che nel momento in cui So-jeong inizia a essere corteggiata da sconosciuti, per strada e sul posto di lavoro, ho provato un po’ di fastidio, come se quelle attenzioni fossero molestie, più che corteggiamento e forse è proprio così. Gli improvvisi pretendenti di So-jeong sono importuni e poco affascinanti e il loro comportamento trasmette allo spettatore il disagio provato dalla protagonista. Fatto sta che quel segmento del film sembra quasi voler spiegare agli uomini come non comportarsi con una donna, soprattutto se sconosciuta.

Per quanto riguarda i due protagonisti… avevo visto Kim So-eun in Boys over the flover e mi era piaciuta, qui invece non mi ha convinta. Anche Sung-hoon, la cui interpretazione avevo apprezzato in Oh my Venus e un po’ meno in My secret romance, qui non mi ha persuasa. Da un certo punto in poi, però, ho trovato il suo personaggio più convincente di quello di So-jeong. Forse la colpa è della scarsa chimica tra i due, ma anche della trama che sotto più di un aspetto è piuttosto carente.

In questo contesto, incredibile ma vero, neanche il fulcro della storia, il libro magico, riesce a trovare la giusta contestualizzazione e l’ipotesi sulla sua origine e sulla sua uscita di scena, resta affidata alla libera interpretazione dello spettatore. Io ho tratto le mie conclusioni che per ovvie ragioni non posso riferirvi, ma è probabile che ognuno avrà la propria teoria alla fine del film.

Are you in Love? è, insomma, un film poco impegnativo,  dal quale non aspettarsi che un po’ di distrazione e al quale approcciare senza troppe pretese.

La mia valutazione
3/10
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